La vita davanti a sé


Silvio Orlando: un napoletano a Milano, domenica 22 ottobre, in una sala gremita di spettatori al Teatro Parenti, tra i quali, per un dono d’amicizia generoso e gratuito,  c’ero anch’io.

Con il suo fare apparentemente ingenuo e con la sua comicità gentile e leggera riesce a strappare sorrisi anche a chi è abituato, per cultura ed educazione, ad atteggiamenti compassati e ingessati.

La storia che racconta è appesantita da vicende di emarginazione e di pregiudizi, ma è interpretata con naturalezza e semplicità, scorrendo dolcemente di scena in scena fino al suo epilogo, macabro ma carico di tenerezza e di umanità, come un fiume in piena che, giunto in pianura, con calma e lentamente sfocia nel suo mare.

Dopo il suo intenso monologo in programma per la serata, con lo stesso fare ingenuo della recitazione, Silvio Orlando si avventura  in un’esibizione musicale nella quale dà prova delle sue abilità di musicista esperto in flauto traverso, unendosi ai quattro bravissimi strumentisti (anch’essi espressione di incontro e dialogo tra culture diverse) che lo accompagnano durante la rappresentazione teatrale, smorzando con le loro melodie forti e vibranti le diverse fasi impegnative della narrazione: Daniele Mutino alla fisarmonica, Roberto Napoletano alle percussioni, Luca Sbardella al clarinetto e sassofono, e il senegalese Kaw Sissoko che si esibisce con grande abilità e maestria suonando la kora e il djembe, tipici strumenti musicali africani.



Ma dopo aver stupito gli spettatori con il flauto traverso, Silvio Orlando non si ferma qui. Perché arriva perfino a fare rimbalzare davanti a quella platea, quasi come una sfida “culturale” in sintonia col suo spettacolo, le note musicali della tarantella, inconfondibile carta d’identità meridionale, riproponendo anche attraverso la musica quella mescolanza di culture diverse che sta al centro del suo monologo.


Il testo recitato è un adattamento dell’opera del 1975 di Roman Gary, scrittore sui generis, morto suicida cinque anni dopo la pubblicazione del romanzo.

“La vita davanti a sé” è il titolo del volume e della rappresentazione teatrale, una storia attualissima, per nulla datata, che parla di cura, di attenzione, di affetto, tra un’anziana donna ebrea, di origini polacche, che ha conosciuto sulla sua pelle il male assoluto, e un bambino musulmano, figlio di una prostituta, uccisa da chi l’aveva sfruttata e messa incinta.

Una storia quindi di “poveri”, di reietti, di esclusi, pervasa però da sentimenti forti e solidi, da affetti sinceri e duraturi, che travalicano gli schemi e gli standard mediocri e chiusi della nostra società perbenista e borghese.

Perché è una storia di protezione, di accoglienza, di dialogo, di inclusione, tutti valori oggi controcorrente, in un mondo che esclude, discrimina, rifiuta, si arma contro i “diversi” da sé per annientarli.

Sophia Loren aveva già magistralmente interpretato nel 2020 sul set cinematografico la stessa storia, vestendo i panni della donna ebrea, Madame Rosa, anziana ex prostituita dal cuore materno, che coltiva un legame profondo con un bambino sfortunato e solo, nato dall’egoismo e dallo sfruttamento, e privato per sempre della madre dalla mano omicida di chi avrebbe dovuto amarlo e crescerlo.


Nel monologo teatrale, interpretato per la terza stagione da Silvio Orlando, che ne ha curato anche la stesura e la regia, è invece il piccolo Momò al centro della storia, un bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa, al sesto piano di un palazzo senza ascensore dove si concentrano diverse forme di povertà e di emarginazione.

Lo spettatore vi viene introdotto e guidato passo dopo passo dalle sue stesse parole che svelano una realtà cruda e amara con la quale il bambino deve fare i conti per sopravvivere.

Il suo è un racconto tenero, ingenuo, commovente, a volte onirico, di chi, come solo i bambini sanno fare, vede materializzarsi i desideri che albergano nel profondo del suo cuore, e sogna a occhi aperti, anche quando nella realtà di quei sogni non esiste neppure l’ombra.

Tutti i bambini in quella casa ricevono di tanto in tanto una visita della loro mamma, tranne lui. E allora le inventa tutte per attirare su di sé l’attenzione e costringere gli eventi ad accorgersi della sua esistenza. 

E poi per strada i suoi occhi scrutano intorno a sé ogni millimetro di spazio alla ricerca del volto della madre, che vede ovunque e che si illude di poter riconoscere in una donna che le regala un uovo e una carezza, comprendendo però con tristezza alla fine che un uovo non sarà mai l’amore e il calore che solo una madre vera può dare.


