Uomini e dei


Il Museo egizio di Torino, secondo a livello mondiale solo a quello del Cairo, vanta l’esposizione di 40 mila reperti archeologici, tra cui il Papiro delle miniere d’oro, che è la mappa stradale più antica al mondo, e il Papiro dei re, che contiene l’elenco dei Faraoni e dei Re d’Egitto.

A duecento anni dalla sua apertura, è stato realizzato un suggestivo documentario che ne racconta la storia e i suoi misteri, dal titolo “Uomini e dei. Le meraviglie del Museo Egizio”.


È stato proiettato nelle sale cinematografiche soltanto nei giorni 12 e 13 marzo, con un’affluenza di pubblico non proporzionata all’importanza dell’evento e alla qualità del prodotto, probabilmente per una sua non adeguata pubblicizzazione.

All’origine di questa grandiosa idea c’è una esperta giornalista e regista italiana, che con quest’opera a mio avviso ha toccato l’apice della sua carriera finora costruita.

Didi Gnocchi è il suo nome. Esordiente come giornalista della carta stampata, si dedica in seguito al giornalismo televisivo per approdare infine all’attività di regista e imprenditrice.


Insieme a due colleghe, fonda nel 1999 la Società “3D Produzioni” per la realizzazione di documentari culturali per cinema, Tv e piattaforme, su temi di arte, di storia, di cultura, di attualità, evocando con la stessa denominazione le 3 donne che hanno dato vita alla Società, che oggi conta numerosi esperti e collaboratori qualificati.

Il docufilm Uomini e dei, imponente per i suoi contenuti e per la sua costruzione cinematografica diretta da Michele Mally, è stato realizzato anche con la partecipazione di Nexo Digital e Sky, dove sarà possibile vederlo quanto prima.

Le principali voci narranti sono quella del Direttore del Museo Christian Greco e quella del premio Oscar Jeremy Irons, che impregna della sua presenza misteriosa e solenne l’intero documentario.


Ascoltando rapita la sua intensa e magistrale interpretazione, che lascia  senza fiato per la solennità del personaggio e per la profondità della sua espressione vocale, mi sono chiesta chi si nascondesse dietro il suo volto, di chi fosse la voce che risuonava nella sala cinematografica e che rendeva comprensibile al pubblico la sua recitazione.

Mi sono così imbattuta in una nuova conoscenza, anch’essa interessante e sorprendente.

Non so quanti hanno avuto modo di conoscerlo. Il suo nome è Mario Cordova, un attore e doppiatore catanese che presta la sua voce suadente e autorevole, ma “senza volto” e invisibile, a tanti attori di fama mondiale come Richard Gere o Jeremy Irons.


Dobbiamo proprio a lui larga parte dei risultati e degli effetti che provocano su di noi tanti bei film, nei quali è tangibilmente presente anche la sua persona, seppure in modo indiretto e nascosto, come nel caso del documentario “Uomini e dei”.

I protagonisti dunque di questa avvincente narrazione sull'antico Egitto, che attira e affascina il pubblico sequenza dopo sequenza, alimentando la curiosità e l’interesse, sono due straordinari coniugi: Kha, l’architetto che si occupava della costruzione delle tombe dei faraoni, e l’amata moglie Merit.

La loro tomba intatta, con tutto il loro corredo funebre, viene sorprendentemente ritrovata nel deserto egiziano nel 1906.


Sono ben 467 gli oggetti che lo compongono, tutto ciò che hanno amato nella loro vita e che avrebbe dovuto accompagnarli nel loro viaggio nell’aldilà. 

Essi raccontano i diversi aspetti della loro quotidianità, le loro usanze e abitudini non lontane da quelle dei nostri contemporanei.

Tra questi, le parrucche di Merit e i prodotti di bellezza del tempo, come il rimmel, il fard, le creme per la pelle. Ma anche il rasoio per la barba che usava Kha, i sandali infradito, il letto matrimoniale con le lenzuola di lino, la scacchiera con cui amavano passare il tempo libero e che avrebbero potuto usare per l’eternità. 


Addirittura sono visibile anche alcuni degli alimenti che arricchivano la loro tavola e che sono stati preservati nella loro integrità nonostante i millenni trascorsi, come l’uva, il pane, il pesce, i latticini, che avrebbero dovuto sostenerli nel loro importante viaggio nell’oltretomba.

Ma il reperto senza dubbio più prezioso rinvenuto dentro la tomba di Kha è Il Libro dei morti, un papiro in cui sono descritte tutte le condizioni da rispettare meticolosamente, evitando ogni minimo errore che sarebbe stato fatale, per presentarsi impeccabili davanti agli dei che avrebbero pesato il cuore del defunto, unico organo lasciato intatto dentro il suo corpo, e verificato la sua leggerezza al pari di quella di una piuma.


Quanta potenza e quanta responsabilità in questa credenza! Il peso del cuore è il peso dell’anima e della coscienza che già in questa vita dovrebbe avere il suo imprescindibile valore e la sua fondamentale importanza.

Rimane il drammatico interrogativo su quale effettiva consapevolezza ne avessero gli antichi faraoni.

