Campione mondiale

 

Semplicità, riservatezza, discrezione, modestia sono solo alcune delle tante caratteristiche del giovane atleta tennista che per una intera settimana ha fatto parlare di sé per avere vinto, a solo 22 anni, lo scorso 28 gennaio, gli Australian Open.

Abbiamo imparato a chiamarlo per nome, Jannik, e guardandolo con quel suo sorriso smagliante e i suoi modi composti, eleganti, velatamente timidi, lo percepiamo come uno di famiglia, il ragazzo per bene che tutti vorremmo avere per amico, per fratello, per figlio.

Sportivo sin dalla più tenera età, pratica lo sci e il tennis con talento, optando all’età di 13 anni per il secondo dei due sport sul quale comincia a concentrare ogni sua energia. E questa diventa la sua strada e la sua ragione di vita, una passione coltivata con tenacia e dedizione ma probabilmente iscritta anche nel suo DNA. 

Jannik Sinner da bambino

Non sarà stato facile sicuramente per lui, all’inizio della sua carriera, abbinare lo studio scolastico all’impegno richiesto da un’attività sportiva così complessa, tanto che decide di sospendere al quarto anno la frequenza all’istituto tecnico a cui era iscritto per diplomarsi poi da privatista in ragioneria.

Cresce in una piccola località della provincia di Bolzano dove non è per nulla scontato saper parlare italiano e sentirsi italiano, anzi è una vera rarità. I suoi genitori, di madrelingua tedesca, lavorano in un rifugio sulle Dolomiti e hanno un altro figlio di origini russe, Mark, adottato prima che nascesse Jannik.

Il trasferimento a Bordighera in Liguria e dal 2020 a Montecarlo, dove vive tuttora, gli consente di potersi allenare intensamente con la giusta concentrazione e di poter giocare in campi attrezzati e sempre disponibili, misurandosi con campioni di tutto il mondo al massimo livello

Monte-Carlo Country Club, sede dell'Accademia di Tennis, in Francia, dove di allena Sinner

Il suo allontanamento dall’Italia è dunque una scelta professionale che lo accomuna a tanti altri grandi e famosi tennisti, come Matteo Berrettini, che hanno deciso di vivere anch’essi nella stessa località e per gli stessi motivi.

Il suo modo di presentarsi e di comunicare è talmente spontaneo e normale da essere per questo un ragazzo straordinario. Perché oggi la normalità è così insolita e inconsueta da essere una dote davvero eccezionale.

Già vincitore di numerosi titoli prestigiosi e di una Coppa Davis, la sua prestazione in Australia è stata unica e speciale, tanto che una valanga di giornalisti al suo rientro in Italia gli si sono precipitati addosso per fotografarlo, intervistarlo, carpirgli anche una sola espressione, per poter scrivere di lui notizie “sensazionali” sulle loro testate.

È arrivato anche l’appassionato invito di Amadeus a Sanremo che, preso dall’entusiasmo e dal desiderio sincero di omaggiarlo con una standing ovation del pubblico, pensava di poterlo esibire sul palco per uno scoop spettacolare che avrebbe potuto innalzare gl’indici di ascolto.


Ma Jannik non è come gli altri. Non cerca la visibilità. Non gli interessa la notorietà. Non ama i riflettori. Il campo da gioco è il luogo dei suoi appuntamenti con il pubblico. Altri spazi gli sono estranei e lo mettono in imbarazzo. 

Perché nella sua mente c’è solo un obiettivo e l’impegno prioritario che ha assunto con determinazione ormai da anni: allenarsi con disciplina, con spirito di sacrificio, senza cedimenti o scorciatoie per poter dare di più alla sua squadra, ai tifosi che lo seguono con passione, al suo Paese che ha fregiato di un premio inimmaginabile vincendo una coppa così prestigiosa dopo 47 lunghi anni di attesa.


La straordinarietà di Jannik la riconosciamo anche nella sua profonda serenità e nel suo modo di lavorare, senza pressioni, senza stress, senza sgomitate, senza logoramenti psicologici, perché, ha confessato lui stesso, “sto pensando solo a divertirmi e non al risultato”. 

Il tennis agonistico è uno degli sport più difficili e più impegnativi. Nel passato è stato uno sport “di nicchia” riservato a pochi e seguito da un pubblico limitato. Ma oggi non è più così anche se la preparazione che comporta è molto seria e complessaPerché “giocare” a tennis non è come tirare un calcio a un pallone. Ma è molto, molto di più.

Richiede infatti allenamento instancabile, sacrificio, precisione, destrezza e doti particolari, abilità non comuni, sia fisiche che mentali: velocità, resistenza, massima coordinazione dei movimenti, tecnica perfettamente studiata, tattica ben padroneggiata, estrema concentrazione, riflessi pronti, intuito spiccato.


Il tennis è uno sport armonico e completo, un’arte da costruire ogni istante con creatività e passione, e da praticare nel rispetto assoluto del pubblico, dell’arbitro e del proprio avversario, che è considerato non come un nemico da abbattere ma come un compagno di gioco del quale apprezzare le qualità e le competenze e grazie al quale poter migliorare la propria prestazione. Più infatti è abile l’avversario, maggiore capacità è richiesta allo sfidante in destrezza e professionalità.

