Sessualità malata


Le notizie di stupro che continuamente campeggiano sui quotidiani ci hanno stancato! Non è possibile più sopportarle. Le ultime, che hanno interessato per mano di veri e propri criminali due bambine di 10 e 12 anni a Caivano, uno dei comuni più degradati della cintura napoletana e covo della camorra, hanno superato ogni limite. Sembrano fotogrammi stralciati da un film dell’orrore. 

È uno stillicidio insistente e ininterrotto. Più che a una crescita in civiltà, assistiamo a una regressione progressiva della nostra cultura, deturpata da comportamenti primitivi e brutali impensabili.

Forse non abbiamo ancora capito che la nostra è una società gravemente malata, e che per di più non vuole curarsi.

Perché la patologia di una sessualità distorta e aggressiva non è un male incurabile. È un comportamento maniacale inaccettabile che purtroppo spesso si sottovaluta e che si arriva perfino a giustificare, senza prendere alcuna misura per arginarla e correggerla.
       

All’origine non ci sono solo maschi sessualmente anormali e compulsivi, ma una collettività complice, che si attarda su ogni notizia di violenza con una curiosità morbosa, ma che sembra poi addormentarsi fino a quando un nuovo evento, ogni volta sempre più estremo ed efferato, non torni a risvegliarla.

La maggior parte della gente, nonostante a ogni nuovo abuso si indigni incredula, è tuttavia nei fatti e nella quotidianità scandalosamente assente, latitante, distratta, indifferente, inadempiente.

Gli adolescenti sono abbandonati a se stessi. Di educazione alla sessualità non ne parla nessuno. È una patata bollente che non viene neppure sfiorata. Tutti hanno paura di affrontare il problema, scuola e famiglia in primo piano.


Chi colma questo vuoto che diventa sempre più un abisso senza fondo? 

I giornali e i siti pornografici, “alimenti” abituali che inquinano e avvelenano l’anima, troppo sottovalutati ma deleteri, la fanno da padroni nel cuore e nella mente di ragazzi dalla vita vuota, superficiale, senza stimoli e passioni, tranne quelle, mai soddisfatte, suscitate da istinti aggressivi e distruttivi. 

Droga, alcol, svilimento delle regole, cancellazione di ogni limite completano il cocktail che inebria quotidianamente la loro mente per vincere la noia o la paura, per fare sfoggio della loro tracotanza, per gareggiare con i pari del branco e dimostrare di essere i più forti.

Nient’altro attorno a loro che abbia la capacità di conquistarli afferrando il loro interesse ed educando i loro sentimenti, perché riescano a dare equilibrio alle loro pulsioni sempre al massimo, al loro bisogno di esperienze estreme, che li spinge ad andare ogni volta più oltre.

Milano, Firenze, Roma, Palermo, Caivano, non fanno differenza. Non importa se si viva al nord, al centro o al sud. Non importa se si abiti in una metropoli o in un piccolo centro periferico e dimenticato. Non importa se si viva in un contesto di legalità o di criminalità. Può esserci un’aggravante, ma nessun ambiente sembra essere esente.


Adolescenti e giovani demotivati, annoiati, prepotenti, impulsivi, paurosamente aggressivi e insensibili, sono ovunque, in ogni angolo, e in fatto di violenza e di fragilità si equivalgono, qualunque sia la loro provenienza, qualunque sia la loro classe sociale, qualunque sia il budget economico di cui dispongono.

Alle spalle hanno spesso famiglie scombinate, di separati, divorziati o conviventi instabili; di genitori assenti, distratti, o troppo permissivi, o “alla pari”, adolescenti come i loro stessi figli, incapaci di educare, che non sanno dialogare, che non sanno amare, che non sono di alcun esempio, e che compensano la loro inadeguatezza con la loro complicità o con laute elargizioni in denaro o oggetti costosi.


Il massimo della loro presenza è assicurarsi che i loro figli, quando escono di casa, abbiano in tasca almeno un preservativo. Il resto preferiscono ignorarlo.

In questo panorama così insidioso e ambiguo, le adolescenti, spesso soltanto poco più che bambine, sono le più fragili e le più vulnerabili. Date in pasto giorno dopo giorno alla guida strampalata dell’influencer di turno che viene ascoltata e seguita ciecamente come un oracolo, senza la minima capacità critica.

Ne imitano gusti, idee, comportamenti, pose, fino al punto di svendersi sul web, con preoccupante ingenuità, con foto provocanti al limite del porno, con orgoglioso e soddisfatto compiacimento, ignare dei pericoli e dei rischi a cui vanno incontro, incapaci di difendersi e di proteggersi da ricatti e minacce, vittime di una solitudine incolmabile, supportata spesso dall’unica insignificante presenza di coetanee altrettanto sprovvedute e sole, quando non addirittura rivali o complici dei loro aguzzini.