D’altra parte anche noi, nonostante la nostra antica e radicata cultura cristiana, siamo da sempre abili esperti nel separare la fede dalle opere e a vivere la nostra esistenza in perenne contraddizione e in una insanabile dicotomia.

Il docufilm “Uomini e dei” racconta dunque i tesori del Museo Egizio torinese attraverso la voce degli “esseri umani” che lo abitano, in qualche modo ancora “viventi” dopo quasi quattro millenni, grazie al processo di mummificazione a cui gli antichi egizi ricorrevano per garantire al corpo del defunto l'integrità e dunque il godimento della vita eterna. Privilegio a cui potevano avere accesso naturalmente solo i faraoni, i nobili e i ricchi.


Le mummie, che vi sono custodite e che continuano a essere studiate con le più moderne e sofisticate tecnologie, consentendo perfino di liberarle dalle bende solo virtualmente, per osservare da vicino ciò che rimane dei loro corpi, vengono trattate come “persone”, con tutto il rispetto che meritano in quanto tali e in un contesto di delicatezza e di religioso silenzio richiesto dalle loro particolari condizioni, lo stesso che osserveremmo davanti a un nostro caro defunto.

La restauratrice Cinzia Oliva così spiega i sentimenti che accompagnano il suo lavoro: “Oggi non scordiamo mai che non sono reperti, ma sono persone. Certo non si aspettavano di essere studiate e repertate! Le guardi in faccia e vivi un forte stress, ti senti a disagio… Mentre lavoriamo su di loro proviamo grande rispetto, stiamo attenti a parlare a bassa voce, non discutiamo mai davanti a loro”.


Il tema che aleggia in questo straordinario Documentario che fotografa il Museo Egizio è dunque quello dell’oltretomba, e insieme un forte anelito alla vita che prosegue oltre la morte per l’eternità.

Si rimane inchiodati di fronte alla grandezza di questa civiltà che ci parla di vita, di aldilà, di eternità, di preservazione e di continuità in un altro mondo di tutto ciò che abbiamo amato su questa terra.

Questa constatazione ci dice come sia stata sempre presente nel cuore dell’uomo la convinzione che non possa finire tutto con la morte, che la nostra fatica, le nostre conquiste, la nostra dedizione, il nostro amore possano avere una pienezza di senso solo se proiettati oltre il limite del tempo e dello spazio.


Siamo perfettamente in tema col momento che stiamo vivendo, a pochi giorni di distanza dalla Pasqua, il giorno della piena rivelazione di ciò verso cui tende la nostra esistenza terrena, che nell’era cristiana non è più solo un’intuizione umana ma una realtà nella fede.

Perché Qualcuno ha dato consistenza e concretezza a questa profonda nostra aspirazione, passando attraverso la morte e ritornando alla vita, in un corpo non cadavere imbalsamato ma vivente e trasfigurato, che non ha più bisogno di cibo per sopravvivere ma che trova il suo nutrimento solo nell’amore.






Commenti

  1. Ho visitato il museo Egizio di Torino una ventina di anni fa, in coincidenza con una esposizione universale della Sacra Sindone.
    Ha affascinato sempre l'uomo il mistero della vita e della morte e della vita dopo la morte.
    Ed il popolo egizio parecchi millenni orsono si è immerso nello studio di trovare l'immortalità o quanto meno della conservazione delle spoglie mortali attraverso l'imbalsamazione , per la trasmissione alle future generazioni.
    Cosa c'è dopo la morte terrena ?
    Il nulla , la reincarnazione, la vita eterna, tutti i filosofi hanno provato a dare una risposta.
    La fede cristiana si basa sulla Resurrezione di Gesù , figlio di Dio venutosi ad incarnare duemila anni fa per la salvezza dell'umanità.
    Il grande dilemma è sempre la coerenza fra fede e vita , la testimonianza con le opere di ciò in cui si crede.
    In questi giorni di avvicinamento alla Pasqua cristiana , abbiamo la possibilità di riflettere sul " peso " del nostro cuore ,della nostra anima e della nostra coscienza.
    Auguri scomodi ( vedi Don Tonino Bello) a tutti.
    Salvo Patane '

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  2. Ciao Aurora,
    molto interessante quanto da te riferito e considerato.
    In particolare, riflettevo sul fatto che quel non liberarsi della materialità, più che dalla speranza di una continuazione della vita, trovava motivazione nel fatto che fossero gli stessi Dei, concepiti a misura d’uomo, a ricevere, in quella dimensione di passaggio, che manteneva una commistione tra immanente e trascendente, il defunto, per poter verificare quanto il suo cuore fosse leggero e, cioè, degno.

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  3. Bello e salutare questo approfondimento del museo egizio di Torino,. Io ho visto quello de Il Cairo, grandioso!
    Grazie per averci riportato, in occasione della Pasqua, dalla morte alla resurrezione e alla vita eterna attraverso la fede che e'in ognuno di noi. Buona Pasqua di Resurrezione! Un abbraccio. Tina Gentile

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  4. Grazie assai carissima Aurora.
    Nel corso della mia vita ho potuto visitare ben due volte il museo Egizio di Torino, e ogni volta sono stato impressionato della profonda cultura degli Egiziani nell' arte del trapasso nell' aldilà. Che civiltà!!!
    Grazie sempre. Filippo Grillo

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