E allora sarà Madame Rosa la donna a cui si legherà, la donna su cui riverserà il suo affetto e che coprirà di attenzioni anche da morta, facendo compagnia al suo corpo privo di vita, colorando di rosso il suo volto per renderla bella e cospargendola di profumo per attutire il cattivo odore che emana il suo cadavere.

Perché Momò non ha conosciuto altri che lei e il suo affetto, lei che l’ha saputo proteggere sempre da ogni pericolo, e che, con un arguto espediente, riesce a salvarlo anche dalle mani del padre omicida, che, uscito dal carcere, vorrebbe portarlo via con sé senza essere in grado di amarlo e di assicurargli un futuro.

Silvio Orlando lo conosciamo come attore cinematografico di grande prestigio, interprete di film di successo, apprezzati dal grande pubblico. 

Sul palco le sue doti artistiche vengono amplificate: ogni minima espressione del suo volto parla e comunica sentimenti, stati d’animo, brandelli di vita. Il suo modo di porsi e di interpretare il personaggio esprime intensità, candore, profondo sentimento.


È capace di diventare bambino, immedesimandosi in atteggiamenti, pensieri e fantasie propri dei bambini, regalando allo spettatore la percezione che i piccoli hanno della realtà, di cui raccontano aspetti drammatici, deplorevoli e talvolta anche grotteschi, ma sempre con semplicità, verità e trasparenza, qualità che gli adulti non conoscono, irretiti come sono in falsità, ambiguità e sotterfugi.

Il messaggio che lancia è diretto e inequivocabile, formulato alla fine di ogni spettacolo con qualche piccola variazione (ricordatevi di voler bene, ricordiamoci di voler bene, bisogna voler bene …) ma con lo stesso unico importante significato: un invito a mettere l’amore al primo posto, a nutrire sentimenti di benevolenza, a lasciarsi guidare dal bene che genera in ogni cuore disponibilità, attenzione, accoglienza, sempre e per tutti. 

Lo spettacolo, in scena al teatro Parenti di Milano per un intero mese, è in programmazione nei teatri di diverse città italiane.


Chi può non se lo perda! È una boccata d'ossigeno che stimola pensieri positivi in questo momento difficile della nostra triste storia contemporanea. L’attualità del tema infatti ci sorprende. Che vita abbiamo davanti a noi? In molti ce lo chiediamo ogni giorno. Oggi l’incontro tra popoli, l’integrazione tra culture e religioni diverse, rappresentano una sfida che mette a dura prova la convivenza di tutte le società, non solo di quelle occidentali, preoccupate di salvaguardare la loro identità, il loro benessere, i loro spazi. Il futuro stesso dell’umanità dipenderà dalla gestione di queste criticità.

Saremo capaci di lasciarci guidare dal messaggio conclusivo del romanzo di Gary, “bisogna voler bene”, che Silvio Orlando ha voluto amplificare portandolo sulla scena? Le sue parole sono chiare e lapidarie. Non si possono fraintendere. Purtroppo però vediamo il mondo andare per un’altra strada.

Commenti

  1. Ho visto il film con Sofia Loren su Netflix. Ho letto che è stato girato in Puglia.
    Racconta la storia di un amore materno in un condominio della periferia francese.
    Momo' , il protagonista, un ragazzo di 12 anni, adottato da Madame Rose, anziana ex prostituta ebrea reduce da Auschwitz, vive con altri figli di prostitute a lei affidati.
    Momo' e' l'unico a cui la madre non ha mai fatto ( o potuto fare) visite.
    E si interroga sull' amarezza della vita, sulla felicità e la tragedia della morte.
    Non ho visto il lavoro teatrale tratto dal libro in cui Silvio Orlando, da par suo, riesce a mettere in scena una disperata ricerca di amore, di legami, di significato.
    Spero di poterlo vedere prossimamente.
    " La vita davanti a sé" potrebbe essere una bella prospettiva se si annunciassero tempi di pace, di fraternità, di libertà.
    Purtroppo viviamo tempi in cui " La vita davanti a sé " sembra una minaccia incombente. Piena di guerre, trasformazioni climatiche, di tante problematiche del vivere quotidiano, che non promette nulla di buono.
    Speriamo nelle future generazioni, nel pianeta che si autodifende da tutti gli attacchi dell' incuria umana.
    E nel Dio creatore dell'universo !

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  2. Grazie Aurora.
    Hai descritto così bene che sembrava assistere in presenza allo spettacolo. Un messaggio attualissimo.
    Silvana Schifano.

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