Indimenticabile

 


Sono già passati tre anni da quando una notizia dolorosa ci ha colto tutti di sorpresa, lasciandoci increduli e sgomenti: la morte di Ezio Bosso.

Le complicanze della sua malattia neurodegenerativa lo hanno tradito e quella volta non ce l'ha fatta. Era il 14 maggio del 2020, l’anno del lockdown, in piena emergenza Covid.

I quotidiani ne hanno diffuso la notizia usando parole non banali, che leggono dentro la sua animaÈ morto il pianista che sapeva commuovere” (il Corriere), “È morto il maestro che non ha mai smesso di sorridere” (la Repubblica), Addio a Ezio Bosso, il musicista che ha toccato il cuore della gente (Targatocn.it), “È morto il pianista che ha commosso l’Italia” (AGI), “È morto il pianista che sapeva volare” (la Stampa), “Addio al musicista coraggioso” (il Messaggero), “È morto il pianista che ci ha fatto scoprire che la musica ci salva la vita” (Vanity fair), “È morto il musicista che sapeva emozionare” (Donna moderna).

Ho fatto appena in tempo a conoscerlo, solo qualche anno prima che morisse, nel 2016, all'Auditorium Parco della Musica di Roma.


Sarò sempre profondamente grata alla vita per aver posto sul mio cammino questo incontro, inimmaginabile e unico, che ho colto al volo, e che rimarrà per sempre impresso nella mia memoria, insieme ai ricordi più belli e ai doni più sorprendenti che ho ricevuto nella mia esistenza. 

Perché i suoi concerti erano davvero una sorpresa. Nulla di scontato. Altro rispetto a quanto si era già conosciuto e ascoltato. Più che uno "spettacolo" a cui assistere, la sua esibizione era un viaggio a cui partecipare, un evento che accadeva sotto gli occhi del pubblico e che coinvolgeva lo spettatore-protagonista dentro sensazioni magiche indescrivibili.

La sua musica me la sento ancora vibrare dentro, e mi fa avvertire e rivivere tutta la sua drammaticità, insieme al suo librarsi leggero verso approdi che non appartengono a questa terra.


Se le parole scritte potessero riprodurre le melodie di uno spartito, le userei per raccontare la sua musica, l’unica cosa che può rappresentarlo appieno e che può descrivere nel profondo la sua passione artistica e la sua interiorità.

Ma dovrò accontentarmi di normali povere parole per delineare almeno in parte il suo mondo e il suo talento, invitandovi a sintonizzarvi con la sua stessa musica per incontrare la sua anima, attraverso quei canali che oggi danno a tutti la possibilità di rivivere le profonde emozioni che l’incontro con la sua persona suscitava.  

Un modo efficace per conoscerlo da vicino, è anche il bellissimo libro curato da Alessia Cappelletti, pubblicato a un anno dalla sua morte, dal titolo “Faccio musica”,  che contiene una sui generis “autobiografia”, composta da testi inediti del Maestro che raccontano la sua vita, la sua passione per la musica, i suoi pensieri più intimi, i momenti più difficili della sua esistenza. 


La sua esibizione al Festival di Sanremo nel 2016, su invito di Carlo Conti, è stata una rivelazione! Non è stato facile averlo su quel palco: lo considerava un luogo inappropriato alla sua musica. Ma dopo una strenua resistenza, per fortuna, ha ceduto. 

La sua adesione a questo insolito invito la dobbiamo a una donna tenace e determinata, Paola Severini Melograni, giornalista e produttrice televisiva, che ha saputo conquistarlo con la sua professionalità e con il suo sorriso, una via di comunicazione tanto praticata e amata anche da Ezio Bosso, attraverso la quale probabilmente i due sono entrati reciprocamente in piena sintonia.


Che idea lungimirante sfruttare questa occasione così popolare per consentire a un pubblico più ampio di incontrare e poter apprezzare questo grande musicista, fino ad allora  seguito perlopiù all’estero e dagli amanti del suo genere musicale! 

Da quel giorno è diventato un polo d'attrazione per tantissimi giovani e adulti che, grazie a lui, hanno imparato ad apprezzare e ad amare la musica classica.

