Il tempo che ci appartiene

 

La vera arte, a qualunque genere essa appartenga, è intramontabile, non subisce l’usura del tempo e non è soggetta all’oblio. A  distanza di anni, di secoli, di millenni rimane ancora attuale e continua a parlarci, a interrogarci, ad arricchirci interiormente, perché ha sempre qualcosa di nuovo e di importante da dire e da insegnare.

La letteratura classica ne è un esempio lampante. Testi filosofici e teatrali ci regalano perle di saggezza capaci di orientare le nostre scelte di vita e ispirare ancora oggi codici etici, visioni sociali, progetti politici.

Così un saggio scritto quasi 2000 anni fa può apparirci moderno e contemporaneo, aiutandoci a pensare e a comprendere meglio il tempo che ci è dato oggi di vivere.

È il caso di un piccolissimo trattato filosofico scritto nel 49-50 d. C. da Anneo Seneca, il De brevitate vitae, che contiene profonde considerazioni sul tempo e sull’uso che ne facciamo. Può aiutarci a riflettere e a vivere più consapevolmente il nostro tempo, e in particolare questo nuovo passaggio dal vecchio al nuovo anno che sta per sopraggiungere.

Seneca, nato nel 4 a. C., quindi quasi coetaneo di Gesù, è stato precettore di Nerone nei primi 5 anni del suo “buon governo”, per ritirarsi nel 62 a vita privata, prendendo le distanze dalla sua insana politica, e scegliendo nel 65 il suicidio, forse per non cadere nella spirale della repressione ordinata dall’imperatore contro gli autori della congiura ordita contro di lui, essendo anch’egli sospettato di tradimento.

Luca Giordano, La morte di Seneca, 1684, Museo del Louvre, Parigi

La sua fu una scelta, serena e consapevole, sebbene estrema, dettata dalla coerenza di vita, secondo i principi della filosofia stoica che egli aveva abbracciato, allo scopo di non mettere a rischio la sua integrità morale.

Secondo alcuni studiosi, alla fine degli anni 50 avrebbe conosciuto Paolo di Tarso con il quale avrebbe instaurato un intenso dialogo anche epistolare e dal quale avrà subito probabilmente anche un certo influsso.

La sua sensibilità etica, il valore della coscienza intesa come forza morale e spirituale, la convinzione dell’esistenza di un bene oggettivo, la pratica dell’esame di coscienza quotidiano come via per il superamento di vizi e mediocrità, sono tutti aspetti centrali della sua visione filosofica e della sua personalità.

La tesi centrale del De breviate vitae è riassunta in questa sintetica espressione: la vita non è breve; siamo noi che la sprechiamo.


Queste le sue parole: “Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine dall’estrema necessità, ci accorgiamo che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere.”

Secondo il suo punto di vista, infatti, piuttosto che dedicarci affannosamente a mille affari, per accrescere il nostro prestigio e il nostro patrimonio, dovremmo riservare più tempo a noi stessi, al silenzio, alla riflessione, per trarre dalla vita il massimo vantaggio.

Le sue parole aprono una breccia nell’anno che sta per concludersi e invitano anche noi a fare un esame di coscienza.

Come abbiamo vissuto il 2022 che stiamo per salutare, girando una nuova pagina della nostra storia? 

Quanto tempo abbiamo dedicato ai nostri “affari”, travolti dal vortice del lavoro che siamo spesso tentati di assolutizzare, inseguendo le logiche del successo a tutti i costi, del carrierismo vincente, della smania di essere sempre i primi in classifica?


E se non è il lavoro, sono perfino i nostri hobby la presa a cui ci attacchiamo voracemente, incapaci di distaccarcene anche solo momentaneamente, per vivere il silenzio come tempo nel quale ritrovare noi stessi e in cui aprire il nostro cuore alle necessità degli altri?

Tutti viviamo come inseguiti dal tempo, che ci sfugge via velocemente sotto gli occhi, senza riuscire ad afferrarlo. 

Diciamo spesso di non avere tempo. E questa è una delle nostre più frequenti lamentele, una delle espressioni che pronunciamo continuamente, sia verbalmente che mentalmente. E gli altri, che ci stanno accanto e lo percepiscono, ne rimangono amareggiati e delusi, prendendo le distanze da noi, distanze che difficilmente potranno essere successivamente accorciate.

Non siamo capaci di fermarci, di ascoltare, di pensare, di assaporare il bello che la vita può regalarci. Fino a quando non interverrà qualcosa che non dipenderà dalla nostra volontà e ci accorgeremo allora che di tempo non ne abbiamo davvero più, e tutto ciò che abbiamo rimandato non siamo più in grado di farlo, di sperimentarlo, di gustarlo, di viverlo.


Perché, se è vero che viviamo immersi nel tempo, in assenza del quale neppure  esisteremmo, il tempo tuttavia non possiamo trattenerlo. Ci viene dato solo in prestito, e può esserci tolto da un momento all’altro. Questo unico pensiero basterebbe a renderci più saggi e più umani.

Seneca si sofferma molto sul valore che ha il passato nella nostra vita, più di quanto ne possano avere il presente e il futuro.

Secondo il suo pensiero, il passato è l’unico tempo che ci appartiene veramente, perché il presente è breve e ci sfugge velocemente, e il futuro è incerto e non possiamo conoscerlo né prevederlo.

