Come un uomo che getta il seme


Marco 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: 
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 
dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. 
Come, egli stesso non lo sa. 
Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, 
poi il chicco pieno nella spiga; 
e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio 
o con quale parabola possiamo descriverlo? 
È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, 
è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 
ma, quando viene seminato, 
cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto 
e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, 
come potevano intendere. 
Senza parabole non parlava loro 
ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.


Nel Vangelo di questa domenica Gesù parla del regno di Dio e lo paragona a un seme. 

Qualcuno potrebbe pensare che Gesù stia descrivendo l’aldilà, quel luogo inimmaginabile che raggiungeremo dopo questa vita. Da altri passi del Vangelo scopriamo però che il regno di Dio è una realtà già presente in mezzo a noi e che ha a che vedere con l’azione reale e tangibile di Dio nella nostra storia. 

Nel vangelo di Luca, per esempio, i farisei domandano a Gesù: "Quando verrà il regno di Dio?". E Gesù risponde loro: "Il regno di Dio è in mezzo a voi" (Lc 17,21).

Pertanto, anche quando non ce ne accorgiamo, anche se pensiamo ad altro, anche se dormiamo, Dio continua ad esserci e continua ad operare misteriosamente in noi e dentro le vicende umane.

Questo è quanto ci dice espressamente l’immagine del seme usata da Gesù, un esempio chiaro ed evidente di come possa crescere il bene e la vita nonostante la noncuranza dell’uomo o l’assenza di una sua iniziativa.


Perché Gesù racconta questa parabola? Se oggi, come allora, guardandoci attorno non scopriamo che violenza, sopraffazione, sfruttamento, dolore, disperazione, come si può affermare che Dio è sempre presente e che la sua azione continua a essere efficace e feconda?

Gesù ha un obiettivo preciso nella sua predicazione: rivelare a tutti il volto del Padre suo. E usa le parabole per spiegare l’indicibile, e cioè che Dio è Padre, un padre buono, che si prende cura dei suoi figli, che è sempre presente, che perdona, che non è indifferente al dolore dell’umanità. 

E annuncia tutto questo non solo con le parole ma anche con le sue azioni, con la guarigione dei malati, con la ricerca dei peccatori, con la vicinanza ai poveri, con il dialogo che è disposto a intavolare e a coltivare con tutti. 

Nel contesto di questo “annuncio”, si colloca la parabola del seme che ha il potere di suscitare in ogni ascoltatore la fiducia, nonostante le apparenze, nella presenza contagiosa del bene.

Il male, infatti, con i suoi tanti volti purtroppo è una realtà evidente devastante e scandalosa. Solo chi chiude gli occhi non lo vede. 

Ma il bene che continua a crescere silenziosamente in tutti gli angoli della terra, per l’opera instancabile di una moltitudine di seminatori di speranza, c’è, è una realtà concreta, ed è l’ossatura che tiene ancora in piedi l’umanità, nonostante le aberrazioni di cui si macchia una parte di essa.


Il Vangelo quindi ci sprona alla fiducia e alla speranza. 

Da questi piccolissimi semi di bene sparsi dappertutto, che a volte sembrano invisibili come il granello di senape, scaturisce ogni momento una grande forza che sostiene l’umanità, una linfa vitale che la nutre e le comunica l’energia per rialzarsi ogni giorno e continuare a camminare e a costruire un mondo migliore.

Ognuno di noi può fare la sua parte, divenendo strumento nelle mani di Dio, e quindi costruttore del suo “regno”, di spazi cioè in cui la bontà, la condivisione, la solidarietà, la speranza, la giustizia crescono, rendendo ovunque visibile e concreta l’azione di Dio, fino a quando non saremo tutti una cosa sola con lui, nella piena comunione con la sua vita divina.

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