Nel cuore dell'Asia

 

Tra i connotati che caratterizzano questo Papa, c’è sicuramente il suo sorriso e la sua spontaneità che lo rendono amabile alle persone semplici. 

I dotti, invece, e i professoroni si sentono disturbati e sono indispettiti proprio da queste sue qualità che lo “declasserebbero” a un livello troppo popolare, non adatto al suo ruolo di “Monarca” dello Stato pontificio e di “Vicario” di Cristo.

E i viaggi impegnativi e faticosi, che intraprende alla veneranda età di quasi 87 anni e che ci lasciano sorpresi e sbalorditi, sono proprio una dimostrazione della sua trasparenza d'animo e della sua semplicità di cuore.

L’ultimo suo viaggio poi ci ha lasciato interdetti e senza parole! Nonostante i suoi acciacchi invalidanti e le serie difficoltà di deambulazione, non ha esitato a raggiungere l’altra parte del mondo, spingendosi fino al cuore del continente asiatico, nel “piccolo” Stato della Mongolia, che lambisce con i suoi confini i due colossi della politica dell’Est, Russia e Cina, la cui alleanza tanto preoccupa oggi l’Occidente e gli Stati Uniti d’America.


Se i grandi della terra non sono disposti ad ascoltarlo, lui si rivolge proprio ai piccoli, ai meno potenti e poco considerati, e tesse con loro un dialogo fraterno ma autorevole, seguendo la logica del piccolo seme che, nascosto sotto la zolla, comunque porterà frutto.

E così, mentre i potenti “giocano” a fare la guerra, scambiandosi sguardi glaciali e arcigni, lui se ne va in giro per il mondo a tessere fili di dialogo e di pace, stringendo le mani a tutti e annodando sempre nuove relazioni, all’insegna della speranza.

Perché il suo ultimo viaggio in Mongolia ci ha tanto sorpreso? Probabilmente perché questo è uno dei Paesi più dimenticati del mondo, di cui nessuno  si occupa, e dunque non avremmo immaginato di poter vedere scritto il suo nome, in primo piano, nell’agenda di un Papa.

È una terra grande cinque volte l’Italia, ma ricoperta di steppe e di montagne, e attraversata dal deserto del Gobi, il più grande deserto freddo del mondo, con sbalzi di temperatura dai 40 ai -40 gradi.




Il suo è un governo democratico, anche se fragile, a causa di una vita sociale ed economica segnata da numerose criticità.

Per le caratteristiche fisiche del suo territorio, la sua popolazione è così esigua da non raggiungere neppure i tre milioni e mezzo di abitanti ed è concentrata per circa il 50% nella capitale Ulan Bator.

La chiesa cattolica è una chiesa giovanissima, di appena 31 anni di vita, sorta negli anni 90 del secolo scorso, sebbene i suoi primi semi siano stati sparsi sin dal primo millennio.


Essa è presente attraverso uno sparuto gruppo di cattolici, poco più di 1300 battezzati, sparsi nelle 9 parrocchie del territorio, animate da 25 preti, in dialogo con le diverse culture e religioni del Paese e impegnata in modo particolare in attività di promozione umana e sociale.

Eppure lo sguardo e l’attenzione di Papa Francesco si sono fermati esattamente qua, a dispetto dei grandi numeri che potrebbero rivendicare una sorta di diritto di precedenza.

Il primo gesto di attenzione per questa terra e per questa “invisibile” comunità cristiana l’abbiamo colto già lo scorso anno, nella decisione di affidare la porpora cardinalizia a un esponente di questa piccola chiesa, Giorgio Marengo, missionario della Consolata, all’età di soli 48 anni, il più giovane dei Cardinali della chiesa cattolica, una persona semplice e solare accomunata a Papa Francesco dallo stesso sorriso.



E poi che grande dono la decisione di intraprendere questo viaggio che, pur nella sua brevità, ha dato coraggio e nuovo slancio missionario a questa piccola chiesa, sperduta in mezzo ad altre culture e religioni dominanti come il buddhismo tibetano e lo sciamanesimo, ma in un contesto di tolleranza e di libertà religiosa.

Due i gesti più eloquenti, che comunicano più delle parole, compiuti nel corso della visita da Francesco.

Il primo, l’incontro con una povera donna che ha accolto nella sua casa, prima ancora di diventare cristiana, la statua di una Madonna “Immacolata” trovata in una discarica, in mezzo alla spazzatura, (“mi è piaciuto tanto scoprirlo” ha commentato Papa Francesco in proposito!) donata poi alla Cattedrale di Ulan Bator e “battezzata” dallo stesso Francesco col titolo significativo e unico di Madre del cielo, perché Maria “nella sua piccolezza è più vasta del cielo, perché ha ospitato Colui che ‘i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere’ 1Re 8,27”); un incontro che si è svolto proprio nell’umile casa della donna, com’è solito fare Papa Francesco, in un clima di familiarità, di essenzialità e di gioia.



