Come una farfalla

 


La mia mano è una farfalla / bestiola spaventata / frullo d’ali improvviso / di preda impallinata / di rifugio in rifugio / di taschino in taschino / ha una sola speranza;
che voi dimentichiate / le sue dita agitate / che riempion la stanza / mentre s’inventa il vento / o racconta il mare…

Nata per lavorare / sul palco della vita / per farsi perdonare / arranca inutilmente, /eppure l’ho avvertita: / lei non c'entra per niente, /e io continuo ad amarla, / seppur perdutamente…


Sofferte espressioni poetiche di indicibile bellezza questi versi di Bruno Lauzi, morto nel 2006 per un tumore al fegato, ma che aveva anche lottato per anni, a partire dal 2002, contro il morbo di Parkinson, con il quale amava discutere usando parole di ironia e di rabbia allo stesso tempo.



Autore di una ricchissima e varia produzione artistica, poetica e musicale, tra cui le indimenticabili e intramontabili canzoni “Piccolo uomo” e “Almeno tu nell’universo”, interpretate da Mia Martini con tutta la passione che la caratterizzava, è proprio attraverso questa che ci parla e si rivela, permettendoci di conoscere la grandezza del suo talento, la sensibilità della sua persona e la profondità dei suoi sentimenti.


Tutti abbiamo una certa familiarità con il Parkinson, una scomoda malattia, che non è affatto rara, ma che diventa anzi sempre più diffusa e onnipresente.


Nomi e volti di amici, anche carissimi, o di parenti e conoscenti più o meno a noi prossimi, scorrono nella nostra mente: persone comuni o di grande prestigio, che condividono tutte la stessa sorte, e che ogni giorno lottano con tenacia e pazienza contro questo nemico invisibile ma pur pesantemente ingombrante e presente nella loro vita, anche quando la malattia assume forme non eccessivamente invasive e sintomi appena percettibili all’esterno.


È a tutte queste persone e ai loro congiunti, pienamente coinvolti al loro fianco come colonne portanti e indispensabili compagni di cammino, che vorrei dedicare questo post, come segno di affetto e di riconoscimento del valore della loro esistenza che, pur contenuta in vasi fragili da maneggiare con molta cura e costretta a misurarsi ogni momento con la pesantezza della realtà quotidiana, continuano a scrivere la storia, con tutta la sua complessità, ma anche con tutto il suo fascino e la sua bellezza, e a imprimervi l’impronta della loro unicità.



Dedico a tutti loro questo post, perché possano ritrovare ogni giorno la forza, morale e fisica, di rimettersi in piedi e di continuare il loro viaggio, con coraggio e determinazione, senza cedere alla stanchezza e alla demoralizzazione.


L’elenco dei personaggi famosi accomunati da questa stessa esperienza di vita potrebbe sorprenderci. 


Vi ritroviamo nomi a noi cari, come  il Santo Papa Giovanni Paolo II e il Cardinale Carlo Maria Martini, che ci hanno lasciato una grande testimonianza di forza, di coraggio e di grande dignità per il modo con cui hanno affrontato la malattia e resistito al suo prepotente farsi strada nelle loro membra.


Ci sono anche persone più comuni ma note, come il famoso e apprezzato giornalista Vincenzo Mollica che, sebbene anche cieco e diabetico, non ha mai perso la simpatia e la semplicità della sua capacità comunicativa, e pur in pensione non si nega quando viene coinvolto, in collegamento audio o video, in qualche trasmissione televisiva.



Ma vi sono altre personalità di rilievo che hanno fatto la storia come Charlie Chaplin, Mao Tse Tung, Yasser Arafat, Salvador Dalì.


Perché il Parkinson non guarda in faccia nessuno e non si fa alcuno scrupolo quando decide di invadere il campo, qualunque esso sia.


Si tratta di una delle più antiche malattie esistenti al mondo. I sintomi che la caratterizzano sono infatti descritti in documenti antichissimi. Se ne parla addirittura in un testo di medicina indiana risalente al 5000 a.C. e in uno di medicina cinese del 2500 a. C. Ma anche nel libro di Qoelet dell’Antico Testamento (III sec a. C.) vengono descritte nel dettaglio le sue manifestazioni. 


