Male più non fare

 


Sono il più delle volte banali e insignificanti, ma spesso anche squallidi e diseducativi, i testi che accompagnano quei moderni generi musicali “senza musica” che fanno solo rumore con i loro suoni sempre uguali e ripetitivi e che lasciano molto a desiderare in termini di melodia e di armonia, ma che sono tanto amati da adolescenti e giovani che li scelgono purtroppo come oggetti del loro hobby preferito e come nutrimento quotidiano della loro anima.

Le loro parole spesso invitano a sfogare violentemente la rabbia, a fare uso di sostanze stupefacenti, a disprezzare le regole, a vivere il sesso senza amore, come diversivo occasionale, a prendere a calci il mondo intero che non soddisfa le aspettative e i desideri delle giovani generazioni.

Il cantante rapper Sfera Ebbasta

Dietro a tanta violenza gratuita e inspiegabile che si consuma ogni giorno sotto i nostri occhi increduli, e non solo per mano dei più giovani, c’è anche questo imbarazzante vuoto culturale, documentato anche da certa musica, che non è per nulla facile da colmare e di fronte al quale anche la scuola e la famiglia dichiarano la loro assoluta impotenza.

Ma accanto a questo universo problematico, caotico e disorganico, per fortuna c’è anche tanta bella e buona musica, con testi significativi che lanciano messaggi edificanti e positivi. Ammiro e apprezzo quei giovani che la seguono convintamente perché dimostrano di saper scegliere con la testa e col cuore, e non seguendo acriticamente la moda del momento, conformandosi alla massa.

La buona musica è quella che veicola contenuti sociali, etici, sentimentali, che contribuiscono a formare le coscienze e a creare mentalità, cultura, stili di vita, costruttivi e rispettosi nei confronti dell’umanità e dell’ambiente.



È una musica che usa spesso anche parole e immagini poetiche che nulla hanno da invidiare all’alta poesia letteraria che arricchisce le nostre antologie, e che da sempre è amata da un pubblico di ogni età ed estrazione sociale.

Molte volte basta solo una frase per catalizzare l’attenzione e fare riflettere su temi importanti che vorremmo fossero al centro del nostro vivere sociale. 

“Male più non fare” è una di queste. Ermal Meta ne è l’autore e l’interprete, un cantautore che si è fatto strada da solo, con il suo talento e con la sua determinazione, e che è molto apprezzato per le sue qualità artistiche e umane.

Profugo dall’Albania nel 1994 a soli 13 anni, lascia la sua terra contro la sua volontà, affrontando un viaggio lacerante senza ritorno, che gli lascerà dentro per sempre un vuoto incolmabile e profondo. Perché, dice lui, “la propria terra nessuno vorrebbe mai lasciarla”.


Cresce in Italia accanto alla madre, mentre prende le distanze ancora bambino da un padre assente e violento, che tradisce il suo bisogno di affetto, di famiglia e di calore umano, e al quale indirizza il brano musicale "Lettera a mio padre", che è una confessione spietata e dura di una relazione distorta e dolorosa, che ha lasciato cicatrici profonde sulla sua schiena, a cui però è riuscito col tempo ad attaccare le ali che gli hanno consentito di volare.

In Italia si ambienta perfettamente e impara a cogliere ogni occasione gli si presenti per dar prova delle sue capacità e costruire passo dopo passo il suo futuro. 

Nel 2018 vincerà il Festival di Sanremo insieme a Fabrizio Moro con il pezzo “Non mi avete fatto niente” e nel 2021 si piazzerà al terzo posto con un brano romantico e struggente dal titolo “Un milione di cose da dirti”, che ha scolpito nella nostra mente parole di sensibilità e di amore, come “e mi allunghi la vita inconsapevolmente” o anche “in un mare di giorni felici annega la mia mente”.


Con questa sua ultima creazione musicale, “Male più non fare”, pubblicata pochi giorni fa, l’1 dicembre, anticipa il suo prossimo album che uscirà probabilmente nel 2024.

Il testo della canzone risuona oggi con particolare intensità e incisività nel contesto dei fatti di violenza crudeli e insensati che si susseguono con ritmi incalzanti e di cui la cronaca è quotidianamente costellata.

