C'è ancora domani

 

Un coro unanime si leva a ogni fine proiezione per commentare “C’è ancora domani”, opera prima di Paola Cortellesi, valida attrice, irresistibile comica, insuperabile imitatrice, esperta cantante, abile sceneggiatrice, e ora anche regista di grande spessore: “brava, brava, brava!”

Si potrebbero usare mille qualifiche per definire la competenza e l’originalità di questa artista dalla personalità poliedrica, all’altezza della situazione in qualunque contesto la si osservi, che ha dimostrato ancora una volta le sue indiscutibili doti anche in questo suo sorprendente esordio da regista.

Ma tutti gli elogi che potremmo rivolgerle confluirebbero in questo solo semplice ma inequivocabile aggettivo: brava, anzi bravissima. 

Infatti, oltre all'argomento delicato, impegnativo e coraggioso che ha scelto di trattare e la prospettiva costruttiva e per nulla prevedibile e scontata entro cui ha voluto collocarlo, quello che colpisce è la maestria e l’assoluta unicità che ha dimostrato nella direzione del suo primo lavoro, che le apre la strada a una carriera senza dubbio brillante e promettente.

Il tema al centro del film è quello della emancipazione della donna che, da una condizione di umiliazione e di violenza, si muove verso la consapevolezza piena della sua dignità e dei suoi diritti.


L'obiettivo, dunque, non è esclusivamente puntato su una storia di sopraffazione maschilista della donna, che subisce passivamente ogni sorta di violenze, come potrebbe sembrare di primo acchito. 

Lascia perplessi, infatti, lungo il fluido scorrere degli eventi narrati, l’atteggiamento quasi rassegnato della protagonista Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, che come un capro espiatorio, sempre col sorriso sulle labbra, si piega senza ribellarsi alla violenza quotidiana, all’ottusità e alla prepotenza del marito e del suocero, che in nome di una visione primitiva e patriarcale della famiglia rivendicano il diritto di percuoterla con crudeltà e di obbligarla a cucirsi la bocca, mentre la giovane figlia la sprona con rabbia a difendersi e a reagire.


E invece lei è sempre paziente, gentile, amorevole, sottomessa, dimentica di sé e premurosa per gli altri, e per di più si industria in mille modi per guadagnare i soldi necessari per mantenere la famiglia, mentre il marito passa il tempo al bar a giocare con i suoi pari e torna a casa per farsi servire, per comandare, per mettere tutti in riga come solo un despota sa fare.


E questo purtroppo non è solo uno spaccato d’altri tempi. È vero, molto è cambiato nel corso della storia, ma ancora oggi dinamiche micidiali e retrograde permangono vive e vegete in molti nuclei familiari.

Chi conosce la realtà della violenza in famiglia, che esplode in maniera incontrollata e spropositata per un nonnulla, per una pentola dimenticata sui fornelli che strabolle o si brucia, o per una parola indesiderata pronunciata inopportunamente con "troppa" libertà, sa che l’aria che vi si respira è un’aria infernale, dalla quale si vorrebbe solo fuggire e che spegne persino la voglia di vivere.


Eppure la Cortellesi, non ignorando certamente la realtà e non volendone per nulla sottovalutare la drammaticità, non è su questi aspetti che vuole soffermarsi. Tanto, tutti li conosciamo fin troppo bene! E forse sarebbe perfino superfluo calcare la mano su di essi, contrassegnando la pellicola di un’impronta di pesantezza, di drammaticità e di ineluttabilità.

Per questo li affronta scegliendo il registro della comicità e mascherandoli di poesia, sdrammatizzando l’indicibile in modo geniale, velando le scene di violenza con la leggerezza della danza, o relegandole dietro una porta chiusa, lasciando emergere invece qua e là, con sorpresa, umorismo e ironia, bagliori di vita, di serenità e di speranza in un domani migliore, che sostengono la difficile esistenza di Delia, al di fuori delle mura domestiche, divenute un lager di prigionia e di oppressione.


Mi sono sempre chiesta dove una donna possa trovare la forza per subire per tutta la vita, senza soccombere, questo genere di segregazione e di schiavitù, dove possa attingere le sue energie per non morire. E qui troviamo forse una risposta. Il cosiddetto “sesso debole” è una roccia che non si fa distruggere dal dolore, perché continua a cercare sempre un raggio di luce che le indichi il cammino, e perché è capace al momento opportuno di cogliere quell’attimo fuggente che possa restituirle la libertà e la vita.

