Illusioni e realtà

 


Il tentativo con cui spesso combattiamo tutta la vita è voler cambiare le persone da come sono a come vorremmo che fossero, accettandole solo con riserva. Impresa ardua e direi impossibile.

Se volessimo infatti avventurarci in un’impresa titanica, dovremmo provare casomai a cambiare noi stessi e il nostro atteggiamento verso di loro, accettandoli per come sono, se ne siamo capaci, o decidendo di allontanarcene, quando la convivenza diventa impossibile e constatiamo una inconciliabilità di caratteri che non riusciamo più a gestire e che diventa fonte di malessere e di dolore per entrambi. In alcuni casi estremi, sarebbe questa forse la scelta più sensata e più onesta.


Esiste invece molta gente in questo mondo che si ostina a passare la vita con la convinzione, che io considero una vera e propria fissazione, che prima o poi l’altro si piegherà alle ripetute insistenze, abbandonando le “armi” con cui ha cercato in ogni modo di difendere la propria identità e il suo bisogno di esprimerla con assoluta autonomia e libertà.

Ci si riveste così di ruoli inappropriati e inopportuni, diventando educatori, psicologi, psichiatri, veggenti, direttori spirituali, consiglieri, crocerossine e persino maghi, cercando addirittura il supporto di chi questo mestiere lo esercita per professione, pagando per il suo “disturbo” lauti compensi.

Nel frattempo la relazione, già malata in sul nascere, arriva a un punto di non ritorno.


Molti femminicidi hanno anche in queste dinamiche la loro origine, così come molte storie travagliate, ingestibili, complicate, con risvolti di maltrattamenti, di umiliazioni, di mal sopportazione, di ricatti psicologici.

Sin dal sorgere di una nuova relazione, molti soggetti si accostano all’altro con fare ambiguo. Gli fanno credere cioè di amarlo, di apprezzarlo, di ammirarlo, ricorrendo anche ad adulazioni e a elogi gratificanti di ogni genere pur di “catturarlo”, irretirlo nelle trame della propria influenza e sottometterlo al proprio controllo e al proprio giudizio. 

In realtà l’altro è tenuto in ostaggio, “in osservazione”. Se ne scrutano dettagliatamente i comportamenti, se ne spiano le mosse, pronti a coglierlo in fallo per correggerlo, “raddrizzando” la sua personalità in base ai propri canoni, partendo dal presupposto che prima o poi si riuscirà a imporgli la propria volontà e le proprie aspettative, e si farà di lui o di lei quello che si vorrà.

Si cercherà quindi a tutti i costi di cambiarne il carattere, di fargli rinunciare ai suoi sogni, di fargli formulare nuovi progetti, e persino di redimerlo dai suoi eventuali difetti e vizi. 



Neanche Dio ha questo potere! Eppure tra gli umani sono in tanti a credere di esserne dotati e di poter “ricreare” l’altro “a propria immagine e somiglianza”. 

E, quando l’altro si accorge di questi sotterfugi e delle intenzioni ambigue su cui è stata costruita quella relazione, la delusione è immensa, la rabbia ancora più grande, e incontenibile il desiderio di fuggire da quella trappola insidiosa.

Possiamo prendere a esempio tante situazioni reali della quotidianità nelle quali queste dinamiche si attivano in contesti diversi ma con lo stesso cliché, dando luogo a relazioni mostruose, insostenibili e invivibili.

Può trattarsi di coppie che giungono persino al matrimonio ma vivono tra continui litigi e incomprensioni, aspettando che sia il partner a modificare i comportamenti che rendono impossibile la relazione.


Ma può trattarsi anche di amici o colleghi più o meno prossimi, dei quali non si sopportano più atteggiamenti e modi di fare risaputi e insostenibili, che vivono eternamente insoddisfatti gli uni degli altri, rinfacciandosi errori e offese reciproche, imponendo sempre le proprie vedute e litigando per qualsiasi sciocchezza.

Ma gli stessi meccanismi possono scattare anche in soggetti che fanno parte di uno stesso gruppo o comunità, anche di natura ecclesiale, dove albergano spesso contrapposizioni insanabili, critiche, insoddisfazioni, malumori, e dove fioccano i giudizi più severi e inappellabili. Molte parrocchie sono stabilmente focolai di lotte intestine che si perpetuano anche a ogni cambio di parroco, luoghi di rivalità, di conflitti, di accuse reciproche, mosse dalla pretesa che debbano essere sempre gli altri a dover cambiare.



Ci si avventura a volte persino in situazioni estreme e pericolose sentendosi degli eroi. Non si esita, ad esempio, a stabilire una relazione con chi fa uso di droghe, pensando: io lo salverò. Non si ha paura di accettare di vivere con una persona violenta, perché ci si ripete per farsi coraggio: io lo calmerò. Si sottovaluta il fatto che qualcuno che ci sta accanto sia particolarmente egocentrico e megalomane pensando: io lo ridimensionerò… E così all’infinito. 

Tra le giovanissime coppie in particolare è frequente imbattersi in veri e propri sognatori, poveri illusi malati di inguaribile ingenuità, che sono davvero convinti di poter fare miracoli, come se potessero modellare l’altro come un impasto di terracotta, imprimendogli la forma desiderata, e si condannano all’infelicità con le loro stesse mani, partendo sin dall’inizio già svantaggiati e sconfitti.