Il tennis, inoltre, è un’attività atletica sana e leale, che, a differenza di qualche altro sport, non si presta alla ricerca di scorciatoie e compromessi per aggiudicarsi a tutti i costi la vittoria e non mette a repentaglio la propria e l’altrui salute ed esistenza, superando i limiti della sicurezza e del rischio.


L’incontro di Jannik con il Presidente Sergio Mattarella, al suo rientro in Italia, ha confermato la straordinarietà della sua persona e non solo. Perché tutto in quella giornata è stato davvero straordinario: la semplicità del Capo dello Stato, l’affetto che ha mostrato di nutrire per gli atleti, la rivelazione della sua passione per il tennis, la conoscenza di ogni giocatore della squadra che ha chiamato singolarmente per nome.

Ma anche la spontaneità di Jannik che ha rivelato senza filtri i suoi sentimenti più profondi, il suo attaccamento alla squadra, l’apprezzamento, la stima e la gratitudine per i suoi allenatori, e il suo desiderio di perseverare col massimo impegno nel suo intento.


Rivolgendosi al Presidente, poi, ha usato parole semplici ma molto significative: “Siamo tutti ragazzi normali, ciascuno con le sue caratteristiche. Grazie anche al capitano siamo riusciti a realizzare qualcosa di molto bello e credo anche molto importante per questa nazione… La cosa più importante non è vincere ma capirci, sentirci liberi nel campo, essere felici e ridere anche quando le cose non vanno benissimo.”


Ecco la normalità per cui ringraziamo Jannik e di cui sentiamo oggi estremamente bisogno. La normalità di chi svolge il proprio dovere e per questo non si aspetta di ricevere l’alloro. La normalità di chi si sacrifica per raggiungere una preparazione sempre più all’altezza del suo ruolo e per questo non pretende di ricevere applausi. La normalità di chi, davanti a un traguardo ambizioso raggiunto, non si compiace di se stesso ma pensa ai compagni di gioco e alle tappe che ha ancora davanti.

Anche i tifosi di Jannik che lo hanno seguito e sostenuto appassionatamente e simpaticamente, travestendosi da carote, alludendo ai capelli rossi del campione, con i loro modi giocosi e divertenti hanno dimostrato come lo sport quando è sano possa diventare uno spazio di vero divertimento, nel rispetto degli altri, estraneo a ogni comportamento incivile tipico di alcune tifoserie razziste e violente.

I Carota Boys con Jannik Sinner

Jannik sarà sicuramente per tanti giovani un esempio da seguire e da imitare. Ce lo auguriamo di cuore. Ci auguriamo che questo modello prevalga su altri stili di vita, prevaricatori, competitivi a tutti i costi, egocentrici, che non conoscono il valore del sacrificio e dell’attesa per ottenere risultati meritati e duraturi. Che il suo esempio sia davvero contagioso e vincente!

Commenti

  1. Lo sport è salute e la salute è la prima cosa bella sulla faccia della terra.
    La mia vita è stata dedicata allo sport, da ragazza perché lo praticavo, a scuola perché lo insegnavo e da pensionata ancora vado in palestra... Mi diverte e mi fa stare bene.
    Movimento e Sport
    Evviva! Laura Scorcelletti

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  2. Tutti abbiamo gioito per i successi di Sinner , atleta esemplare, il figlio, il nipote che tutti vorremmo.
    Trasmette serenità anche nei momenti cruciali in cui sembra non farcela.
    Poi riprende in mano la situazione e supera gli avversari con grandi sacrifici che iniziano a partire dalle innumerevoli ore di allenamento e dalle rinunce a fare le ore piccole.
    Perché deve mantenersi in forma . E si mantiene semplice anche se nel giro di un anno ha scalato tutte le classifiche ed ormai è fra i primi del mondo.
    Non si è montato la testa e speriamo che non lo faccia in seguito , con tutte le pressioni a cui è sottoposto dai mezzi di comunicazione.
    Gli auguro anche che prossimamente destini una parte dei suoi guadagni per sposare la causa di qualche organizzazione umanitaria che operi oer alleviare le tante ingiustizie del nostro pianeta.
    Salvo Patane '


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  3. Grande campione, Sinner! Come affermi tu, Aurora, ha conquistato tutti con il suo modo semplice di comunicare e con le sue caratteristiche umane e professionali. È un ragazzo che sa cosa sono il sacrificio e l'impegno per raggiungere un traguardo; ha dimostrato determinazione e forza di volontà; eccezionali capacità di concentrazione di resilienza nelle gare. Ammirevole anche il rispetto e la stima per gli avversari e l'espressione, in varie interviste, del suo sentimento di gratitudine per i genitori e per tutte le persone che, negli anni, lo hanno sostenuto. Un esempio per i ragazzi e per tutti noi! Maria Cristina Scorrano

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  4. Grazie Aurora….speriamo veramente che il suo esempio sia davvero contagioso e vincente! I ragazzi hanno bisogno di questi modelli . Un caro saluto. Angela Rao

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