L’obiettivo della Cortellesi infatti è proprio questo: gridare a tutte le donne di guardare al domani, di prendere in mano la loro vita, di alzare la testa con dignità, di aprire gli occhi per scorgere le prospettive di cambiamento e di riscatto che hanno davanti, per trasformare radicalmente la società, la sua cultura e la propria condizione umana.


È la donna infatti la protagonista del suo riscatto e della sua liberazione! Chi non reagisce di fronte alla violenza e ai maltrattamenti non potrà mai cambiare la sua esistenza e il suo futuro.

Il primo passo verso il cambiamento Delia lo compirà prendendo con coraggio un’iniziativa estrema per impedire alla figlia di fare la sua stessa fine. Ma poi il suo coraggio va oltre. Non è la sua liberazione personale che le sta più a cuore, ma quella collettiva. Non è solo al suo futuro che pensa ma a quello di tutte le donne e dell’intera società.


La storia non a caso è ambientata nella Roma del dopoguerra, tra le vie dello storico quartiere di Testaccio, una città “dipinta” cinematograficamente in bianco e nero, perché è solo così che riesce a vederla la regista proiettandosi nel passato, in un’epoca di grandi difficoltà economiche e di arretratezza culturale, messa bene in evidenza dai tanti quadretti di vita quotidiana che compongono il puzzle di quella società, accompagnati da una colonna sonora, con funzione simpaticamente didascalica, in cui si mescolano canzoni d’epoca a brani musicali più recenti.


Si è vicini tuttavia a una svolta epocale, un traguardo raggiunto dopo secoli di attesa che consentirà finalmente alle donne non solo di poter parlare, ma anche di poter “contare” qualcosa all’Interno della società, attraverso il diritto al voto che nel 1946 sarà loro per la prima volta riconosciuto.

Il messaggio che si impone con forza a conclusione del film è un monito rivolto a tutti, in un momento della storia del nostro Paese in cui non ci rendiamo più conto del valore di questo diritto conquistato a prezzo della vita, fondamentale per la democrazia, dato che si assottiglia sempre più la fetta di popolazione che se ne avvale con convinzione e senso di responsabilità.


La scena finale è spettacolare, monumentale, di una eloquenza abbagliante: le donne emancipate, unite e partecipi della vita sociale rappresentano un corpo solo, compatto e determinato, animato da una forza dirompente con cui i maschi dovranno fare i conti, non per sterile contrapposizione sessista, ma per giustizia ed eguaglianza sociale.

Nella storia degli ultimi decenni questo cambiamento radicale e importante si è realizzato concretamente, anche se al momento solo in parte.

Il maschio, che ancora oggi pretenderebbe di svolgere indisturbato il suo ruolo di conquistatore, di dominatore, di controllore, di prevaricatore violento, si vede suo malgrado ormai declassato e impotente quando si trova davanti una donna determinata, consapevole, motivata e ben inserita nel suo contesto sociale.

E questo in molti uomini genera una profonda crisi esistenzialeDovranno farsene comunque una ragione, ricostruendosi una nuova migliore identità, all’insegna della parità, dell’inclusione, della reciprocità, del rispetto, dell’apprezzamento delle qualità altrui.

Sarebbe sicuramente un guadagno per tutti!


Commenti

  1. Aspettavo il tuo commento. Ovviamente non ho potuto vedere il film, ma ho letto la critica e visto alcuni spezzoni su FB e mi sono fatta un'idea. In questo film c'è la lotta di tutte le donne, di ogni luogo e di ogni tempo. C'è il dolore e il riscatto della donna che a testa alta ha conquistato un po' ovunque i suoi spazi. C'è differenza di genere ma non gerarchia tra i generi, la donna non è inferiore a nessuno anche se il alcuni ambiti vige ancora estremamente forte il potere del maschio, dei maschi.
    In questo film ci sono anche le mie donne, quelle che se abbassano le mani cade il cielo, secondo un bellissimo detto popolare africano. Grazia Le Mura

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  2. Ho detto ai ragazzi di andare a vederlo e proposto di portare le classi. Ho trovato poetico tutto il film, ma in particolare per il fatto che ha saputo far emergere chi nella storia è stato da sempre soffocato nell'ombra. Senza retorica la regista: ha ripercorso una storia ancestrale, portando alla luce ciò che tutti conoscevamo perfettamente. Per questo il pubblico si riconosce in questo film. Daniela Latini

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    1. Hai fatto benissimo a invogliare i ragazzi. Un bel film fa bene alla vita, specialmente quando si è giovani e si è in tempo per formare al meglio la propria personalità… Grazie Daniela! Aurora

