È Natale!

 

In prossimità delle festività natalizie, la Direzione di un noto Centro Commerciale di Roma ha pensato di creare l’atmosfera del Natale allestendo sul piazzale antistante un surreale addobbo in polistirolo: un villaggio “glaciale”.

Blocchi di ghiaccio, igloo, orsi bianchi, lupi, volpi artiche, pupazzi di neve, ricostruiscono lo scenario del Polo Nord nel quale si collocherebbe, nell’immaginario collettivo, la figura di Babbo Natale che, sulla sua slitta, sfreccia velocemente per raggiungere i bambini ai quali consegnare i suoi regali.

Il luogo, che non brilla né per bellezza né tantomeno per eleganza, è stato pensato soprattutto come attrazione dei bambini che vi possono accedere sotto lo sguardo divertito dei genitori, intenti a immortalare in video e foto ricordo i loro momenti di spensieratezza.

Niente di più inappropriato e di cattivo gusto, penso istintivamente, per esprimere il significato di una festa familiare e religiosa che richiama alla nostra mente il presepe e il calore del focolare domestico, e che evoca solidarietà, amicizia, sorrisi, abbracci, intimità, vicinanza e tanta poesia.


Osservo da vicino con curiosità la scenografia allestita e il mio disappunto è così grande che decido di avvicinarmi al vigilante che custodisce l’accesso al “villaggio”, per chiedergli informazioni sull’origine dell’iniziativa e manifestargli le mie perplessità.

Ma, nonostante le mie esternazioni, il suo pensiero va solo ai bambini ai quali, a causa della pioggia, che ha in parte allagato l’allestimento, deve proibire l’accesso per motivi di sicurezza. E continua a ripetermi mortificato e accorato: “Dovevano farci una copertura! Perché mi dispiace dire di no ai bambini che vogliono entrare”.

Riprendendo il mio cammino verso casa, non posso fare a meno di ripensare alla scenografia glaciale, alla tenerezza del suo custode per i bambini e allo scambio di idee che ho azzardato a intavolare con lui. 

Di primo acchito, il nostro mi è sembrato un dialogo tra sordi e, costernata, cerco comunque di comprendere la logica del suo punto di vista, provando a liberarmi della mia visione e a guardare la situazione con i suoi occhi.

Mi appare più chiara allora la sua intenzione di andare oltre la lettera, al di là dell’apparenza, al cuore delle cose.

Ciò che conta per lui non è il fatto che la scena, bella o brutta che sia, rappresenti il Polo Nord, ma che sia possibile accogliervi i bambini e farli divertire. Il resto non conta. Sicuramente ha un modo di vedere le cose meno “inquadrato” del mio, più flessibile, più libero dagli schemi.


Mi chiedo allora, andando al di là della mia istintiva insoddisfazione, quale altro senso possa avere per noi questo particolare addobbo “natalizio” e quale legame con il significato vero del Natale potrebbe essere colto in esso.

Il ghiaccio, penso, è lo specchio della nostra società, la metafora di questo nostro mondo, l’icona più espressiva del momento storico che stiamo vivendo.

In fondo oggi siamo tutti più o meno “congelati”. 

Sono congelate le nostre relazioni interpersonali a causa di un Covid che ancora non cessa di serpeggiare ovunque liberamente.

Sono congelate le relazioni tra i popoli, sono congelate le istituzioni impotenti e i governi, sono congelate le menti e i cuori di chi potrebbe prendere decisioni importanti per cambiare il corso degli eventi e non lo fa.

Tutto sembra paralizzato, bloccato, sospeso nel vuoto, immobilizzato e inchiodato alla dura realtà che non cambia, che non fa un passo in avanti verso un orizzonte di luce e di speranza, ma casomai fa passi indietro che paralizzano sempre più i rapporti e i desideri di cambiamento.


Nessuno si muove per far cessare i conflitti che da anni o decenni si combattono in ogni parte del mondo.

Nessuno si muove per fermare in Ucraina questa maledetta guerra che sta incendiando il Paese e che rischia di sacrificare quel che resta dei suoi figli nella morsa del gelo di questo inverno.

Nessuno si muove per fermare il traffico di esseri umani e la dispersione dei loro cadaveri nel deserto, nel Mediterraneo e lungo tutte le rotte di emigrazione sparse in ogni continente. 

Nessuno si muove per salvare il pianeta sfruttato, devastato, saccheggiato, abbrutito da mani voraci e insaziabili.

Nessuno si muove per arginare gli effetti devastanti del cambiamento climatico che minaccia la sopravvivenza di ogni specie vivente.

Nessuno si muove per scoraggiare e dissuadere i dittatori che in Iran e in più della metà dei Paesi del mondo negano e calpestano i diritti fondamentali dei loro stessi popoli.

Il generale Min Aung Hlaing, capo della giunta militare golpista che governa Myanmar

E le situazioni di immobilismo e di impassibilità non si esauriscono a quelle elencate.

A esse possiamo anche aggiungere i contesti personali e familiari di sofferenza, di malattia, di lutto, di disagio, di disoccupazione, di povertà.