Al Festival di Sanremo ha presentato il suo primo disco da solista, The 12th Room, e ne ha eseguito un brano


La sua testimonianza e la sua esibizione artistica hanno incantato il pubblico a cui ha rivolto parole  semplici e dirette, ma significative ed efficaci: “La musica siamo noi, la musica è una fortuna che condividiamo, è una vera magia. Non a caso i direttori hanno la bacchetta”.

L’attenzione di tutti è stata catalizzata dalla sua vicenda umana, dalle sue fragilità, dalle sue emozioni, dal suo sorriso, dalla sua ironia, dalla sua umanità e sensibilità, dalla straordinaria bellezza del brano Following a Bird da lui composto, ed eseguito come rapito in una contemplazione mistica. 

Questo è il link per riascoltare l'incontro con Carlo Conti sul palco di Sanremo e la sua esibizione.



Sì, perché era proprio questo per lui la musica: connettersi con una dimensione soprannaturale, viaggiare in un mondo oltre lo spazio e il tempo, sentire vibrare insieme agli strumenti ogni fibra del suo corpo, “accordato” all’unisono col suo pianoforte verso il quale si protendeva fisicamente fino ad entrare dentro la sua cassa  armonica, fondendosi con essa, pizzicandone le corde, “giocando” con i loro suoni. 

Ed era inevitabile, in quei momenti, che i suoi stessi sentimenti e la sua estasi contagiassero magicamente  anche chi correva l’avventura di ascoltarlo.


Nel 2019 ha ideato e condotto una interessante e coinvolgente trasmissione televisiva dal titolo “Che storia è la musica”, fruibile su Raiplay, con lo scopo di svelare i segreti della composizione musicale, le connessioni tra i diversi strumenti di una orchestra, i tempi e i ritmi dell’esecuzione di un’opera, con uno stile gioioso e appassionato che ha reso appetibile a un pubblico numeroso e diversificato un genere musicale solitamente amato da pochi intenditori. 
  

Era impossibile non ammirare la sua forza d’animo, il suo coraggio, la sua voglia di vivere, la sua tenacia nel superare gli ostacoli della sua malattia che dal 2011 teneva imprigionato il suo corpo.

Aveva subito infatti un intervento al cervello per una neoplasia e, in quell’occasione, gli era stata diagnosticata anche una malattia autoimmune e neurodegenerativa. Con l’intervento aveva  perso la capacità di parlare e di suonare. Aveva dimenticato praticamente tutto. Ma grazie alla sua forza di volontà, alla sua tenacia e all’amore per la musica riesce a imparare tutto da capo. Un’impresa che sa di miracoloso. 


La malattia lo costringerà anche all’uso della sedia a rotelle e, negli ultimi mesi, a non poter più suonare. 

A chi insisteva perché ritornasse a esibirsi, rispondeva così: “Se mi volete bene, smettete di scrivermi che vorreste vedermi al pianoforte. Non sapete la sofferenza che mi provoca, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e quindi non posso più dare alla musica abbastanza.”

Ma neanche questa ulteriore prova lo ferma. Continuerà a vivere per la sua musica come direttore d’orchestra, spendendo ogni briciola di energia ancora in suo possesso, appoggiandosi al suo sgabello dal quale sembrava che volesse spiccare il volo, inseguendo con lo sguardo la melodia che si espandeva dalla sua orchestra e che si librava in alto libera e leggera. 


La musica era per lui una vera vocazione, scoperta sin dall’età di 4 anni. Giovanissimo, per un anno e mezzo, farà parte degli Statuto e a soli 16 anni inizia a suonare come pianista in Francia e in tutta Europa. 

Studia composizione e direzione d’orchestra all’Accademia di Vienna, grazie all’incontro con il maestro Ludwig Strecher di cui diventa allievo.

Dirige orchestre prestigiose, come la London Symphony Orchestra, l'Orchestra dell’Accademia della Scala, la London Strings, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, la Filarmonica ‘900 e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e, nel 2017, viene nominato Direttore Stabile Residente della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.

