Discernimento

 

Le doti canore e la voce inconfondibile di Cristina Scuccia le abbiamo conosciute sullo schermo televisivo dove la debuttante è apparsa ripetutamente per diverse settimane esibendosi in The voice nel 2014 e uscendone vincitrice.

Tale è stata la risonanza sui media, che il suo è diventato un caso noto a tutti, anche a chi non è un habitué di simili trasmissioni.

La sua esibizione, che ha suscitato nel mondo cattolico non poche perplessità in quanto giudicata da molti inappropriata e fuori posto, ha riscosso tra il pubblico un successo sensazionale e strepitoso dovuto anche al particolare stato di vita della concorrente. 

Non si trattava infatti di una delle tante ragazze alla ricerca di successo che tentano la fortuna in trasmissioni come questa, ma di una vera e propria suora in abito religioso, accompagnata peraltro, cosa assai strana, da una rappresentanza del suo istituto, le Orsoline della Sacra Famiglia, sempre presente tra il pubblico che naturalmente tifava per lei e ballava insieme a lei disinvoltamente. Ed è stata  la stessa Madre Generale a fare da tramite con la redazione di The Voice per la partecipazione di Cristina.


Una puntata dopo l’altra, Cristina ha acceso sempre più l’interesse e lo stupore della giuria composta da J-Ax, Raffaella Carrà, Noemi e Piero Pelù, tutti enormemente sbalorditi e sorpresi di fronte alle sue incredibili performance, ancora più straordinarie perché associate a una tonaca, dentro la quale la giovane si muoveva al ritmo della musica sempre più coinvolgente.

Da un paio d’anni tuttavia si sono interrotte le sue partecipazioni alle trasmissioni televisive e recentemente, nel novembre 2022, è riapparsa a Verissimo, su canale 5, con un nuovo look che la rendeva assolutamente irriconoscibile: radicale è stata infatti la sua recente metamorfosi, non solo dal punto di vista dell’immagine, ma anche della sua stessa identità.


Del resto, dietro la “scorza” dell’abito che la nascondeva e che appariva in quel contesto come una stonatura, avevamo già intravisto le sue vere aspirazioni più profonde, che le permettevano di esprimere in pienezza tutto il suo essere.

Di suor Cristina sono rimasti il sorriso e la voce ma, tolto l’abito, la sua identità adesso è decisamente più autentica e più chiara.

Il motivo che mi spinge a scrivere di lei non è tanto il desiderio di approfondire la conoscenza della sua storia, quanto il bisogno di riflettere su un tema molto delicato, una prassi largamente diffusa nella Chiesa per il cui esercizio molti suoi esponenti si ergono a esperti, come se fossero investiti dall’Alto di questa funzione.

Mi riferisco al cosiddetto “discernimento vocazionale”, esercitato molte volte senza alcuno scrupolo, e che “autorizza” preti, laici e religiosi a individuare in una persona i “segni” della chiamata di Dio alla vita sacerdotale o consacrata.


Discernere vuol dire “vedere chiaro”, saper distinguere tra bene e male, tra vero e falso. Ma solo una mente libera, disinteressata e sincera può cercare di farlo forse sulla propria vita. 

Alcuni ritengono invece di essere addirittura i mediatori della volontà di Dio nei riguardi degli altri, e lasciano intendere di saper vedere, ascoltare, capire, ciò che neppure le persone interessate riescono a percepire.

Una pretesa a tutti gli effetti, anche perché molte volte di “segni” vocazionali non c’è neppure l’ombra e chi li vede li costruisce soltanto nella sua immaginazione e li propina come veri, storpiando la verità delle personali inclinazioni umane, depistandone e forzandone l’interpretazione, per soli fini utilitaristici. La stessa logica che si segue nella vendita della merce contraffatta.

Mi vengono in mente, per associazione di idee, quei bambini buddhisti “intercettati” come reincarnazione del Buddha e costretti a vivere la loro esistenza prigionieri di un destino irrazionale e disumano! Sono altri a decidere la loro identità, il loro presente e il loro futuro.

Tutti gli istituti religiosi, così come i seminari delle diverse diocesi, vanno da decenni alla ricerca spasmodica di vocazioni per alimentare le loro file di nuove leve.