Elisa Maino, 15 anni, influencer seguitissima su tutti i social

Prima dei numeri e delle statistiche, sono i volti e le storie di queste ragazze e dei loro aguzzini che dovrebbero inquietarci e chiamarci in causa. Volti e storie che potrebbero allungare l'elenco dei femminicidi, perché anche queste donne, più o meno giovani, vengono in qualche modo violentemente uccise da questi eventi.

Uno, cento o mille di questi casi, sono sempre ogni volta una tragedia che non dovrebbe farci dormire la notte, oltre che una sconfitta irreparabile per la società tutta intera.

Molto spesso tutti abbiamo a che fare, direttamente o indirettamente, con qualcuna di queste storie. O al lavoro, o in famiglia, o nel vicinato, o nella parentela, perfino nelle parrocchie ci si imbatte in situazioni a rischio di cui purtroppo nessuno si occupa.


In nome del rispetto della privacy o di una fantomatica ampiezza di vedute non soggetta a giudizi moralistici, o a causa di un certo buonismo, si minimizza, si sottovaluta, si ignora, ci si gira dall’altra parte, e si rimane inchiodati davanti al fatto compiuto quando ormai è troppo tardi.

Senza una unione delle sensibilità e delle risorse, sarà difficile far fronte al problema. Serve collaborazione e sinergia soprattutto tra scuola e famiglia che da anni ormai sembrano schierate su due fronti opposti per combattersi come nemici, piuttosto che stare dalla stessa parte aiutandosi a vicenda e condividendo uno stesso progetto educativo che possa accompagnare i ragazzi nella crescita, fino al raggiungimento della piena maturità.


Mi chiedo anche quale contributo diano il cinema e la televisione in questo percorso educativo. L’impressione è che la sessualità sia presentata come una banalità, un riempitivo sempre a portata di mano, un prodotto tra gli altri da consumare col primo che capita, di cui non si conosce nulla, neppure il nome. 

Tutto ciò non fa che alimentare, nei soggetti più giovani e immaturi, modelli e comportamenti di vita che invitano a svendere la propria persona e il proprio corpo, o a non saper decodificare le avance di persone inaffidabili e i tranelli insidiosi in cui si viene irretiti, e si arriva perfino all'assurdo di rivendicare come un diritto il poter abusare dell’altro a proprio piacimento.

E poi la politica e le amministrazioni locali, specie nelle zone più periferiche, cosa ci stanno a fare? Dovrebbero assicurare a tutti l’accesso allo sport, alla musica, al teatro, al cinema, alla lettura, ad ogni espressione culturale che sia capace di appassionare i giovani e riempire il loro cuore, consentendo a tutti di gustare il bello della vita, di sperimentare cosa significhi soddisfazione, gioia e pienezza per aver raggiunto un traguardo ambizioso con le proprie capacità e il proprio sacrificio.


E ancora, poniamoci una buona volta il problema di educare gli adolescenti all’affettività e alla sessualità. Non all’uso dei contraccettivi, come purtroppo si è ridotta a fare da anni la scuola, impoverendo di prospettive e di profondità di significato un percorso fondamentale per la formazione della persona.

Senza voler banalizzare, basterebbe dare in mano agli adolescenti un buon libro, come il bellissimo e mai superato volume del famoso sociologo Francesco Alberoni, scomparso proprio in questi giorni, dal titolo “Innamoramento e amore”, per innescare in loro pensieri e sentimenti più alti e più profondi e aiutarli a scoprire dentro se stessi aspirazioni più nobili e più degne della loro umanità.


Casualmente ho scoperto nei giorni scorsi che proprio il 4 settembre è la Giornata internazionale del benessere sessuale celebrata a partire dal 2010 allo scopo di promuovere il rispetto per questa dimensione fondamentale della persona.

Benessere sessuale non vuol dire soltanto prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili, ma significa anche rispetto reciproco nelle relazioni sessuali e protezione assoluta da ogni tipo di violenza sessuale, coercizione o discriminazione.

Se le giornate internazionali servono a qualcosa e non sono soltanto formali ricorrenze, ci auguriamo che anche questa possa portare un suo concreto contributo potenziando la riflessione ormai inderogabile su questo tema, e ogni soggetto sociale possa farsene carico sinergicamente, ciascuno per la sua parte.


