Vi chiedo perdono!

 


In occasione dell’80° anniversario della strage di Marzabotto, il presidente Sergio Mattarella e il suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier, legati da una sincera e solida amicizia, si sono incontrati il 5 ottobre per celebrare insieme la memoria di uno dei più efferati eccidi del nazismo, consumatosi tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944, in un’Italia stremata dalla guerra e dall'ottuso dispotismo delle dittature.

Circa 800 le vittime in così pochi giorni, tra cui più di 300 donne e 200 bambini, anche neonati. La pietà e l’umanità infatti non appartengono ai carnefici che eseguono ciecamente e a mente fredda i crimini più spietati.

Le parole pronunciate dal Presidente tedesco sono state forti e per nulla scontate e hanno toccato il cuore dei parenti delle vittime presenti alla cerimonia e di chi, come me, ha avuto la possibilità di ascoltarlo tramite i media.


Fivizzano, Marzabotto, le Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Civitella, in tutte queste località le truppe naziste perpetrarono crimini disumani in Italia, accecate dall’odio e dal fanatismo. Questi luoghi ne rappresentano tanti altri meno noti, che soprattutto in Germania sono quasi sconosciuti. Anche per questo sono qui oggi. Cari ospiti, oggi sono qui davanti a Voi come Presidente Federale tedesco e provo solo dolore e vergogna. Mi inchino dinnanzi ai morti. A nome del mio Paese oggi Vi chiedo perdono”.

Non sono parole formali di circostanza, dettate dal ruolo istituzionale rivestito. Sono espressione di sentimenti e di moti interiori dell’anima che non possono essere trattenuti o taciuti.

Ancora oggi risuonano alle mie orecchie queste potenti parole che si sono impresse indelebili nella mia memoria e che non mi abbandonano, specie mentre seguo le terribili e sanguinose vicende che stanno dilaniando ancora oggi popolazioni inermi e innocenti: Provo dolore e vergogna e vi chiedo perdono!


Non è facile chiedere perdono delle proprie colpe. Perché si è soliti giustificarsi, assolversi, sminuire o addirittura negare le proprie responsabilità. Siamo troppo indulgenti con noi stessi e preferiamo non ammettere i nostri errori, le nostre cattiverie, i nostri egoismi. 

Pensiamo che sia più facile chiedere perdono delle colpe altrui, specie di chi è ormai morto e sepolto e non potrà mai smentirci o chiederci conto della nostra audacia. 

Ma non è così, specie quando si rivestono ruoli istituzionali e rappresentativi di un intero popolo. Perché in questo caso “si perde la faccia” davanti alla propria stessa nazione, mettendo anch’essa in ginocchio davanti al mondo, assumendosi la responsabilità di estendere a tutti coloro che si rappresenta la stessa ammissione di colpevolezza e gli stessi sentimenti di contrizione e di dolore.

Tra i capi di Stato, forse solo Papa Francesco ha avuto finora l’umiltà di chiedere più volte perdono per i crimini compiuti dalla chiesa o da suoi singoli ministri nel corso della storia e ha avuto il coraggio di ammetterne con fermezza l’obbrobrio e l’orrore.


Solo riconoscendo il male commesso e chiedendo perdono si può infatti sperare di voltare pagina e di ricostruire una storia migliore, più umana e più giusta.

Dovrebbero essere in molti a farlo: capi di Stato e di governo, guide religiose e politiche, fondatori e seguaci di movimenti ideologici settari e oscurantisti…

E invece ci si trincera dietro gli errori del passato, negandoli o minimizzandoli, e vantando persino meriti e grandezze di uomini di potere folli e spietati.

Nessuno potrà ridare la vita a tanti morti innocenti, ma sentire pronunciare parole di dolore e di contrizione è importante. È come mettere in luce almeno la verità dei fatti, chiamare le cose con il proprio nome, chiudere un capitolo della storia per aprirne un altro all’insegna della giustizia e del rispetto dei popoli e delle diverse identità e culture.


Non vediamo purtroppo nel mondo di oggi segnali incoraggianti che si muovono in questa direzione. Tutt’altro! Ma proprio per questo forse ha senso valorizzare i piccoli segni di chi ha il coraggio di accendere la speranza e di guardare oltre, tessendo relazioni di dialogo, di solidarietà e di intesa, come da anni stanno facendo Mattarella e Steinmeier, legati da vera amicizia e dalla condivisione dei medesimi principi e valori.