E questo gioco di negazione della verità e di illusioni che abbagliano e ingannano non è relativo solo ai difetti dell’altro che minano la convivenza e in molti casi anche l’incolumità delle persone, ma riguarda anche la sua identità, le caratteristiche innocue della sua personalità, il suo stile di vita, che in una relazione di amicizia, di amore, di collaborazione dovrebbero essere rispettati per quello che sono e non sopportati o addirittura passati al vaglio e condannati.


Altrimenti, perché si dovrebbe stare insieme? Sarebbe meglio andare ognuno per la propria strada piuttosto che fingere tutta la vita, convivendo da estranei, o da vittime sacrificali, flagellandosi quotidianamente come folli masochisti.

Non si può vivere infatti accanto all’altro eternamente incaponiti nel perseguire l’obiettivo di obbligarlo a essere come noi lo vogliamo, oppure insoddisfatti, col broncio, col malumore, nel più assoluto mutismo e nell’angoscia, perché ci accorgiamo dopo lungo tempo di non esserci riusciti.

La presunzione di poter cambiare la persona che ci sta accanto infatti non fa altro che creare e diffondere infelicità. È infelice chi ha questa pretesa, perché non vede i frutti del suo “lavoro”. Anzi spesso emergono solo peggioramenti, perché le caratteristiche peculiari di un soggetto col tempo non possono che acuirsi e incancrenirsi, e ogni altro aspetto, pur positivo e meritevole, diventa inesorabilmente invisibile, come se non esistesse.


È infelice anche chi viene irretito in questa trappola, perché non si sente mai accettato e accolto per quello che è, ma solo sopportato, percepito come un peso fastidioso, autore di colpe e responsabilità a volte solo immaginarie.

Purtroppo quasi mai si è in grado di fare un’analisi obiettiva della situazione e, con l’andare del tempo, si diventa vittime e carnefici allo stesso tempo, prigionieri di destini segnati da un immobilismo infernale.

Se ci fosse almeno la capacità di prendere le distanze da ciò che si vive, guardando le cose con obiettività, si coglierebbero più facilmente le assurdità e forse sarebbe possibile persino cancellarle.

Ci vuole coraggio, sicuramente. Perché ogni ammissione di fallimento, di errore, di insoddisfazione comporta un travaglio interiore e poi è richiesto un salto nel buio per superare il passato lasciandoselo alle spalle e intraprendendo un nuovo cammino, evitando che quel rapporto si trasformi in uno stillicidio, in un tormento, in un lento morire e spegnersi di ogni barlume di luce e di speranza.



Commenti

  1. " Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso ".(L. Tolstoi)
    Cambiare se stessi è l'operazione più difficile che esiste.
    Anche se ci accorgiamo dei nostri difetti , siamo sempre indulgenti. Ci autoassolviamo. Vediamo più facilmente " le pagliuzze " negli occhi dei nostri fratelli che " le travi" dentro i nostri occhi!
    " Con la stessa misura con cui giudicate, sarete giudicati ".
    Conviene essere di manica larga con gli altri di cui spesso notiamo solo i difetti e invece essere più esigenti nei confronti di noi stessi.
    È uno dei tanti insegnamenti che riceviamo durante la nostra vita!
    Salvo Patane '

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  2. Ciao Aurora,
    l'argomento che ci proponi oggi non riguarda i "massimi sistemi" quanto piuttosto la nostra vita quotidiana. Credo si tratti di un comportamento insito nel modus vivendi comune. Penso che nessuno sia totalmente privo di questa tendenza nel tentare di "correggere" i propri conviventi, rispetto alle loro naturali inclinazioni.
    Anche come genitori si fatica ad accettare il carattere dei figli se non coincide con le attese.
    Questo comportamento però assume lineamenti patologici se non riusciamo ad accettare la diversità come valore e non come grave difetto da correggere. Carlo Croce

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  3. Quanto è vero quello che hai scritto! Purtroppo è il fondamento dei rapporti quotidiani di tanti di noi. Le illusioni sull'altro che portano a cocenti delusioni se non a tragedie.

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  4. Grazie per il tuo nuovo post, Aurora! Certamente l'illusione di essere in grado di cambiare le persone, soprattutto quelle che amiamo, è causa di indicibili danni e sofferenze nelle relazioni. Nessuno può cambiare se non decide, in coscienza, di farlo; gli altri possono indicare una direzione, ma la motivazione e la decisione sono assolutamente personali, spesso frutto di un faticoso processo interiore. Maria Cristina Scorrano

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  5. Ho sempre creduto di essere in condizione di potere e volere cambiare gli altri, soprattutto mia moglie, partendo da una posizione egocentrica, convinto di possedere la verità. Per fortuna la vita mi ha portato a dilatare gli orizzonti, ho fatto un grande lavoro su me stesso, cercando di capire di più come siamo fatti, quali sono i nostri lati scuri, e quali i punti luce.Ho capito che ho il potere di cambiare solo me stesso. Il lavoro è lungo e difficile, accolgo con più misericordia, non giudico, cerco di capire le ragioni, sono più disponibile al dialogo, sto trovando un’armonia nelle relazioni mai provata.La cosa più bella è che sono più gioioso, più sereno, ho smesso di pretendete, cerco di portare un po’ di armonia e un po’ di pace anche dove è difficile. È molto bello, partendo dalle proprie fragilità, accettare ed amare le persone così come sono, senza moralismi o sensi di colpa. Alcune parole illuminano il mio cammino abbandon, resa, accoglienza. Grazie Aurora. Mirio

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