Sul passato invece possiamo soffermarci a riflettere. “È la parte del nostro tempo sacra e intoccabile, che non può essere modificata né abolita”, che dobbiamo accettare così com’è, ma che può insegnarci a vivere meglio e a progettare il futuro, traendo qualche importante lezione dagli errori e dalle esperienze vissute.

Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, di ripercorrere nella nostra mente le diverse fasi della nostra esistenza, per riconoscere senza paura i percorsi intrapresi che vanno corretti e i sentieri tracciati che attendono un’inversione di marcia.


Tuttavia, diversamente da quanto sostiene Seneca, credo che l’unico tempo di cui possiamo essere davvero protagonisti è l’attimo presente, ogni istante, uno dopo l'altro, che ogni nuova giornata ci regala, il solo tempo che ci appartiene veramente e di cui possiamo disporre, sebbene sia così breve da non darci spesso neppure la possibilità di esserne pienamente consapevoli. 

L’attimo “fuggente” lo definisce il famoso e coinvolgente film di Peter Weir del 1989, così fuggente che, se non lo afferri al volo, non lo ritrovi più e puoi perderti anche ciò che potrebbe rivelarsi fondamentale per la tua esistenza, occasione unica della tua vita.

L’espressione richiama alla mente un’accorata esclamazione di Sant’Agostino: “Temo il Signore che passa e io non me ne accorga”. Perché Dio, che ha scelto di entrare nel tempo e nello spazio, incrocia la storia di ogni uomo nell’attimo che gli è dato di vivere, quell’attimo in cui si gioca anche la possibilità o il rifiuto che si avveri questo grande irripetibile incontro.

Vittore Carpaccio, Visione di Sant'Agostino, 1502, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, Venezia

Al di là dell’attimo presente, tutto il resto, il giorno stesso che viviamo, ogni nuovo giorno, ogni nuovo anno, sono solo una promessa, una possibilità, un’aspettativa. Mai una certezza.

Se ci sarà concesso, quindi, viviamo l’anno nuovo verso cui ci stiamo incamminando con la saggezza della provvisorietà e con il sostegno della speranza che ci consentiranno di accogliere ogni nuovo istante come un dono prezioso e gratuito, non dovuto, con infinita gioia e gratitudine.

Auguri di un sereno 2023! Che sia per tutti un anno ricco di saggezza e sempre spalancato alla speranza!

Commenti

  1. Stupendo. Grazie Aurora, e grazie Seneca.

    RispondiElimina
  2. Tantissimi auguri cara Aurora di un nuovo anno ...non dovuto ma donato...grazie per le bellissime riflessioni sul tempo...mi offri la possibilità di riflettere ogni volta che leggo il tuo blog...Viviano ogni giorno con la consapevolezza di essere sostenuti e accompagnati...nonostante le prove della vita da cui non possiamo esonerarci....Buon nuovo anno. Lucia Zoda

    RispondiElimina
  3. Cari Amici,
    La vera medicina della vita è l'ottimismo. Sursum corda Fratelli carissimi...
    E' tutto così incerto intorno a noi... persino la fede che professiamo non ci fornisce certezze, ma speranze e dubbi... La Resurrezione è presentata SECONDO LE SCRITTURE ... Nel rito della S. Messa il Sacerdote invita alla SPERANZA DELLA VITA ETERNA ... Godiamoci dunque la vita... e cerchiamo -ove possibile- di considerare morto il passato e quasi morto persino l'attimo che stiamo vivendo e riponiamo nel domani le nostre certezze.
    Non si può mica vivere come fanno i Domenicani ed altri Ordini monacali che ogni notte, per tre o quattro volte, qualcuno bussa alla porta della loro celletta per dirgli RICORDATI CHE DEVI MORIRE. Si dienta pazzi.
    La speranza di vita di ciascuno ci consente di fare progetti, di dare appuntamenti, di iniziare cose fare, di intraprendere viaggi e di compiere opere.
    Buonanotte a tutti.
    Vostro Carmelo Maria Sarcià di San Giovanni

    RispondiElimina
  4. Da Salvo Patane '
    "Niente è più definitivo del provvisorio ".
    Nulla è più relativo della presenza dell'uomo sulla terra.
    Oggi c'è, sembra potente e invulnerabile. All'improvviso secca ( per un incidente, un infarto)come l'erba su prato.
    Vivere come se tutto dipendesse da noi, non dimenticando che siamo povere creature di un Dio inarrivabile ed incomprensibile con la nostra limitatezza.
    Cogliere l'attimo, non perdere il treno quando passa, vivere il presente senza rimuginare il passato, quello che poteva essere e non è stato!
    Impegnarsi, non risparmiarsi nei rapporti interpersonali.
    " Fa' o Signore che la morte mi trovi vivo".
    Auguri per il nuovo anno a tutti.
    Salvo Patane '


    ,

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Aurora, grazie! Leggo solo oggi, 5 gennaio, la tua bellissima riflessione. Gli avvenimenti di questi giorni, la morte di una persona che è stata importante nella nostra vita, come potrai immaginare… hanno immerso questo tempo nel tempo della “memoria” ….in cui la mente ha camminato tra passato, presente ed attesa del futuro. Faccio mio e ti giro l’augurio per il nuovo anno appena entrato “verso cui ci stiamo incamminando con la saggezza della provvisorietà e con il sostegno della speranza”.
      Ti abbraccio forte Carmela

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Riciclo solidale

Tre anni fa

Solo canzonette?