L'arte liberata

Madonna di Senigallia, Piero della Francesca, Galleria Nazionale delle Marche, 1470-1485, Urbino

Spesso pensiamo alle opere d’arte come a dei “beni immobili”, statici, fissi nelle loro postazioni e inerti. Non consideriamo che ognuna di esse ha una storia, complessa e articolata, attraverso la quale è giunta fino a noi. Non sappiamo che molte di esse hanno percorso strade impensabili prima di fermarsi là dove le stiamo ammirandoMolte hanno dovuto addirittura “combattere” per sopravvivere, e “fuggire” per salvaguardare la loro sopravvivenza.

È su questo tema che ci invita a riflettere una mostra sui generis e imperdibile, aperta fino al 10 aprile, che si sta svolgendo alle Scuderie del Quirinale a Roma dal titolo “Arte liberata”, che offre ai visitatori la possibilità di osservare da vicino grandi capolavori che sono stati eroicamente salvati dalla violenza della seconda guerra mondiale da persone esperte e lungimiranti che hanno rischiato tutto pur di metterle in sicurezza.


Questa impresa grandiosa è stata anche definita dai curatori della mostra la “Resistenza dell’arte”, una resistenza combattuta senza armi e senza mezzi, e con i soli strumenti dell’intelligenza e dell’amore, un amore gratuito che per decenni è stato ignorato e quasi dimenticato. 

La mostra, che espone opere di altissimo valore artistico, ha un taglio storico e ripercorre il decennio tra il 1937 e il 1947 che ha visto l’Europa impegnata in una guerra devastante che ha distrutto anche gran parte del nostro Paese.


La storia recente ci dice quanto sia vulnerabile la cultura di ogni nazione e come le guerre, che vorrebbero cancellare l’esistenza degli avversari, mirino a distruggere proprio questa con tutte le sue poliedriche espressioni, un patrimonio preziosissimo che racconta secoli di vita e che rappresenta l’anima e l’identità di un popolo

Guardando al patrimonio artistico del nostro Paese, pensiamo non solo ai soggetti e ai personaggi rappresentati, molto spesso specchio della nostra cristianità, i cui volti ricalcano i tratti somatici di persone dell’epoca, tipici della gente dei nostri borghi, ma anche ai paesaggi che fanno da sfondo ai protagonisti di molte opere e che ritraggono le nostre colline, le nostre campagne, i nostri corsi d’acqua.

Stendardo di Antonio Alberti, 1438, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

Abbiamo assistito nel recente passato alla devastazione in Siria e in Iraq, culla delle grandi civiltà dell’antico oriente, di siti archeologici di valore inestimabile e oggi stiamo seguendo in diretta la cancellazione dell’Ucraina con tutti i simboli della sua cultura che vengono bombardati sistematicamente e indiscriminatamente. 

Cristo morto, Andrea Mantegna, 1470 ca., Pinacoteca di Brera, Milano

Se oggi in Italia possiamo ancora ammirare estasiati opere come la Tempesta del Giorgione, la Flagellazione di Piero della Francesca, il Cristo morto di Mantegna, il ciclo di San Matteo di Caravaggio, per fare solo pochissimi esempi, lo dobbiamo proprio a questa grandiosa iniziativa e a un gruppo di persone coraggiose che con la “normalità” della loro vita quotidiana potevano passare quasi inosservate mentre compivano gesta eroiche in semiclandestinità, a mani nude e rischiando la vita.

Vocazione di San Matteo, Caravaggio, 1599-1600, Chiesa San Luigi dei Francesi, Roma

Pochi fino a oggi hanno avuto l’occasione di conoscere questa straordinaria e incredibile storia, che è rimasta sepolta nel passato per più di quarant’anni. L’ha narrata, alla fine degli anni 90, il giornalista Giovanni Minoli in una puntata di La storia siamo noi dal titolo La lista di Pasquale Rotondi, recuperabile su YouTube, e il suo racconto ha stupito e catturato i telespettatori.


Tra le persone più determinanti che hanno messo in moto questa gigantesca macchina di protezione dell’arte c’è infatti Pasquale Rotondi, all’epoca soprintendente alle Belle Arti, che interviene per salvare il salvabile dalla rovina imminente e si avventura in una ricerca faticosa e rocambolesca con la sua Balilla attraversando il Lazio in lungo e in largo, per individuare il rifugio più appropriato a cui affidare un patrimonio così prezioso.

