Un difficile accompagnamento

 


A tanti di noi sarà capitato di accompagnare una persona cara nel suo ultimo viaggio, inevitabile e senza ritorno. Un’esperienza che lascia tracce indelebili nel cuore, anche a distanza di decenni.

Niente di più difficile e doloroso, infatti, per chi segue questo viaggio da vicino, affiancando con affetto e dedizione chi attraversa con fatica l’ultimo tratto della sua esistenza.

Non ci sono ricette, né vademecum o manuali che possano insegnare le parole giuste da pronunciare, i gesti più idonei da compiere, l’approccio migliore da usare.

Solo il buonsenso, la delicatezza, l’affetto, il rispetto dell’altro possono suggerire di volta in volta cosa possa essere più o meno opportuno fare.

Una mia cara amica sta vivendo proprio in questi giorni questa triste esperienza di accompagnamento e sto condividendo con lei le sue preoccupazioni, i suoi pensieri, la sua tristezza, il suo senso di impotenza.

Ci si sente sempre inadeguati, incapaci, insufficienti, mai all’altezza della situazione.


Mancano le parole. Si vorrebbero fare miracoli per strappare da quella soglia i passi che conducono a quell’inesorabile approdo. 

Si ha spesso paura di non essere di aiuto. Ci si preoccupa di poter dare fastidio e di provocare in chi soffre un effetto opposto al sollievo e alla consolazione di cui avrebbe bisogno. Si teme che ogni iniziativa possa essere percepita come inutile, fastidiosa o indesiderata.

L'unica cosa che sicuramente possiamo fare davanti a chi soffre è amare. Non abbiamo purtroppo nessun altro potere. Ma dobbiamo convincerci che amare non è affatto poca cosa.

Dovremmo anche accettare a volte che la nostra vicinanza possa essere rifiutata, non desiderata, e persino ignorata.

Ma non è detto che sia così. Comunque la nostra presenza sarà sempre una goccia di amore per l’altro e noi dobbiamo accettare con serenità di essere soltanto una piccola goccia che cade nell’aridità anche senza essere vista e senza portare sollievo.


Perché non è per la nostra soddisfazione e gratificazione che dobbiamo accostarci a chi soffre, ma solo per disinteressato e gratuito amore, accettando di ritornarcene a casa a mani vuote, col cuore sempre più piccolo e con tante domande che si agitano nella nostra mente.

Non ci si può accostare a chi sa che sta per morire neppure rimanendo “a distanza”. Sarebbe meglio non varcare affatto la soglia della sua intimità. Bisogna mettersi piuttosto nei suoi panni accorciando le distanze, provando a sentire il suo stesso dolore, “indossando” le sue limitazioni e le sue paure, immedesimandoci nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti.

Quante preoccupazioni passano per la mente di chi sa di avere i giorni contati. Si soffre per il distacco dalle persone care, da chi si ama e avrebbe ancora bisogno di essere protetto, seguito, sostenuto. Lasciare i propri figli, specie se sono ancora in tenera età, è straziante e inaccettabile

Si percepisce la propria condizione di estrema fragilità come una intollerabile ingiustizia. Ci si vorrebbe abbarbicare al tempo con le unghie e con i denti per non lasciarlo fuggire. Si litiga col destino e persino con Dio, anche quando non si è mai pronunciato in tutta la vita il suo nome.


Ci si aggrappa molte volte, con tenera ingenuità, anche a un invisibile filo di speranza, speranza di potersi riprendere, speranza di una diagnosi sbagliata, speranza in un miracolo…

E non c’è spesso alcuna differenza tra convinti credenti o incalliti atei o irriducibili agnostici.

La morte è sempre per tutti un traguardo che fa paura, di fronte al quale ci si sente assolutamente impreparati e terribilmente soli.

Nessuno può colmare il vuoto che sicuramente si avverte di fronte a questo baratro.

Certamente la fede è un sostegno che può essere di aiuto. Ma sono rari i “santi” che, come Francesco d’Assisi, accolgono la morte come una sorella e un’amica di cui non avere paura e nelle cui braccia abbandonarsi serenamente.

L’ultimo passaggio, da cui nessun essere umano è risparmiato, è sempre avvolto nel mistero, è sempre insidiato da incognite, incertezze, dubbi, interrogativi


E la fede è spesso una flebile luce, una piccola speranza più che un’assoluta certezza.