Sono un numero incalcolabile le persone che vengono irretite, circuite, plagiate, manipolate, che subiscono il lavaggio del cervello, che vengono persuase sulla base di indizi inesistenti. Addirittura da qualche decennio assistiamo perfino alla “tratta” di donne, principalmente africane e indiane, allo scopo di rimpolpare comunità fantasma e tenere aperte strutture fredde e vuote che servono solo ad alimentarne i profitti.

È finita da tempo infatti l’epoca dell’ingresso in massa di giovani, appartenenti spesso a famiglie molto numerose, che trovavano in questi luoghi “sacri” una via di uscita dalla povertà, la possibilità di accedere a un buon percorso di istruzione e formazione, e l’occasione per una sistemazione anche economica e sociale.

Pochi in realtà erano investiti di un’autentica vocazione, tanto che dopo il Concilio sono stati in migliaia ad abbandonare la talare e l’abito religioso per assaporare finalmente la libertà e la vita normale di questo mondo.

D’altra parte, il Vangelo “urticante” e dalla “porta stretta” male si coniuga con gli “eserciti” di preti, religiosi e suore, che nella maggior parte dei casi vivono col volto triste, col comportamento scostante, anche rispetto ai loro stessi confratelli e consorelle, e con pratiche di vita troppe volte diametralmente opposte al Vangelo!

In questa massa informe e sbiadita ogni tanto emerge e brilla un diamante che riflette la luce del volto di Cristo e illumina la storia. Penso alle suore di Madre Teresa di Calcutta che lasciano tutto per curare le piaghe dei più diseredati e rifiutati dal mondo.


Ma molte altre istituzioni, tra le infinite esistenti, oggi appaiono veramente superflue, insignificanti e inutili. Molte di esse avranno anche svolto in passato la loro funzione, ma oggi sopravvivono senza uno scopo preciso e vanno avanti per inerzia.

Lo stesso Gesù non è stato un amante delle istituzioni e a quelle del suo tempo ha sempre chiesto verità, trasparenza, giustizia e purificazione. E non credo che sia mai passata dalla sua mente l’idea di veder fiorire tra i suoi seguaci, nel corso della storia, le migliaia di istituti religiosi sparsi in ogni angolo della terra.

Non ho nessuna nostalgia per quel modello di Chiesa che organizzava i suoi “eserciti” di seguaci per conquistare il mondo e imporre la sua verità.

Mi affascinano invece le persone semplici e con le mani libere, come Biagio Conte e Francesco d’Assisi, che ci hanno indicato con la loro testimonianza un’altra via, quella del vangelo, quella del piccolo gregge, del lievito nascosto nella massa di farina, del seme microscopico che sotto terra germoglia e diventa un albero gigantesco che sparge la sua ombra per chiunque voglia trovare refrigerio e conforto sotto le sue fronde, qualunque siano le sue convinzioni, anche in materia religiosa e ideologica, o le sue scelte di vita. 


Tornando al caso di Cristina Scuccia, è interessante seguire la parabola della sua giovane esistenza per capire meglio le dinamiche messe in atto da questa pericolosa logica che si persegue alla ricerca di nuove vocazioni.

Cristina, che oggi ha 34 anni, è di origini siciliane, della provincia di Ragusa. Sin da giovanissima inizia a coltivare la sua grande passione per il canto, la musica e la recitazione

È appena diciannovenne nel 2007 quando interpreta sul palco il ruolo di Suor Rosa, fondatrice delle Orsoline della Sacra Famiglia, nel musical Il coraggio di amare. 

Dall’anno successivo comincia a frequentare a Roma l’Accademia di spettacolo Star Rose, oggi Accademia multidisciplinare, creata e gestita dal medesimo istituto religioso e diretta da Claudia Kool, la famosa attrice che ha vissuto un’improvvisa e radicale conversione di vita. Qui si dedicherà in modo particolare allo studio del canto.

Cristina Scuccia nel cast di Sister Act, 2017

Nel 2009 inizia la sua formazione alla vita religiosa e nel 2012 prende i voti e si trasferisce nella comunità religiosa di Milano, continuando tuttavia, incitata dalle sue consorelle, a coltivare la sua passione per il canto, a partecipare a trasmissioni televisive, a concorsi canori, e impegnandosi nell’incisione di album e singoli, alcuni pubblicati anche in Francia. 