Ma è proprio in questo clima che arriva il Natale, come 2000 anni fa, come ogni anno, come sempre. È qui che vuole nascere Gesù, che con la sua venuta non trasformerà magicamente il mondo e la nostra vita, ma dirà una parola nuova, di pace e di speranza, consegnando all’uomo la responsabilità del cambiamento.

Anche a Betlemme il freddo e il gelo, secondo un antico canto popolare, pervadono l’atmosfera. Un freddo che non è solo una condizione meteorologica. Perché attorno alla mangiatoia in cui viene deposto Gesù si concentrano i timori e i sospetti di personaggi rigidi e integralisti, dalla mente chiusa e inchiodata su pregiudizi, paure, sete di potere, che non lascia alcuno spiraglio aperto a un qualsiasi possibile cambiamento, dai farisei a Erode a molti esperti scrutatori delle Scritture.

Tuttavia, anche nel gelo si nascondono segreti impensabili che possono sorprenderci. 

Leggevo nei giorni scorsi che nella neve e nel ghiaccio c’è una logica di armonia e di bellezza, un ordine precostituito, una struttura geometrica di perfezione.


I cristalli che compongono la neve infatti hanno la struttura di un’opera d’arte, e l’uomo, nonostante la sua provata intelligenza e sapienza, non ne capisce ancora fino in fondo il perché

Possono essere addirittura 35 le tipologie delle loro forme, non visibili a occhio nudo, in base alla temperatura e all’umidità: esagonali, aghiformi, cilindriche, a stella, triangolari, schiacciate, a colonne chiuse… Uno spettacolo che affascina, incanta e lascia a bocca aperta.

Come nella gelida neve, anche in ogni situazione bloccata e impietrita si può scorgere dunque qualche granello di luce e di speranza, seppure flebile e appena abbozzato, su cui far leva per un possibile cambio di rotta del suo percorso, come accade davanti alla mangiatoia dove, nonostante il gelo, fioriscono l’abbandono di Maria e di Giuseppe al progetto incomprensibile di Dio, la fede semplice dei pastori, l’intuizione sapiente dei Magi.

Chi guida le sorti dell’umanità dovrebbe possedere la capacità di intercettare gli spiragli di speranza che sempre si nascondono tra le trame della storia, dando spazio non all’istinto che aizza e fomenta un’escalation di violenze, soffiando sul fuoco, ma al desiderio di tessere la difficile maglia del dialogo e dell’ascolto, nell’interesse comune.


Ritornando al glaciale allestimento natalizio e al suo custode, immagino i bambini che nella loro semplicità sorridono e si divertono giocando e rincorrendosi. Dovremmo imparare molto da loro che, rispetto a noi, si accontentano davvero di poco e qualunque piccola novità diventa nelle loro mani e ai loro occhi una scoperta speciale che genera stupore.

Il Natale, con i suoi simboli religiosi, in particolare il presepe e i bei canti che ne spiegano e commentano i contenuti, è uno dei momenti magici che illumina la loro vita costruendo in loro una particolare familiarità con le tradizioni e i valori più tipici della nostra cultura. 

Non dovremmo mai trascurare questo aspetto nella cura che riserviamo alla loro crescita, per aiutarli a capire che “Natale” non è una parola vuota ma il giorno in cui si celebra la nascita di Qualcuno che ha impresso una svolta all’evolversi del tempo, e che per questo viene ricordato da secoli da quasi tutti i popoli della terra. 

Senza questo insegnamento, priviamo i bambini di un’esperienza che affonda le sue radici, oltre che nella fede religiosa, nella cultura e nelle tradizioni del nostro Paese e neghiamo loro la conoscenza di un aspetto fondamentale della loro stessa storia.

Inoltre, più di tante dotte lezioni di catechismo, il presepe è la migliore e più diretta catechesi che arriva immediatamente alla loro comprensione. I suoi messaggi di accoglienza, amore, solidarietà, stupore, dono, hanno il potere di istruirli ed educarli. I suoi pastori, quasi vivi personaggi protagonisti sulla scena, li incantano e li affascinano con la loro unicità e bellezza.


Oltre alla preparazione del presepe nella propria casa, la visita ai presepi dovrebbe diventare un’esperienza consueta per i bambini, che ogni famiglia può curare e coltivare come appuntamento irrinunciabile delle festività natalizie.

Ogni città offre originali e creative esposizioni di vere e proprie opere d’arte, veicolo di contenuti religiosi intramontabili. Tra queste, merita una particolare segnalazione Ossana, piccolo Comune del Trentino con appena 832 abitanti, che può essere definito il paese-presepe, perché ogni anno, insieme a spettacoli di luci e musica, sono almeno un migliaio i presepi che vengono allestiti, sia all’esterno lungo i vicoli e le strade, che nei cortili che si aprono all’interno di alcuni edifici, di dimensioni, stili e materiali diversi, opere realizzate da artisti del luogo ma anche dai suoi abitanti, piccoli e adulti.


