Perché solo uomini?

 

Nata per “sbaglio” nel 1902, da una ragazza madre abbandonata al suo destino dalla famiglia.

Affidata alle suore come un errore scandaloso da nascondere e di cui vergognarsi, obbedendo a una prassi che, a seconda dei contesti, si protrae inalterata fino a oggi.

Data illegalmente in adozione a una coppia anaffettiva, mentre la giovane madre, che non riesce a ritrovarla, muore di crepacuore

Privata del suo nome, insieme alle sue origini e alla sua identità. 

Sradicata dalla sua terra e catapultata in un continente che le farà perdere ogni traccia del suo passato. 

Ci sono tutti gli ingredienti per una vita fallimentare e per una esistenza buia, anonima e infelice.


E invece no! Da tanto dolore, ingiustizia e abbandono si erge una personalità forte e determinata, che non si fa schiacciare dal male, che non si ferma davanti agli ostacoli, che combatte con ogni mezzo legittimo per raggiungere i suoi obiettivi.

La molla della sua battaglia sarà la sua spiccata e indiscutibile vocazione per la musica inscritta nel suo DNA. 

Una semplice coincidenza, dunque, quella di iniziare a suonare il pianoforte all'età di 10 anni, su suggerimento del medico per superare l'onicofagia, il vizio irrefrenabile cioè di mangiarsi le unghie, sicuramente come compensazione di quel baratro affettivo che cresceva sempre più profondamente nel suo cuore, stando a contatto con l’inadeguatezza dei genitori adottivi. 

Al di là dell'efficace espediente, in lei in effetti c'era ben altro. Ma lo scoprirà solo crescendo.

Verrà a sapere da adolescente che non è Wilhelmina Wolthuis il suo vero nome ma Antonia Brico, e scoprirà contemporaneamente le sue origini e l’identità dei suoi genitori.

Rotterdam, nei Paesi Bassi, è la sua città natale, che lascerà ad appena 5 anni a causa del trasferimento della famiglia adottiva in California.

Rotterdam, immagine d'epoca

La sua vera madre, olandese, si chiamava anch’essa Antonia e il padre era Johannes Brico, un pianista italiano che aveva abbandonato madre e figlia dopo averla concepita.

La scoperta delle sue origini porterà Antonia a distaccarsi dalla famiglia adottiva e a dedicarsi al lavoro, suonando la sera nei locali per potersi mantenere e poter continuare gli studi a cui teneva molto. 

Studierà Arti liberali presso l’Università Berkeley in California dove diventa assistente di Paul Steindorf, direttore dell’opera di San Francisco, e continuerà lo studio del pianoforte con Sigismond Stojowski, pianista e compositore di origini polacche di grande prestigio.

A soli 17 anni, dunque, era già diplomata e allo stesso tempo abile pianista. Decide così di trasferirsi a New York, dove avrebbe potuto meglio coltivare il suo rapporto col mondo della musica che ormai considera il suo habitat naturale.

Antonia Brico a 17 anni

Questa passione si rivela per Antonia una vera e propria vocazione dai connotati inequivocabili, perché essa non sentirà semplicemente il bisogno di suonare uno strumento musicale, ma percepirà con grande chiarezza sin dall’inizio l’attrazione irrefrenabile per la direzione dell’intera orchestra, un pensiero che si materializzerà con insistenza nella sua mente dopo avere assistito a un concerto diretto da Paul Steindorff.

Così spiegava questa sua inclinazione naturale: “Per me l’orchestra è il più grande degli strumenti. Per un musicista significa quello che per un pittore è la tavolozza”.

Nessuno tuttavia la prenderà sul serio e subirà diverse vessazioni, manifestazioni di dissenso e di ostracismo, che la umiliano e la ridicolizzano. 

Ma lei va avanti imperterrita. Chissà che non sia stata, insieme alla vocazione musicale, anche questa indomita determinazione inscritta nel suo DNA per metà italiano, l’una e l’altra lasciatele in eredità (almeno queste!) da un padre irresponsabile.

Ad appena 24 anni lascia l’America per recarsi in Europa, rinunciando con sofferenza, per inseguire questo suo sogno, anche all’amore che aveva coltivato per anni nei confronti di un giovane dell’alta società che promuoveva con la sua famiglia l’esecuzione della musica sinfonica nei teatri e nei salotti dell’epoca.


Ad Amburgo, in Germania, grazie alla sua invincibile caparbietà, riuscirà a conquistare la fiducia del grande musicista Karl Muck, direttore dell’orchestra Filarmonica della città, e a divenire sua allieva: una tappa questa che diventerà fondamentale per la sua formazione e la sua affermazione professionale. 

Rimarrà al suo fianco per ben 4 anni: un vero assoluto privilegio, dal momento che Muck non ha mai accettato nella sua vita di farsi carico di nessun altro allievo.

Si iscriverà successivamente all’Università delle Arti di Berlino dove conseguirà il titolo di direttrice d’orchestra, debuttando nel 1930 alla Filarmonica della città, riscuotendo un grandissimo successo, sottolineato anche da tutti i principali quotidiani che ne lodavano le capacità e la insuperabile efficienza, una dote questa che le consentiva di far suonare divinamente l’orchestra dopo solo tre prove.

L’esibizione di Berlino e l’apprezzamento di grandi compositori e direttori come Sibelius, determinano il dilagare del suo successo e le aprono la strada verso la possibilità di dirigere le più grandi orchestre del mondo.