Il secondo gesto eloquente è stato l’inaugurazione della “Casa della misericordia” per l’accoglienza dei più poveri, che gli ha offerto l’occasione per ribadire ancora una volta la gratuità del servizio della chiesa, che non esercita la carità come se gestisse un’impresa, per ricavarne dei guadagni, ma si rende disponibile ai più fragili e ai diseredati disinteressatamente, con compassione e nell’ascolto dei loro più profondi bisogni umani, a partire dalla contemplazione del volto di Cristo, in silenzio adorante.


Nel discorso rivolto agli operatori pastorali laici, ai preti e ai religiosi, il primo giorno della sua visita, sono sintetizzati i temi centrali del magistero di Papa Francesco, in ordine alla missione della chiesa, che deve essere:

“sussurrata” al cuore dell’uomo, non gridata e imposta; 

vissuta non da “persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti” ma da cristiani capaci di andare alla “fonte”, di adorare Cristo in silenzio, di gustare la sua presenza; 

finalizzata non a un’azione politica in concorrenza con i governi ma alla costruzione di una fraternità evangelica, fondata sulla fede disarmata e disarmante, che allevia le sofferenze dell’umanità ferita, che “non tace di fronte alle ingiustizie e con mitezza si impegna a promuovere la dignità di ogni essere umano”; 

promotrice di comunità povere che non cercano il potere, neppure quello economico, ma che vogliono portare a tutti misericordia e verità con la forza della grazia di Dio; 

testimone di umiltà e di piccolezza, non avida di successo, di vistosi risultati, di numeri imponenti e di primi posti.

Partendo da Fiumicino, Papa Francesco diceva ai giornalisti che la Mongolia è un Paese da conoscere, più che con la mente, con i sensi


Probabilmente si portava già nel cuore le parole del Salmo 34 che ha voluto affidare alla fine del suo soggiorno alla chiesa del luogo, come consolazione e forza per andare avanti nella sua missione: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (v. 9).

Ed è proprio quello che ha fatto lui stesso per primo in questo viaggio, che ha vissuto impegnando, oltre al suo cuore e alla sua mente, tutti i suoi sensi, pronto non solo  a toccare, ad ascoltare, ad odorare questa porzione del suo gregge, ma anche a “gustare e vedere” negli occhi, nei volti, nell’accoglienza, nelle opere di questa gente, la bontà infinita di Dio, che opera meraviglie straordinarie attraverso la piccolezza dell’uomo che si rende disponibile alla sua chiamata e alla sua azione.

Che lezione nelle sue forti parole per le nostre tristi e logore chiese! Parole troppo spesso incomprese e inascoltate…


Commenti

  1. Aurora cara,ho letto il tuo post.Sono un pò disincantata,ma la speranza è che veramente Papa Francesco,dia un contributo valido ed importante alla chiesa e a noi cristiani.Troppa povertà,troppa cattiveria,troppo disordine morale.Spero..fortemente spero..in una rinascita! Francesca Morgia

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  2. "Sussurrare" la missione della chiesa richiede l'umiltà del cuore e la certezza che il Vangelo di Gesù è Amore e Servizio e non potere e supremazia.
    La piccola e forte chiesa della Mongolia, come le chiese in minoranza in Paesi a maggioranza di altra religione, è più evangelica perché "piccola", "povera" e "dispersa". E queste sono le caratteristiche del Regno.
    Costruire la pace tessendo relazioni di reciprocità e avviando processi di tenerezza. La strada è tortuosa, perché tanti sono i bastoni messi tra le ruote da chi non vuole rinunciare al "potere" del ruolo.
    Francesco è maestro di "piccolezza", di umiltà e di tenerezza, per questo è capace di parlare al cuore dei semplici.
    Grazia

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  3. La Chiesa della Mongolia è il seme di senape della parabola .
    Diventerà con l'aiuto del Signore un grande albero.
    Sarà un esempio da imitare per le chiese dell'occidente, ricche di orpelli e di antagonismi , ma povere di slancio vocazionale.
    Papà Francesco è una sorgente inesauribile di evangelizzazione per tutti a prescindere dal credo religioso.
    Ci precede, ci indica la "strada" .
    È un salutare bagno di umiltà e di concretezza.
    Ascoltiamolo!
    Salvo Patane '

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  4. Da subito Papa Francesco ci ha chiesto di pregare per lui, ben sapendo che il suo mandato avrebbe incontrato non poche difficoltà, nonostante le quali, rimane un faro sicuro, capace di guidare il travagliato percorso della Chiesa. Carlo Croce

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  5. Bell'articolo su una bella testimonianza data da Francesco che la Chiesa non si basa sui numeri. Giuseppe Savagnone

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  6. Bellissimo report sul viaggio in Mongolia di Papa Francesco! Complimenti Aurora! Dalle tue parole si percepisce tutto l'affetto e la sintonia con il magistero di Francesco! Un vero pellegrino di pace . Mi piace ricordare ancora una sua invocazione : " Voglia il cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, ossia l'assenza di conflitti."( Papa Francesco, discorso dal palazzo di Stato della Mongolia). Grazie Aurora. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

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