Vicini ma non troppo

 

È luogo comune che tra le note caratteristiche del nostro paese ci siano quelle dell’apertura e dell’accoglienza delle persone. Ma è proprio così? 
I turisti spesso sono i primi a cogliere questa peculiarità e a rimanerne colpiti. 
Eppure ogni giorno constatiamo quanto sia difficile custodire e far crescere nei nostri stili di vita queste virtù.

La diffidenza, la paura, l’individualismo, molte volte impediscono alle persone di frequentarsi e di socializzare, e si rischia di vivere a un passo gli uni dagli altri nella più completa estraneità. E con tristezza si constata che neppure gli spazi ecclesiali sono esenti dai sintomi di questa grave "malattia".

Entrare in relazione con le persone, tessere relazioni anche minime di conoscenza, a volte può diventare un’impresa difficile che solo la tenacia e l'ancoraggio a forti motivazioni possono rendere possibile. 

Nonostante la riservatezza e un po’ di timidezza tipiche della mia indole, cerco sempre di prendere l’iniziativa, di accostare l'altro, di presentarmi, di dargli il benvenuto se appena arrivato, di scambiare con lui due parole. Penso infatti che conoscersi tra vicini di casa o di quartiere, con la dovuta prudenza, cautela e discrezione, sia sempre e comunque una buona prassi oltre che una preziosa opportunità, che può solo migliorare la qualità della nostra vita. 

Devo ammettere però che il più delle volte mi ritrovo a misurarmi purtroppo con una certa resistenza e chiusura, spesso inspiegabili e ingiustificabili, anche se non sottovaluto la bellezza dei piccoli gesti di apertura che, nonostante tutto, sono pure presenti, sebbene in un quadro di generale e almeno apparente indifferenza.


Gli esempi che potrei elencare sono tantissimi ma racconto solo due storie: la prima paradossale e scandalosa per alcuni suoi dettagli e per questo emblematica; la seconda che apre il cuore alla fiducia e alla speranza.

Tra i tanti nuovi vicini che sto individuando da quando ho cambiato casa, mi ha stupito non poco il comportamento di due coniugi di una certa età che avevano il box auto vicino al mio e che spesso mi capitava di incontrare. Riconoscerli poi ai primi banchi della chiesa parrocchiale a due passi da casa, e addirittura tra i lettori che declamavano le letture della liturgia, mi ha riempito di gioia e mi ha motivato ancora di più nel prendere l’iniziativa di avvicinarli per un “riconoscimento” reciproco tra vicini di casa e per di più credenti e assidui praticanti.

Il frutto di questa iniziativa è stata la possibilità di scambiarci un saluto e a volte qualche parola, nei successivi incontri occasionali. Tutto qui. Fino a quando, non avendoli più intravisti né in chiesa né sotto casa, vengo a sapere dal portiere che si erano trasferiti. Eppure solo un paio di settimane prima ci eravamo incontrati dallo stesso medico di famiglia e avevamo avuto la possibilità di scambiarci qualche idea in più. Ma del loro imminente trasferimento non una parola. La più completa estraneità! Incredibile ma vero....

Al contrario, una giovane coppia di origini libanesi, con una bimba di pochi mesi, conosciuta durante le mie passeggiate nelle vicinanze di casa e poi riconosciuta anch’essa nella stessa parrocchia, ha dimostrato sempre gioia e semplicità negli incontri casuali e, rivista, dopo un anno di isolamento a causa del COVID, con la bimba cresciuta e sgambettante, ha sentito il bisogno di salutarmi e di informarmi che si sarebbe trasferita fuori Roma nei mesi successivi. 


È evidente dunque quanto siano miopi e inaffidabili i luoghi comuni!

Per questo, non essendo peraltro affatto un tipo che si arrende o che depone le armi facilmente, rimango imperterrita e ferma nelle mie convinzioni e nelle mie buone abitudini. 

Continuo a credere, nonostante tutto, nel valore fondamentale delle relazioni umane che, con un pizzico di creatività e di attenzione agli altri, crescono comunque, indipendentemente dalle nostre resistenze, e rendono il mondo più accogliente e più vivibile.


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