Antonia sarà la prima donna ad affermarsi a livello internazionale come direttore d’orchestra sinfonica, imponendosi per le sue doti musicali uniche e straordinarie, in un contesto maschilista assolutamente impenetrabile e ostile. 


Come tante altre donne nella storia in ogni campo professionale, essa dovrà superare difficoltà insormontabili per vedere riconosciuti i suoi diritti e i suoi meriti e potersi collocare nel panorama culturale e lavorativo della società del suo tempo.

Essa tuttavia non riceverà mai un incarico stabile. Al contrario, crescerà progressivamente nei suoi confronti un clima di ostracismo e di isolamento a causa dei diffusi pregiudizi sulle capacità delle donne di dirigere un’orchestra.

Quando rientrerà a New York, pertanto, sarà penoso il tipo di accoglienza che le verrà riservato, fino al punto che il baritono solista John Charles Thomas, boicotta il concerto al Metropolitan Opera House di New York, dichiarando apertamente che non avrebbe mai accettato di farsi dirigere da una donna e troncando così di colpo l’esecuzione dell’opera e la carriera dell’artista.

La risposta di Antonia non sarà però quella di farsi da parte. Prenderà piuttosto un’iniziativa straordinaria e insolita, quella di creare un’orchestra fatta esclusivamente da donne, che solo in un secondo momento sarà aperta anche agli uomini.

In seguito, vedendo sbarrata ogni strada davanti a sé, si dedicherà principalmente all’insegnamento, sebbene ogni sua nuova episodica esibizione come direttrice d’orchestra sarà accolta sempre dal pubblico con grandi ovazioni ed entusiasmo.

La sua vita è raccontata in un bellissimo film del 2018, dal titolo Sulle ali della musica (titolo originale De Dirigent), che vale davvero la pena guardare e che io considero un piccolo prezioso capolavoro, non solo per il valore inestimabile della storia che ci racconta, ma anche per il modo con cui ci conduce per mano alla sua scoperta.


Il film ricostruisce infatti con grande fedeltà ogni momento della vicenda umana e professionale della musicista, facendoci penetrare progressivamente nella trama dei suoi sentimenti e delle sue aspirazioni e ambizioni.

A dirigerlo non a caso è una donna, la regista Maria Peters, conterranea della Brico, che probabilmente viene mossa da una duplice motivazione nell’affrontare questo tema: il desiderio di dar lustro a una figura così brillante e significativa del suo Paese e il bisogno di affermare come donna il valore indiscutibile ma troppo spesso sottovalutato del genio femminile.

Antonia, con la sua fermezza che le ha consentito di non farsi intimidire o scoraggiare da nessuno, ha aperto la strada a tante donne che oggi, grazie alla sua lotta per affermare la parità di genere, possono intraprendere questa carriera senza dover subire come lei le conseguenze di una cultura maschilista e retrograda che purtroppo tarda a scomparire.

Beatrice Venezi, direttrice d'orchestra e pianista italiana

Infatti, ancora oggi nel mondo, a fronte di 600 direttori uomini, solo 21 donne possono vantare il diritto di esercitare questa importante professione.

I numeri dicono chiaramente quanto sia ancora lunga la strada da percorrere affinché venga valutata finalmente solo la bravura e la preparazione di chi dirige un’orchestra, al di là di ogni altro fuorviante e pretestuoso pregiudizio.


Commenti

  1. Ci ritroviamo spesso a constatare come la società sia ancora prevalentemente maschilista.
    È lungi da attuare la parità di genere. A parità di prestazione dovrebbe corrispondere parità di retribuzione. Purtroppo ancora oggi il maschio riceve in media una paga superiore del 15-20% a quella della donna.
    Nei ruoli di particolare responsabilità troviamo il 90% di uomini.
    Nonostante da sempre la donna abbia dimostrato una maggiore capacità di adattamento e una maggiore fantasia.
    Strada ne è stata fatta, ma ancora di più è quella da percorrere.
    Soprattutto sul fronte della civiltà, delle conquiste sindacali e della meritocrazia.
    Salvo Patane '

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  2. Che bella storia. Grazie. Queste perle di tenacia e audaci devono trasformarsi in coraggio e resistenza per noi tutti, soprattutto per le giovani donne che spesso si trovano a combattere per poter emergere e affermare la propria professionalità e la propria competenze.
    Grazia

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  3. Bellissima storia di vita. Non mi meraviglio affatto che gli uomini abbiano impedito ad Antonia di andare avanti nella sua carriera. Se fosse stata un uomo sarebbe sicuramente osannata e considerata per la sua bravura.In tutti i campi lavorativi le donne hanno subito ostracismi e non solo da parte degli uomini, ma anche dalle stesse donne. Si va avanti si..ma con fatica. Ed in questo periodo di forte oscurantismo,io lo considero tale, le donne dovranno lottare molto per i propri diritti, perché si sta cercando in ogni modo di sopraffare e distruggere quello che negli anni 70 noi ragazze abbiamo conquistato a denti stretti, pagando di persona. Francesca Morgia

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  4. Grazie Aurora! Una testimonianza bellissima di passione e determinazione per affermare il diritto ad esprimere il proprio talento, in qualsiasi campo, senza discriminazioni di genere.Ho visto il film tratto da questa storia. Veramente emozionante. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

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