Quattro parole essenziali e lapidarie sono sufficienti per gridare un imperativo categorico dal quale non si dovrebbe mai prescindere: male più non fare!

Il testo è un’allegoria della vita umana che ognuno, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue capacità e i suoi errori, è libero di vivere a suo modo, senza temere i giudizi e le critiche degli altri, perché “solo Dio e un tribunale ci possono giudicare”, purché però si rispetti una sola unica fondamentale regola, che è sacra, assoluta, inviolabile, non negoziabile: non fare del male a nessuno! 


Perché il male che compiamo inquina l’aria che respiriamo e rende il mondo sempre più insopportabile e invivibile, per gli altri e per se stessi. 

Nessuno, neppure chi lo compie, ne rimane esente perché tutto si ripercuote inesorabilmente come un boomerang sulla propria esistenza. 

Nessuno è in grado di proteggersi dalle sue devastanti conseguenze che segnano per sempre la propria storia e che non si potranno mai cancellare riportando il tempo all’indietro.

E allora ecco il messaggio importante da diffondere, che Ermal pronuncia con termini chiari e diretti: “Chi fa grandi cose non muore mai… Fai del bene, dimentica! … Male non pensare … Paura non avere”.

È un programma di vita sapienziale, profetico, vincente, che aiuta a crescere in umanità e in sensibilità, e che rende migliori tutti coloro che lo accolgono e che lo fanno proprio.


Solo così la vita diventerà una danza per tutti, una danza leggera, coinvolgente, rasserenante, perché “ballando non si muore”, anzi si può trovare il coraggio per affrontare pericoli, fragilità e ostacoli, come “un’onda verticale e montagne da spianare”, andando oltre le paure e le preoccupazioni.

Ermal Meta è autore anche di molte canzoni scritte e composte per altri affermati artisti come Francesca Mannoia, Annalisa, Marco Mengoni, Francesca Michielin, Francesco Renga.

Intervistato da Geppi Cucciari, durante la puntata del 2 marzo 2023 di Splendida cornice, rivela particolari sconvolgenti della vita nel suo Paese d’origine, negli anni della dittatura dove ogni libertà era indiscriminatamente negata e repressa. 


E poi accenna al suo libro, Domani e per sempre, entrato nella prima selezione del Premio Strega, tradotto in diverse lingue, e dedicato alla sua terra come un tributo d’amore e di giustizia, in ricordo di tanti suoi conterranei fuggiti, alla fine degli anni ‘90, dalle violenze della guerra civile e vittime anch’essi di sofferenze indicibili e di drammatici naufragi in un mare troppo profondo per salvarsi, che divora chiunque vi rimane solo e abbandonato. La migrazione degli albanesi in Italia ha conosciuto due fasi: la prima nel 1991 che ha visto approdare in Puglia decine di migliaia di profughi, 47.000 in due sole giornate; la seconda nel 1997 con più di 17.000 persone.



Nella vena di malinconia sempre presente nello sguardo di Ermal Meta si nascondono tutti questi pensieri, tutti i ricordi del suo passato, tutte le ferite che sono ancora vive dentro il suo animo e che raramente lascia trapelare, anche se la sua musica si nutre comunque di questo suo mondo che noi solo vagamente possiamo riuscire a cogliere e a comprendere.

Mettendo a confronto questa musica con quella rap e trap a cui accennavo prima, si colgono al volo tutte le differenze e le distanze. È inevitabile che esistano vari generi musicali e che la musica lanci messaggi di ogni genere, perché non vogliamo e ci farebbe paura una società che censuri contenuti liberamente espressi e scelte di vita individuali. 

Ma a ognuno dovrebbero essere garantiti gli strumenti adeguati per un sano e intelligente discernimento e dovrebbe essere insegnato a tutti a saper scegliere, ovviamente secondo i propri personali gusti, ciò che può rendere migliore la sua persona e la società, da ciò che può solo abbrutire e sfigurare la nostra umanità.







Commenti

Post popolari in questo blog

Riciclo solidale

Tre anni fa

Solo canzonette?