Tanti presepi, tante storie. Opere uniche, classiche e moderne, che provengono anche da collezioni private. Dal presepe in movimento, accanto alla chiesa di San Vigilio, patrono di Trento, che ricostruisce scene di vita quotidiana del passato, ai presepi che riproducono Ossana in miniatura, e i suoi rifugi di montagna riprodotti in legno; e poi cento piccoli presepi del Venezuela realizzati in argilla, terracotta, legno, tessuto; e ancora il presepe con i soldati e le trincee, che ricorda la tregua del Natale del 1914 durante la grande guerra; e quello che commemora il drammatico incidente aereo del 22 dicembre 1956 con i volti dei passeggeri e dell’equipaggio che vi persero la vita; e infine la collezione di novecento piccoli presepi realizzati a mano, provenienti da tutto il mondo.

Il presepe che ricorda la tregua del Natale 1914

Guardando il presepe, che ogni anno preparo con grande trepidazione, mi unisco spiritualmente a tutti voi che leggete, augurando a voi, alle vostre famiglie e a me stessa un Natale nuovo, più autentico, dove non manchi certo la poesia e la tenerezza, ma dove cresca soprattutto la responsabilità della testimonianza del vangelo, che è capace di cambiare i cuori e la storia.


Commenti

  1. Che questo Natale sciolga il gelo che ci paralizza.
    Grazie Aurora per questa bella e profonda riflessione. Il bimbo che nascerà tra poco sia un fuoco che accende i cuori e non un freezer che congela.
    Grazia.

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  2. Da Salvo Patane '
    Basterebbe ascoltare l'invito rivolto ci dal profeta Isaia più di 2000 anni fa: " non costruire armi di distruzione ma arnesi di lavoro: falci e aratri".
    Cesserebbero le tante guerre sparse per il mondo e le risorse risparmiate servirebbero a sconfiggere la fame e le malattie che affliggono tanti, troppi nostri fratelli.
    È un'utopia?
    Forse sì. Ma non posso fare a meno di sognarla ogni giorno e soprattutto in questo periodo dell'anno , il Natale.
    Ma non basta sognare un mondo più giusto e fraterno.
    Bisogna seminare e diffondere pace e bene nel proprio piccolo
    quotidiano.
    E dare la propria goccia di testimonianza e di amore affinché quell' "utopia" possa un giorno diventare realtà.
    Buon Natale di solidarietà e di pace a tutti.

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  3. Grazie Aurora.La Tua puntualità settimanale nell' inviarci il Post ci spiazza, perché ci aiuta a riflettere e meditare su argomenti che apparentemente sono ovvi, però con la Tua sottolineatura riusciamo ad intravedere particolari o spunti che probabilmente non avremmo pensato o notato. Grazie assai. Ti Auguro di trascorrere il S. Natale con serenità.
    Auguri Affettuosi. Filippo Grillo

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  4. Grazie Aurora, come spesso accade, le tue riflessioni mi fanno tornare lontano nel tempo, quando bambina mio padre mi portava a visitare i presepi che quasi tutti gli alberghi di Montecatini, allestivano in bella vista . Era un momento di vera felicità.La stessa felicità che ho provato quest’anno nel fare il presepe con la mia nipotina di due anni.È importante che noi nonni “passiamo” questa bellissima e calda tradizione ai nostri bimbi….

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  5. Grazie Aurora, come spesso accade, le tue riflessioni mi fanno tornare lontano nel tempo, quando bambina mio padre mi portava a visitare i presepi che quasi tutti gli alberghi di Montecatini, allestivano in bella vista . Era un momento di vera felicità.La stessa felicità che ho provato quest’anno nel fare il presepe con la mia nipotina di due anni.È importante che noi nonni “passiamo” questa bellissima e calda tradizione ai nostri bimbi…. Sandra

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  6. Grazie mille, carissima Aurora!
    Il messaggio di pace e semplicità del presepe, diffuso oltre duemila anni fa, è l'unica vera rivoluzione. Come sarebbe diversa, più piena e autentica, la vita di ognuno di noi se questa rivoluzione operasse giornalmente nei nostri cuori. Voglio ringraziarti perché le tue riflessioni settimanali sono per me un dono preziosissimo. Ti auguro un Natale pieno di amore, circondata dagli affetti più cari. Un abbraccio. Teresa Sindona

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  7. Silenzio, stupore, meraviglia, gratitudine sono le parole ispirate per celebrare il Natale. Dobbiamo aprire il cuore per vedere che sotto la cenere c'è il fuoco e che il regno di Dio dopo 2000 anni dalla nascita di Gesù nonostante i segni contrari si sta manifestando, e una nuova umanità a partire da noi sembra dare i primi segni. Io sono molto fiducioso. Forse ci vorranno ancora tanti anni ma siamo all’inizio. Mirio

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  8. Bellissimo il post natalizio,grazie. Mi verrebbe da pensare alle parole di san Francesco ai suoi frati: predicate il Vangelo in ogni modo, eventualmente anche con le parole... Marco Ganassi

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