Chi accompagna con affetto questo viaggio farebbe bene a farlo in silenzio, in punta di piedi, rispettando i tempi e i momenti di questo doloroso travaglio.

Misurare le parole, non far piovere dogmi, insegnamenti, dictat. Non imporre verità assolute, teorie studiate sui libri, convinzioni personali che forse neppure noi saremmo in grado di accogliere fino in fondo se ci trovassimo in quelle stesse condizioni.

Le parole, se proprio volessimo pronunciarle, dovrebbero rivelare solo vicinanza, affetto, condivisione, comprensione. 


Il di più può essere percepito solo come inopportuno, fastidioso, invadente, fuori luogo, controproducente.

A meno che non sia giustificato da esplicite domande, da una espressa ricerca di risposte, da un dichiarato bisogno di luce e di nuovi spiragli da intravedere davanti a sé.

E poi dobbiamo accettare i nostri limiti e, se siamo credenti, pregare, pregare molto, affidandoci a chi può accogliere la nostra debolezza e sostenere condividendolo tutto il dolore del mondo.





Commenti

  1. Grazie Aurora.Hai già detto tutto.Posso solo aggiungere che l'unico balsamo,appunto,come hai già scritto,è l'amore.Ma in quanti sono capaci d'amare così profondamente? Ti abbraccio con l'affetto di sempre.
    Francesca Morgia

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  2. Avevo inviato ieri un contributo.
    Si sarà preso.
    Ho accompagnato gli ultimi dieci anni della sua vita un conoscente diventato poi amico.
    Verso i 30 anni ha scoperto di essere affetto da sclerosi multipla e nel giro di qualche mese la carrozzina è diventata una propaggine del suo corpo.
    Quasi subito la moglie e i 2 figli lo hanno abbandonato.
    La mamma vedova ha dovuto accudire a tutte le sue necessita' fin quando è vissuta.
    Dopo , i 4 fratelli del mio amico lo hanno scaricato in una casa di riposo dove andavano a trovarlo il meno possibile.
    E qui ha passato gli ultimi 10 anni.
    È andato via che aveva circa 60 anni.
    Io lo andavo a visitare settimanalmente , gli facevo la barba, parlavamo di tutto e di niente.
    Non era un credente. Ma sperava
    , nel caso in cui ci fosse stato un Dio creatore dell'universo, che un giorno sarebbe stato compensato per tutte le sofferenze patite in questa vita.
    Io mi sono limitato a fargli da spalla quando voleva piangere. Non gli ho mai imposto il mio credo , anzi gli ho confidato i miei dubbi e le mie debolezze.
    Lo penso sempre anche dopo tanti anni. Non è stato fortunato in questa vita. Eppure non l'ho mai sentito lamentare o imprecare contro il destino.

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  3. Scusami. Ho dimenticato a firmare il post.
    Salvo Patane '

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  4. Ciao Aurora! È bello leggere i tuoi post! Ammirevole la vicinanza, la condivisione, l'amore che dimostri nello stare accanto ad una persona impegnata nel difficile percorso di accompagnamento di un proprio caro nell'ultimo viaggio. Le tue riflessioni, profonde come sempre, trattano con leggerezza un tema ed una esperienza tra le più complesse emotivamente ed umanamente! Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

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  5. Ciao Aurora, hai toccato un tasto molto triste e coinvolgente. Chi non ha seguito e perso una persona cara? E poi io mi pongo un altro quesito, come ci si sente e cosa si pensa quando si raggiunge una certa età? Non si vorrebbe soffrire, non si vorrebbero lasciare gli affetti etc... ma questa è la vita. Noi che abbiamo fede pensiamo ad una vita migliore nell’aldilà....
    Allora consoliamo dando tutto il nostro amore alle persone care che ci lasciano e nello stesso tempo preghiamo per noi (dico per una novantenne come me) che si vede la vita sfuggire di mano e con essa gli affetti più cari. A questo punto la consolazione è doppia! Allora preghiamo e preghiamo e preghiamo.... Un abbraccio. Tina Gentile

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  6. Ciao Aurora, finalmente sono riuscita a ricollegarmi con il tuo blog!
    Condivido quanto dici: “la morte è sempre per tutti un traguardo che fa paura, di fronte al quale ci si sente assolutamente impreparati e terribilmente soli”.
    Mi dispiace molto per la tua amica.
    Alida

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