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  3. Anche io pensato che sia un film adatto ai ragazzi e per questo l’ho consigliato alla mia nipotina quattordicenne.Le ho detto perché :non stupire i tuoi amici, invece del solito pomeriggio passato insieme….davanti al cellulare, perché non proponi il cinema, e soprattutto questo film? Ci sta pensando…lo spero perché il film è bello, profondo ,impegnativo ma girato con tanta leggerezza e a tratti ironia. Non aggiungo altro perché Aurora ha spiegato benissimo. sandra

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  4. Devo confessare che sono un vecchio ammiratore di Paola Cortellesi, come attrice capace di far sorridere trasmettendo contenuti drammatici. Quando ho appreso del suo trionfo al festiival del cinema di Roma ho subito prenotano 4 poltrone al cinema e sono andato a vederla con figlie e nipote diciottenne.
    Tra noi c'è stato chi è uscita dal cinema con le lacrime agli occhi.
    Grazie Paola! Carlo Croce

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  5. Il film mi è piaciuto tantissimo, veramente godibile ed equilibrato, il tema, tosto, è stato affrontato con abile leggerezza. Aurora come sempre ha commentato e sviscerato l’argomento in modo del tutto condivisibile.
    Aggiungerei una piccola cosa: l’uomo oggi, pur con fatica, perché la sua natura è prevaricatrice, non saprebbe che farsene di una donna sottomessa, nel senso che non riuscirebbe ad innamorarsene, non la troverebbe attrattiva. Quindi forse a mio avviso ci stiamo avviando verso tempi migliori. Farò vedere il film a mio nipote tra 3-4 anni, ora ne ha 9 e mi sembra un po’ presto.
    Grazie Aurora, un abbraccio, Flavia De Giosa

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    1. Grazie Flavia del tuo commento. Spero che gli uomini siano davvero come dici tu… ☺️. Aurora

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    2. Cara Aurora, un momento, forse sono sembrata troppo ottimista. La mia personale opinione è che gli uomini, sempre, tendono a prevaricare, ma poi perdono interesse per le donne che glielo consentono. Grazie 😘 Flavia De Giosa

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  6. L'ho visto. Il mio giudiizio sulla storia è negativo. Mi è sembrato un manifesto di propaganda politica femminista estrema ... ambientata fuori tempo massimo. Nulla da dire sulla recitazione degli attori tutti e della Cortellesi. Direi però che si è fatta prendere la mano. Non dimentichiamo che lei, insieme alla Bongiorno si è già spesa più volte per attirare l'attenzione sulla violenza contro le donne in favore del Movimento femminista.
    Secondo me, oltre che le esagerazioni e le esasperazioni narrative, non si è individuato il vero obiettivo, nel senso che non è con l'esibizione della macelleria familiare che si combatte il problema, ma con la denuncia dell'inerzia dello Stato e della Magistratura e con la promozione dell'educazione degli individui in seno alla scuola.
    Lo Stato ha creato il delitto di femminicidio, ma non ha fatto nulla per proteggere le donne e per impedire che si verifichi il femminicidio.
    Questo doveva essere l'obiettivo. Anche perchè l'ambientazione ha puntato a magnificare la concessione del diritto di voto alle donne, ma la concessione del diritto non ha eliminato il problema della violenza familiare.

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    1. RISPOSTA TECNICA AL COMMENTO FIRMATO SANDRA.
      Non si preoccupi...
      Le teste delle persone per fortuna sono diverse l'una dall'altra. Io scrivo fatti, logica, diritto, Storia e da questi discendono le mie opinioni. Lo faccio da almeno 30 anni, conosco il mestiere e possiedo le qualità per farlo. Suonare il violino non è nella mia natura. Inoltre il mio commento è assolutamente apolitico. La mia è critica al film. Lei invece attacca me, giudicando ciò che ho scritto, ma io gli studi li ho completati ... e con eccellenti risultati. Perciò tra noi non ci può essere dialogo.

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  7. Signor Carmelo , posso solo dire che abbiamo visto due film assolutamente diversi.Sandra

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  8. Io ancora devo vedere il film. Ho visto solo il trailer, ho letto il blog di Aurora, la recensione di Famiglia Cristiana, mi sono fatto un' idea.
    È uno dei pochi film che ogni anno affollano l'offerta cinematografica che meritano veramente di essere visti e goduti.
    L' emancipazione femminile, la conquista del diritto al voto, le piccole conquiste ottenute ogni giorno con lotta e fatica.
    Per raggiungere quella parità che sarebbe già un diritto naturale, irrinunciabile.
    Quella parità di estro, fantasia, intuito che l'uomo invece non raggiungerà mai perché non ha ricevuto questi doni dal Creatore.
    Salvo Patane '

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