La sua carriera va ormai a gonfie vele. Anche lei diventa una star. Si esibisce a New York, in Vaticano, in Giappone. Lavora per due anni, fino al 2017, nel cast del musical Sister Act e nel 2016 nello spettacolo Titanic. Collabora col cantante svizzero Patric Scott per l’incisione di una cover, partecipa al talent show americano The World's Best nel 2017, e (incredibile ma vero!) nel 2019 perfino alla trasmissione televisiva Ballando con le stelle, affiancata da tre ballerini.


In questo contesto surreale, che avrebbe creato confusione mentale ed esistenziale a chiunque, l’8 settembre 2019 Cristina fa la sua professione perpetua.


Le ultime apparizioni televisive della neo-professa sono dell’ottobre 2020 nel corso della trasmissione del canale TV8 Indovina la canzone, una gara tra vip, coinvolti in diversi giochi musicali d’improvvisazione, per poi sparire dalla scena e ritrovarla a Verissimo il 20 novembre 2022.

Cosa è accaduto in questi due anni di silenzio? Una crisi d’identità, finalmente! Cristina ha preso coscienza della dicotomia della sua esistenza, si è sentita lacerata interiormente, fuori posto, non tra i vip e sotto i riflettori, ma tra le sue consorelle, mentre nella sua mente e nel suo cuore si dilatava progressivamente la sua prima e originaria passione: la musica e il canto. E ha avuto bisogno di farsi prendere per mano dallo psicologo per capire chi fosse e dove volesse veramente andare.

Perché questo è il punto: non si può confondere la fede, il desiderio di seguire Cristo, l’amore per il Vangelo, l’aspirazione a servire i poveri, con la vocazione alla vita consacrata!


Cristina mostrava di possedere queste sensibilità. Ma non possono essere questi i “segni” su cui basare una scelta vocazionale. Perché ogni battezzato, ogni discepolo di Gesù, dovrebbe portare dentro il suo cuore il fascino per questi valori e la determinazione ad abbracciarli. Altrimenti, di quale discepolato parliamo? Di una formale esteriore vuota e sterile pratica religiosa? La vocazione alla vita consacrata dovrebbe essere ben altro! 

Non dovrebbe scaturire da complicati ed elaborati ragionamenti, da calcoli, da supposizioni, e neppure dall’amicizia seducente di chi si presenta come infallibile interprete dei segni e dei disegni divini.

Per questo mi chiedo, anche alla luce della mia personale esperienza: quale discernimento vocazionale è stato fatto sulla vita di questa ragazza? Quanta cecità o mala fede è stata usata per condizionare le sue scelte? Se erano già sin dall’inizio così chiari i segni che esprimevano la sua identità e che la rendevano felice, perché chi le stava accanto non è stato in grado o non ha voluto coglierli in tutta la loro evidenza e verità? Perché le ha fatto credere che avrebbe potuto operare contemporaneamente due scelte di vita tra loro inconciliabili? E perché, una volta accolta la vita religiosa, è stata supportata nel coltivare, senza alcun limite tranne quello di esibirsi con l'abito, la sua principale e più grande passione? Forse perché ci si illudeva di poterla trattenere attraverso questo ingannevole e ambiguo “gioco”?

Per di più, chi avrebbe dovuto aprire gli occhi per guardare in faccia la realtà e comprenderne il significato, si è fatto spettatore delle sue esibizioni, consentendole di tutto e buttandola in pasto a un mondo che segue ben altri obiettivi rispetto a quelli della vita consacrata.


A che pro, mi chiedo? Sarebbe questa una via per annunciare il Vangelo ai cosiddetti “lontani”? O non è piuttosto solo un altro dei modi sensazionali per fare spettacolo e alzare gli indici di ascolto, strumentalizzando le persone?

La vocazione viene descritta nella Bibbia come una voce interiore e profonda che risuona nella coscienza della persona e che è impossibile soffocare, ignorare, mettere a tacere, perché ritornerebbe sempre a galla fino a quando non le si fa spazio, per trovare pienezza di serenità e di vita.

Solo in questo caso, probabilmente, può avere senso il dialogo e il confronto con una persona saggia e “santa” che possa essere di vero aiuto a un sano discernimento, di cui però solo la persona in ricerca sarà il vero soggetto pensante, deputato a decifrare, a scegliere e a decidere.

Quello che mi sorprende e mi scandalizza in tutta questa vicenda e nelle altre centinaia di storie che le rassomigliano, non è tanto l’abbandono da parte di chi trova la sua vera strada e ha il coraggio di avventurarsi lungo il suo tracciato, perché anzi ammiro queste persone e la loro audacia nel perseguire e difendere la verità, anche a costo di incomprensioni e sofferenze.


