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Percorsi di un nuovo incontro

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Il percorso che Papa Francesco traccia nel settimo capitolo di Fratelli tutti , indispensabile per dare un nuovo volto all’umanità e garantirle un futuro, è segnato da quattro pietre miliari: la verità, la pace, il perdono, la memoria. La verità   Bisogna innanzitutto “partire dalla verità, chiara e nuda” (226). Solo riconoscendo la verità storica dei fatti si può giungere alla riconciliazione e al perdono.  Non bastano “gli accordi di pace sulla carta” (226). È necessario che “le famiglie distrutte dal dolore” sappiano cosa “è successo ai loro parenti scomparsi”; è necessario che sia svelata la verità sui “minori reclutati dagli operatori di violenza”, sulle “donne vittime di violenza e di abusi” (227). La pace E' sulla verità che si fonda la pace. Costruire la pace è un lavoro artigianale che coinvolge molte persone, istituzioni comprese, e che impegna tutti coloro che vogliono perseguire lo stesso obiettivo: scegliere “il primato della ragione sulla vendetta” (231).  Tutti posso

Abbi fede!

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  Marco 5,21-24.35b-43 In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva,  gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare.  E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro,  il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza:  «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani,  perché sia salvata e viva».  Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire:  «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?».  Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga:  «Non temere, soltanto abbi fede!».  E non permise a nessuno di seguirlo,  fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga  ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte.  Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete?  La bambina non è morta, ma dorme».  E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori,  pres

Vicini ma non troppo

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  È luogo comune che tra le note caratteristiche del nostro paese ci siano quelle dell’apertura e dell’accoglienza delle persone. Ma è proprio così?  I turisti spesso sono i primi a cogliere questa peculiarità e a rimanerne colpiti.  Eppure ogni giorno constatiamo quanto sia difficile custodire e far crescere nei nostri stili di vita queste virtù. La diffidenza, la paura, l’individualismo, molte volte impediscono alle persone di frequentarsi e di socializzare, e si rischia di vivere a un passo gli uni dagli altri nella più completa estraneità. E con tristezza si constata che neppure gli spazi ecclesiali sono esenti dai sintomi di questa grave "malattia". Entrare in relazione con le persone, tessere relazioni anche minime di conoscenza, a volte può diventare un’impresa difficile che solo la tenacia e l'ancoraggio a forti motivazioni possono rendere possibile.  Nonostante la riservatezza e un po’ di timidezza tipiche della mia indole, cerco sempre di prendere l’iniziativa,

Una grande tempesta

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Marco 4,35-41 In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli:  «Passiamo all'altra riva».  E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca.  C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca,  tanto che ormai era piena.  Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva.  Allora lo svegliarono e gli dissero:  «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!».  Il vento cessò e ci fu grande bonaccia.  Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro:  «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». “Ci fu una grande tempesta”. Questa pagina evangelica richiama alla nostra mente i momenti più bui della nostra vita personale, familiare, sociale. È proprio in questi momenti che ci sentiamo terribilmente soli.  Quando è in tempe

Dialogo e amicizia sociale

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Il segreto per costruire una società migliore sta nel dialogo con gli altri. Esso è così definito da papa Francesco nel sesto capitolo di Fratelli tutti : “Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto” (198).  E’ un crescendo di atteggiamenti di attenzione e di fiducia nell’altro, dai quali scaturisce una nuova cultura, che attraversa tutte le generazioni e tutte le dimensioni della vita sociale e popolare (199).  Il dialogo non è un semplice scambio di opinioni, spesso affidato all’uso dei media, e che si riduce molte volte a un monologo opportunistico e aggressivo (200), dove predomina “l’abitudine di screditare l’avversario” non solo in campo politico ma a tutti i livelli (201). Quando manca il dialogo, nessuno si preoccuperà del bene comune. L’unico obiettivo sarà quello “di imporre il proprio modo di pensare” (202). Il dialogo autentico infatti è fondato sulla ricerca della verità, “al di là degli interessi personali

Come un uomo che getta il seme

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Marco 4,26-34 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]:  «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno;  dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.  Come, egli stesso non lo sa.  Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga,  poi il chicco pieno nella spiga;  e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio  o con quale parabola possiamo descriverlo?  È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno,  è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno;  ma, quando viene seminato,  cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto  e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola,  come potevano intendere.  Senza parabole non parlava loro  ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Nel Va

Insegui ciò che ami

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  “Insegui ciò che ami o finirai per amare ciò che trovi”.  L’espressione è attribuita a Carlo Collodi, ma non so da quale dei suoi personaggi sia pronunciata. Non l’ho rintracciata tra le pagine de Le avventure di Pinocchio benché il suo contenuto calzi a pennello con la “filosofia” dell’opera: la storia, cioè, di un burattino che si fa distogliere continuamente dai diversi “inganni” che lo attraggono lungo la strada, e che rischia di non raggiunge mai il vero obiettivo della sua vita.  Probabilmente la frase appartiene invece a un altro grande autore della letteratura, Marcel Proust, ed è contenuta nella sua monumentale opera Alla ricerca del tempo perduto , ipotesi verosimile, in piena sintonia con la vita e il pensiero del suo autore. Ma, essendo abbastanza impegnativo rileggere 3000 pagine per avere una conferma, rinuncio ovviamente all'iniziativa.  Comunque sia, indipendentemente dal suo autore, è il suo messaggio che mi sta a cuore e che mi fa riflettere. Questa breve espre