Pasquale Rotondi, morirà nel 1991 a Roma a 81 anni investito da una moto

Egli dovrà prendere in tempi brevi decisioni difficili, assumendosi grandi responsabilità e affrontando fughe rischiosissime, annotando ogni particolare di questa complicata storia sul suo diario, dal quale emergono tutti i dettagli della sua avventurosa impresa, oltre alle emozioni, alle ansie e alla trepidazione che l’hanno costantemente accompagnato per anni.

I primi luoghi individuati da Rotondi per la custodia delle opere sono collocati nella provincia di Pesaro Urbino: la rocca di Sassocorvaro dal 1940 e il palazzo Carpegna a partire dal 1943. Qui le opere vengono trasportate in segretezza su un piccolo furgoncino, chiuse in casse di protezione e senza titoli, per preservarle da possibili razzie, specie dopo l’Armistizio e l’arrivo dei tedeschi, che nell’ottobre del ‘43 si istallano proprio a palazzo Carpegna.

A lui si deve la messa in sicurezza di circa 10.000 opere, provenienti non solo da Roma e dalle Marche ma anche da molte altre regioni italiane. Esse sono miracolosamente sfuggite a ogni controllo. Alcune, in momenti di estremo pericolo, vengono nascoste persino nella sua abitazione di campagna, tra cui la Tempesta del Giorgione che viene custodita nel luogo più segreto, sotto il suo letto, con la complicità e la collaborazione della moglie, anch’essa storica dell’arte, che si dà ammalata per impedire che qualcuno potesse entrare a controllare.

Tempesta, Giorgione, Gallerie dell'Accademia, Venezia, 1502-1503 

Con l’entrata dei tedeschi in Italia, si renderà necessario un nuovo trasporto delle opere d’arte in un luogo più sicuro. Così, alla fine del 1943, grazie a un’idea geniale del famoso critico d’arte Giulio Carlo Argan, allora funzionario della Direzione generale Antichità e belle arti, saranno le mura del Vaticano ad accoglierle. Fondamentale è stata in questa occasione la mediazione e la collaborazione del Card. Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, allora sostituto della Segreteria di Stato in Vaticano.

La mostra del Quirinale finalmente divulga notizie rimaste troppo a lungo sepolte nel silenzio e nell’oblio e rende giustizia a quanti, personaggi famosi e di prestigio, ma anche umili persone comuni, hanno protetto ciò che di più prezioso appartiene al nostro popolo.


Tra le opere salvate, molte appartengono anche al patrimonio librario delle biblioteche italiane, custodite grazie all’infaticabile lavoro di Luigi de Gregori, collaborato da molti suoi colleghi bibliotecari di tutta Italia, tra cui molte donne.

Tuttavia, i tedeschi si accaniscono in modo particolare proprio su questo patrimonio così prezioso, distruggendo una quantità gigantesca di opere di grande valore. Oltre due milioni di libri andranno perduti, una perdita enorme, a cui va aggiunto il devastante incendio appiccato all’Archivio di Stato di Napoli, e la distruzione e sottrazione di una mole di testi della biblioteca ebraica, spariti nel nulla.


L’esposizione delle opere d’arte alle Scuderie del Quirinale è accompagnata da gigantografie di foto d’epoca che documentano il difficile contesto in cui si è svolta questa ardua impresa. Esse ritraggono i personaggi che sono stati protagonisti del salvataggio, e quelli che hanno minacciato e saccheggiato il nostro patrimonio artistico senza rispetto e senza alcuno scrupolo, in primo piano il dittatore Adolf Hitler e, suo braccio destro, il maresciallo Herman Goring, raffigurati in una foto della prima sala, dedicata alle esportazioni forzate, durante una conversazione privata in atteggiamento vacanziero e spensierato, tipico di chi abusa sfrontatamente del suo potere con violenza e arroganza, noncurante della gravità delle proprie azioni.


Assolutamente ignari del valore di pregiati tesori artistici, se ne appropriano indebitamente arricchendo il loro bottino di guerra, usandoli come banali oggetti di arredamento domestico o come inutili orpelli decorativi da giardino.

Tra i progetti del Fuhrer anche quello di costruire un museo in Austria dove esporre le opere trafugate, sottratte con la forza o comprate a prezzi irrisori. Tra esse, il famoso Discobolo Lancellotti (II sec. d.C.), eccezionalmente esposto alla mostra, copia romana dell’originale greco in bronzo di Mirone, andato perduto.