Mi sorprende molto, invece, la presunzione di infallibilità di chi usa le persone per i propri fini, l’incapacità di riconoscere i propri errori e di chiedere perdono, la mancanza di disponibilità a risarcire con la vicinanza e il sostegno concreto le persone di cui si è violata l’intimità e la sacralità della loro esistenza, accusandole anzi di infedeltà e di ingratitudine. 

Ma mi sorprende molto anche vedere chi rimane dentro e si scandalizza, incapace di capire, di leggere la storia nella verità, deformando il significato degli eventi.

Molte di queste persone, purtroppo, non hanno esse stesse alcuna vocazione, ma non lo ammettono o non lo capiscono, forse perché sono ancora incantate dalla presenza di qualche sirena ammaliante da cui sono state rapite, oppure perché dove vivono hanno trovato una sorta di “sistemazione”, un modo e un luogo in cui adagiarsi comodamente, oppure perché è stato offerto loro il giusto supporto per coltivare le loro ambizioni e fare “carriera”, ricevere incarichi “importanti”, raggiungere nuovi traguardi sempre più lusinghieri, mostrare agli altri la propria immagine di cui gloriarsi, mentre dalla propria vita non trapela neppure una briciola della sequela di Cristo e del suo vangelo.

Commenti

  1. Concordo su tutto cara Aurora.Credo che ci sia stata cecità nei confronti di suor Cristina, e che fortunatamente lei abbia avuto la forza di cambiare strada.Tu mi conosci, sono una laica,ma ho sempre cercato di fare qualcosa per gli altri.Mi sono spesso chiesta anch'io quale fosse la mia strada, e perchè ho sempre sentito il bisogno di aiutare gli altri.Alla fine la mia risposta è stata che non è necessario indossare un abito talare per fare del bene, e che forse era proprio questo che mi si chiedeva, stare in mezzo alle persone, condurre una vita sociale ed adoperarmi attraverso la mia professione per il bene comune.Gesù mal sopportava i farisei, chiamandoli sepolcri imbiancati… ed aveva ragione. Francesca Morgia

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  2. Un tema scottante, sopratutto in questo momento in cui più di un coperchio è stato alzato.
    Siamo ancora indignati e increduli per il caso Rupnik e il caso Vanier. Per la naturalezza con cui si abusa della propria posizione, del proprio ministero, del proprio carisma e per la facilità con cui si spazza e si nasconde tutto sotto il tappeto della stanza principale, che è anche la più bella.
    Vittime, carnefici e complici (grande esercito di omertosi, di gente che si gira dall'altra parte, preoccupata solo di difendere posizioni e potere). Questa povera chiesa abusata da chi dovrebbe seminare le gemme del Vangelo e far crescere i granelli di senape. Questa povera chiesa al cui interno si trama e si aspetta la morte per cavalcare il momento di gloria.
    Ho scritto altre volte, mi fa paura il potere che preti e religiosi hanno sulle coscienze.
    La storia che racconti è a lieto fine, come grazie a Dio lo è la tua, la mia e quella di tantissimi altri, uomini e donne. Ma ci sono altre storie che questo lieto fine non lo hanno.
    Ci vuole coraggio a dire: adesso cerco la felicità perché il mio cuore lì dove sono non è felice. Non è facile. È estremamente difficile. E poi, anche se in tutte le costituzioni c'è scritto che chi lascia va accompagnato, in effetti si resta soli, senza nessun aiuto e, come si dice dalle mie parti, "con una mano davanti e una mano dietro". Grazia Le Mura

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  3. Da Salvo Patane '
    C'è oggi la mania di spettacolizzare tutto, anche la Fede.
    Nel caso di suor Cristina non c'è dubbio che per parecchio tempo c'è stato questo conflitto interiore: prendere i voti e fare la suora o lanciarsi nel mondo della musica e del canto.
    I mass-media vanno a nozze con queste storie contorte ed equivoche. Riempiono di ascolto i loro programmi e di lettori i loro settimanali pruriginosi.
    È sempre difficile il "discernimento" , sia quello di una scelta essenziale per la propria vita che quello spicciolo di ogni bivio che ogni giorno siamo chiamati ad affrontare.
    E non sempre abbiamo disponibile un "direttore spirituale" ,completamente neutrale ed asettico.
    Dobbiamo augurarci di essere fortunati, altrimenti avremo percorso parecchia o tanta strada ,se non dannosa, quanto meno inutile per il nostro cammino
    E ci ritroveremo ad inventare una nuova vita, spesso da soli e con le cicatrici che ci porteremo nel nostro cuore e nella nostra anima!
    Salvo Patane '