In una intervista a Repubblica del 2021 Steinmeier lo conferma senza alcuna reticenza: “Noi non potremo avere perfetta vita senza amici, si dice nella Divina Commedia di Dante. In politica non si trovano tanto spesso amici. Maggiore è, pertanto, la gioia che provo nell’aver trovato un amico in Sergio Mattarella.


E allora grazie, cari Presidenti, per la testimonianza di dialogo e di profonda umanità che ci date! Che possa essere d'esempio per tanti e contagiosa di nuove pratiche di vita sociale e politica.



Commenti

  1. Grazie, cara Aurora, per questo tuo post. Un padre del deserto afferma che riconoscere umilmente il proprio peccato e chiederne perdono è meglio che avere il dono di far risorgere i morti. Ciao!

    RispondiElimina
  2. Io provo dolore e vergogna e chiedo perdono ai 2 milioni di fratelli palestinesi, sfollati dalla striscia di Gaza, costretti a lasciare la propria terra, un nuovo esodo biblico.
    E chiedo ancora di più perdono ai 30 o 40 mila civili uccisi( bambini, donne, anziani, malati negli ospedali). Questi morti considerati di serie B rispetto alle centinaia di israeliani uccisi dal movimento terroristico in difesa del diritto di un popolo ad esistere e ad avere un territorio e uno stato che si vuole autogestire.
    C'è una scarsa considerazione dei diritti dei palestinesi, forse per compensare l'olocausto della seconda guerra mondiale durante la quale furono trucidati 6 milioni di fratelli ebrei.
    Ma 2 ingiustizie non fanno una giustizia.
    Sarà sempre troppo tardi quando si vorrà risolvere questa tragedia. Ci sono troppi "attori" che remano per il perdurare dell'ingiustizia ,non ultimi i fabbricanti di armi e la pace rimarrà un' utopia senza l'impegno cosciente di tanta parte dell' umanità!
    Salvo Patane '

    RispondiElimina
  3. Ciao carissima Aurora,
    Questo tuo post mi raggiunge in un momento molto particolare. Sono in viaggio di ritorno da una "missione impossibile" a Foligno con l'obiettivo di convincere mio figlio, "una persona psicologicamente fragile" a tornare a casa invece di arrangiarsi mendicando benevolenza in un luogo lontano da casa dove nessuno lo conosce.
    Ti chiederai cosa accomuna questa vicenda con la celebrazione degli 80 anni dell'eccidio di Marzabotto.
    Anche se le dimensioni e la gravità dei fatti non sono minimamente paragonabili, l'esempio di Steinmeier ha sollecitato in me un esame di coscienza.
    Devo chiedere perdono a mio figlio per averlo costretto, a soli 6 anni ad un indesiderato trasferimento a 500 km dal suo ambiente di vita, subendo un trauma da sradicamento di cui ancora oggi mi accusa.
    Ho provato in tutti i modi a convincerlo che quella era la scelta più giusta per la nostra famiglia ma non gli ho mai chiesto di perdonarmi! Carlo Croce

    RispondiElimina
  4. " Il perdono, se ce n'è, deve e può perdonare solo l'imperdonabile, l'inespiabile e ,quindi, fare l'impossibile". ( J. Derrida, Perdonare, Raffaello Cortina ed., 2004,pg.47). Il tuo post, carissima Aurora, mi ha fatto ripensare alle riflessioni sul perdono contenute nel testo di Derrida. Il filosofo risponde a Jankelevitch che , con uno scritto dibatteva sulla prescrizione, proposta in Francia, dei crimini commessi dai tedeschi nella seconda guerra mondiale. Il perdono, sosteneva Jankelevitch è impossibile perché " è morto nei campi della morte". Per Derrida, invece, proprio questa "impossibilità, imperdonabilita' " rende possibile pensare ed attuare il perdono, aldilà di ogni etica , di ogni giustizia, di ogni dinamica di espiazione. Grazie , Aurora! Ci aiuti sempre a riflettere. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Tre anni fa

Empatia e verità

Salviamo i bambini!