Discobolo Lancellotti, II sec. d. C., Museo Nazionale Romano

Troppo lunga e complessa la storia, per poterla qui raccontare in modo esauriente: una storia affascinante, ma allo stesso tempo grottesca e drammatica, che lascia spesso l’ascoltatore incredulo e col fiato sospeso. Ma vale davvero la pena approfondirla, avendone la possibilità, con una immersione diretta nel suo mondo, o consultando la vasta documentazione saggistica e audiovisiva oggi reperibile anche sul web.

Buon viaggio a tutti nel cuore del nostro recente triste ed eroico passato, con la viva speranza che non si ripeta mai più!

Commenti

  1. Grazie Aurora,un elogio a questa gente eroica a cui dobbiamo la nostra riconoscenza per aver salvato tante opere d'arte che fanno parte del nostro patrimonio culturale e della nostra storia. Dobbiamo a loro se noi e i posteri possiamo gustare e ammirare e nutrire le nostre conoscenze in materia. Tina Gentile

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  2. Mostra splendida sia per le opere esposte che per la storia che ci racconta.
    Storia di giovani storici dell'arte che con coraggio, abnegazione e talvolta un pizzico di incoscienza hanno messo in salvo il nostro patrimonio artistico che poi è la nostra memoria.Mi piace ricordare le tante donne, coraggiose, emancipate, indistruttibili che non si sono arrese e hanno lottato per le opere d'arte che avevano in custudia.
    Alcuni nomi: Palma Bucarelli, soprannominata una partigiana per l'arte, Noemi Gabrielli, Fernanda Wittgens, Jole Bovio Marconi .Le vediamo operative e indomite dai manifesti che adornano le pareti della mostra .
    Mostra , a mio avviso, molto bella anche per l'allestimento, le gigantografie di luoghi e persone, la presenza di piccoli documentari a completamento dell'esposizione e da una audioguida scaricabile con il cellulare esaustiva.
    Dopo aver vista la mostra con una coppia di amici , ho deciso di portarci la mia nipotina quattordicenne, molto " social" ciò sempre attaccata al cellulare per " ciattare" .
    Devo dire che è stato un successo, si è interessata, guardava con ammirazione e leggeva le didascalie chiedendomi spesso se era tutto vero.E' uscita molto colpita e soddisfatta e mi ha chiesto di comprare alcune cartoline al bookshop. Ha scelto quella in cui era raffigurato il discobolo con cui si apre la mostra e un'altra con un soldato vicino ad una opera d'arte recuperata.
    Due bellissime ore insieme.
    Sandra

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    1. Ti ringrazio infinitamente!! Avevo trascurato molti aspetti, come quello dell’impegno delle donne che ho appena accennato, e tu hai arricchito con delle pennellate appropriate e appassionate la mia descrizione! In più mi stimoli a riprendere l’argomento in un prossimo post, per riservare a queste indomite protagoniste della resistenza dell’arte lo spazio che meritano. Grazie! Aurora

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  3. Grazie Aurora, grazie di cuore per questa finestra che hai aperto, anzi spalancato su un'arte sconosciuta ma significativa. Lontana dall'Italia mi hai permesso di vedere con i tuoi occhi.
    Grazia

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  4. Da Salvo Patane '
    " Arte liberata" , salvata dalla violenza cieca e dall' ignoranza degli invasori tedeschi, durante la seconda guerra mondiale.
    Grazie all'iniziativa coraggiosa di un gruppo di persone illuminate e di buona volontà, sono state salvate migliaia di opere che oggi si possono ammirare nella mostra allestita nelle .sale delle scuderie del Quirinale.
    Mi viene in mente sempre
    " l'elefante che irrompe nel negozio di cristallerie" !
    Fortunatamente, un pezzo di " Bellezza" è sopravvissuto all'assalto dei " barbari" ed è fruibile al godimento dei nostri sensi.
    Salvo Patane '

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  5. Grazie Aurora per il tuo bellissimo post. Mi propongo di andare a vedere questa mostra. Racconta storie eroiche, di passione per l'arte e di convinzione che il buio della barbarie si supera con la cultura. Le opere d'arte sono il patrimonio da consegnare alle future generazioni, la nostra memoria, la nostra identità. Grazie ancora Aurora per aver posto l'attenzione su una mostra che racconta percorsi così importanti e poco conosciuti della storia dell'arte. Maria Cristina Scorrano

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