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  4. Molto profondo e molto sentito il tuo discernimento. Si, ognuno deve poter scegliere liberamente il proprio futuro secondo la propria inclinazione, i propri desideri, i propri sogni. Ma questo in tutto, in qualsiasi professione, lavoro e occupazione che intende svolgere nella vita. Più il discernimento è autonomo, libero da condizionamenti, più si formano persone vere, autentiche e felici nell'attività che svolgono e nel modo di rapportarsi con gli altri. Penso che ti sia costato un po' scrivere questo link, ma hai fatto bene a farlo! Un abbraccio forte. Tina Gentile

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  5. Quanta verità in queste parole sofferte. La Chiesa ha bisogno di togliere alcune incrostazioni per riprendere a spiccare il volo. La caccia alle nuove vocazioni è sport praticato diffusamente in molte realtà

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    1. Grazie per aver saputo rintracciare nelle mie parole verità e sofferenza. Purtroppo tante storie che si consumano nel dolore rimangono spesso prigioniere della loro solitudine. E non è giusto! Credo che bisogna avere il coraggio di svelare quello che si vive nel silenzio e nel segreto, perché qualcosa possa cambiare in meglio nella Chiesa. Aurora

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  6. Bernard Show, che non è stato un Prete e non è non è neanche un Santo della Chiesa, tra le spigolatura del suo pensiero filosofico lasciò un una breve considerazione che potrebbe apparire una piccola luce nel buio immenso della conoscenza ed invece è, a pare mio, un faro luminoso che chiunque dovrebbe considerare nella sua esistenza, ogni vota che è necessario farlo:
    SOLO GLI IMBECILLI SONO IMMUNI DALLE CONTRADDIZIONI.
    La storia recente della Chiesa ci fornisce in proposito un avvenimento miliare che non dovrebbe sfuggire a chi ha necessità di prendere decisioni fondamentali. Mi riferisco alla rinuncia di Benedetto XVI al Soglio Pontificio.
    Non importa in questa sede appurare i motivi del suo "rifiuto" (per dirla con l'Alighieri), bensì urge considerare che persino un Papa, quindi un Maestro della Chiesa, un prezioso punto di riferimento, ha maturato la decisione di fare un passo indietro, di appartarsi e di lasciare ad altri il gravoso compito di governare la Chiesa, Detto questo, mi permetto di commentare la lunga riflessione della mia dotta sorella Aurora, scrivendo soltanto che, una volta che si è affermato il principio che chiunque, persino un Papa, può rinunciare a dedicare la sua vita ad un servizio che gli è diventato gravoso, nessuno dovrebbe ergersi a giudice, peraltro non richiesto, ed emettere pseudo sentenze di disapprovazione o di condanna. Personalmente ritengo che i motivi che hanno indotto la Signorina Scuccia ad intraprendere un'attività diversa da quella cui aveva liberamente aderito (sottolineo il liberamente perché chi ha il senno per rovesciare le sue scelte, si presume che lo abbia avuto anche in precedenza, allorché scelse di dedicarsi alla vita monacale) non dovrebbero interessare altri. Si tratta di decisioni talvolta gravi che riguardano soltanto la coscienza delle persone.
    Non mi sentirei inoltre di condannare le "autorità" ecclesiastiche per il fatto di averle consentito di coltivare la sua vena artistica. Anzi, ci intravedo un'apertura insospettabile nell'ambiente ecclesiastico, una novità dunque positiva, da accreditare ancora una volta alla rivoluzione intrapresa dal Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, i cui obiettivi non sono stati ancora del tutto raggiunti. Per stemperare la serietà del discorso aggiungerei: ne vedremo ancora delle belle. Intanto non ci sfugga che a partire dal 1964 (io c'ero) le chiese si sono gradualmente svuotate, le vocazioni si stanno approssimando allo zero e le funzioni vengono via via affidate a preti Indiani ed Africani, Senza affrontare la stranezza dell'accordo tra Papa Bergoglio e Xi Jin Ping in base al quale il Cinese tollera i Vescovi nominati dal Vaticano in cambio di poterne nominare altri a lui graditi,

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