Ezio Bosso al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, felice per la nomina ricevuta

Dotato di orecchio assoluto, che gli consentiva di riconoscere in modo preciso la frequenza di ogni nota musicale senza bisogno di diapason, conosceva a memoria la musica e non usava spartiti per suonarla. A chi si meravigliava, rispondeva così: 
"Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene”.

Il suo pianoforte, un Gran coda Steinway & Sons, e il suo sgabello, appositamente studiati per le sue condizioni fisiche, lo accompagnavano ovunque lo invitassero.


Il suo stile era quello di chiacchierare col pubblico prima di suonare ogni suo pezzo, per spiegarne nel dettaglio il significato e le circostanze più intime della sua composizione.

Nel presentare il suo disco d’esordio, The 12th Room, era solito soffermarsi sul significato della dodicesima stanza”Questi brani, come sempre nelle mie scelte, rappresentano un piccolo percorso meta narrativo. C’è una teoria antica che dice che la vita sia composta da dodici stanze, nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E quindi si può tornare alla primaE ricominciare”.

 

“Ricominciare” è in sintesi il racconto della sua esistenza, interrotta purtroppo prematuramente all’età di 48 anni, ma “ricominciata” ancora una volta in un altrove totalmente diverso dal qui e ora, che non ci è dato conoscere, ma che crediamo abbia potenziato in modo a noi misterioso il suo genio artistico e musicale.

Nonostante la morte, infatti, egli continua a vivere nel tempo e oltre il tempo, grazie all’amore che ha disseminato attorno a sé e alla bellezza e all’eternità di quella musica in cui credeva e che lo ha appassionato fino all’ultimo respiro.







Commenti

  1. grande veramente grande,ascoltando la sua musica e la sua vita ,ho sentito vibrare in me qualcosa che mi ha messo in comunicazione con la sua anima.Questo continua ancora perché la morte non annulla la vita ma la compie,e le vibrazioni continuano come uniti in una rete di relazioni, con l'intero universo. un abbraccio Mirio

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  2. Da Salvo Patane'
    Ezio Bosso è uno dei tanti doni di Dio all'umanità.
    " Mi sento piccolo davanti alla musica".
    " La musica non è solo bella, ma importante".
    " È una terapia, un prodotto d'amore".
    Ezio Bosso è stato un esempio di resistenza o di " resilienza " come si ama spesso dire oggi.
    Alzava la bacchetta e accendeva la musica.
    Non si risparmiava mai neanche quando era esausto.
    Non smetteva di pensare al futuro nonostante la malattia inguaribile.
    Il suo desiderio più grande era sentire il calore di un abbraccio. Abbracciare gli amici, i suoi musicisti. E negli ultimi tempi, sotto la pandemia gli era impedito.
    " Le persone che ti ascoltano ti danno la cosa più preziosa che hanno : il rempo " , ripeteva sempre.

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  3. Grazie Aurora, ricordare è far vivere. Ezio Bosso è stato uno uomo e un maestro eccezionale, rimasto nel cuore di molti per la sua simpatia e il suo sorriso, per la sua musica e la sua bravura, per la sua sofferenza e il suo coraggio. La sua eredità è immensa. Grazia Le Mura

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  4. Che persona abbiamo avuto la grandissima fortuna di conoscere.!!
    Hai scritto bene nel post:
    Indimenticabile.
    Grazie carissima Aurora, sai scavare, con le Tue Riflessioni, dentro di noi sentimenti dormienti, che improvvisamente vengono fuori. Filippo Grillo

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  5. Grazie dello spunto, mi è venuta curiosità di ascoltare altri suoi brani! L'intervento a San Remo è commovente! Emanuele Croce

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  6. Grazie Aurora! Veramente il maestro Bosso è una persona indimenticabile per la sua musica, per la sua passione per la vita, per il suo coraggio nell'affrontare la sofferenza. Un grande esempio! Ne hai tratteggiato il ritratto con l'acume e la sensibilità che ti contraddistinguono. È sempre un piacere leggere i tuoi post.
    Maria Cristina Scorrano

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