Commenti

  1. Ancora una volta, cara Aurora, hai messo il dito su un nervo scoperto della nostra società.
    In passato questi eventi di violenza sessuale perpetrata fuori e dentro molte famiglie passavano inosservate e spesso non venivano neanche denunciate per vergogna e per paura delle possibili ritorsioni.
    Non è quindi possibile risalire alle statistiche di tali eventi. Tuttavia credo che un subdolo incoraggiamento a questa "moda" del super uomo, del "maschio alfa" sia da collegare ai modelli proposti da certi canali televisivi che, per puro interesse economico, usano il corpo femminile come specchietto per le allodole.
    Penso che ciascuno di noi possa contrastare questo modo di fare televisione evitando sistematicamente di accedere a quei canali televisivi che ne fanno uso! Minore sarà la odiens, minori saranno gli incassi per la pubblicità e forse minore sarà la loro influenza su questo tipo di reati. Carlo Croce

    RispondiElimina
  2. Cara Aurora hai fatto un'analisi molto precisa, la terapia secondo me è mettere mano, urgentemente, ad una alleanza educativa tra famiglia (così com'è!) scuola, parrocchia e istituzioni civili assistenti sociali e forze dell'ordine seduti attorno ad un tavolo. Giuseppe Raciti

    RispondiElimina
  3. Aurora condivido la tua analisi puntuale e molto approfondita.I giovanissimi sono troppo spesso lasciati a loro stessi.Dici molto bene servirebbe una educazione ai sentimenti oltre che quella sensuale.Ma alla prima dovrebbero essere instradati per primi molti genitori,che molto spesso non sono all'altezza del ruolo delicatissimo che dovrebbero ricoprire. Sandra

    RispondiElimina
  4. Aurora cosa aggiungere a quanto hai magistralmente scritto? Poche considerazioni che possono fare da corollario. Come sai ho cresciuto da separata due figlie femmine,con un padre del tutto assente. Ho cercato in ogni modo di essere da esempio con comportamenti coerenti e soprattutto genitoriali. Non è stato facile per niente, perché soprattutto una scappava da tutte le parti in cerca di quella libertà che pensava potesse essere la cura al suo malessere interiore. Non ci sono pozioni magiche per risolvere il problema, che secondo me è prevalentemente familiare. La famiglia deve esserci, vigilare, consigliare e se è il caso imporsi con autorità. Non perdonare o scusare o peggio coprire chi compie atti di violenza. La scuola dopo. La società è fatta da famiglie, da nuclei di persone, non è un nome. La società siamo noi, ma se in famiglia si è abituati alla violenza e alla depravazione, sarà impossibile educare i figli al rispetto, di se stessi e degli altri. Francesca Morgia

    RispondiElimina
  5. Carissima Aurora, il tema di questo post è drammatico, la tua analisi, come sempre, precisa e puntuale. Proprio ieri ne parlavo con una collega. Ci auguravamo che il milione di euro stanziato per i progetti scolastici nel Sud sia effettivamente speso per costruire nuove scuole, potenziare il personale scolastico, garantire l'apertura pomeridiana degli istituti scolastici incentivando progetti di aggregazione per i ragazzi ( teatro, scrittura creativa, sport, danza, studio assistito...) , spazi di socializzazione ( biblioteche, palestre...). Dobbiamo rispondere come educatori e come società al malessere profondo dei ragazzi, alle loro richieste disperate di attenzione e riconoscimento. Don Puglisi a Brancaccio ha costruito il Centro "Padre nostro" per dare ai ragazzi uno spazio alternativo alla violenza della mafia e all ' abbandono scolastico. Grazie , Aurora, per le tue riflessioni. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

    RispondiElimina
  6. Quando, alcuni anni fa, in una scuola media sita in un quartiere difficile di Catania, ho tentato, come insegnante di religione, di proporre a una terza alcune lezioni sul significato della sessualità secondo la morale cristiana (argomento tra l'altro previsto nel programma di religione per le classi terze), sono stato convocato dal dirigente scolastico di allora perchè alcuni genitori, protestando, hanno chiesto che questi argomenti non riguardano la religione: "Il prof. Vitellino faccia religione e non tratti questi argomenti con i nostri figli!". Nella stessa scuola mi feci promotore di un progetto di educazione alla vita affettiva da proporre ai genitori in orario extrascolastico. Puntualmente, il progetto è stato accantonato per dare spazio ad "altri" progetti. Questa purtoppo è la mentalità contro cui si scontrano tutti quelli che hanno la seria intenzione di educare le nuove generazioni a una vita affettiva e sessuale "sana". Che Dio ci aiuti e ci indichi le strade da intraprendere!

    RispondiElimina
  7. Aurora cara hai scritto una riflessione straordinaria. Dentro c'è tutto il male di una società narcotizzata in cui i genitori giocano a fare gli amici dei figli che,quindi non hanno esempi.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Riciclo solidale

Tre anni fa

Solo canzonette?