Sarà però un chirurgo londinese, James Parkinson, a descrivere nel 1817 in modo accurato i sintomi di questa malattia allora chiamata “paralisi agitante” e che in seguito prenderà il suo nome. Appassionato anche di geologia e paleontologia, era un sostenitore del catastrofismo, sebbene in campo medico sia stato un pioniere della medicina preventiva.



Diffuso in ogni paese del mondo, il morbo di Parkinson può colpire soggetti di tutte le età, dai 21 anni in su, ma più comunemente si manifesta intorno ai 60 anni. I numeri parlano da soli. Sono circa 300.000 i soggetti colpiti dalla malattia nel nostro Paese, ma tendono ogni anno ad aumentare di almeno 6.000 unità.


Purtroppo la ricerca scientifica non fa passi in avanti significativi per la scoperta di strumenti idonei a porre un argine al suo progressivo dilagare. Non esiste infatti ancora una cura efficace che sia in grado di prevenire la patologia o di bloccarne il decorso, arrestando l’evoluzione dei suoi effetti debilitanti.

Alcuni traguardi importanti sono stati raggiunti, tuttavia, specie relativamente all'individuazione di farmaci più efficaci e di più adeguati strumenti diagnostici. Notevoli sono anche  le nuove conoscenze acquisite nel campo della biochimica, della genetica e della biologia molecolare.  Ma siamo ancora lontani dalla comprensione delle cause della malattia


Ho appena quasi completato il mio testo, quando scopro casualmente che proprio domani, 26 novembre, sarà la giornata nazionale dedicata a questa patologia. Una strana coincidenza con la mia decisione di riflettere su questo tema, che mi ha particolarmente meravigliato e sorpreso. 


Affinché la giornata non si riduca a una retorica celebrazione formale e priva di significato, ci auguriamo che sia accompagnata dall’impegno per un effettivo potenziamento del lavoro di ricerca che imprima una svolta decisiva a un cammino che ancora oggi sembra segnare il passo.


Non voglio dilungarmi oltre in queste mie sintetiche considerazioni sul Parkinson, perché ritengo sia molto più stimolante e proficuo immedesimarsi nelle condizioni esistenziali di chi ne porta ogni giorno il fardello, interiorizzando i loro sentimenti e le loro sincere e toccanti confidenze. 


Per questo concludo dando nuovamente la parola a Bruno Lauzi che non ha avuto paura di uscire allo scoperto e di porsi a tu per tu col suo nemico, a testa altascrivendogli una “LETTERA APERTA”, dura e ironica, nella quale gli rinfaccia colpe e responsabilità ma in cui rivendica anche il valore della sua Resistenza inflessibile e determinata per difendere, per quanto gli è possibile, i suoi spazi di libertà, di espressione e di azione.



Meglio le dichiarazioni di Bruno Lauzi che le mie, perché le sue sono parole appropriate e opportune, quelle di chi conosce fin troppo bene la materia di cui tratta, perché ne sperimenta personalmente il peso e il significato, e ogni sillaba che pronuncia non è affatto casuale, ma è pienamente pensata e voluta, in quanto rivelatrice di un vissuto che merita giustamente di essere confessato e denunciato nella sua cruda e asciutta verità. Ecco le sue parole.


“Egregio Signore,

non è con piacere che le scrivo questa lettera, ma d’altra parte avrei dovuto parlarle a quattr’occhi, affrontarla di persona, sopportare quel suo subdolo modo di fare che è quanto c’è di peggio per far perdere la pazienza anche ad un santo, figuriamoci a me.


Le scrivo, come può notare, col computer, perché la mia calligrafia s’è fatta illeggibile e così minuscola che i miei collaboratori devono usare la lente d’ingrandimento per riuscire a decifrarla…


Perché le scrivo?

È presto detto: io ho superato con una certa disinvoltura l’imbarazzo che lei (l’ho scritto senza maiuscola, non la merita) mi ha creato chiedendo pubblicamente la mia mano ed ovviamente ottenendola. Convivere con un ufficiale inglese a riposo, già condannato nel Punjab per ripetuti tentativi di violenza neurologica su qualunque essere di qualunque specie (le cose si vengono a sapere, come vede…) non è stato facile, la mia è una famiglia all’antica e non ha apprezzato. Ma ora lei sta esagerando, signore, glielo devo dire. Quando è troppo è troppo, e il troppo stroppia!


C’è un proverbio arabo che dice: ”Se hai un amico di miele, non lo leccare tutto”; invece lei s’approfitta d’ogni rilassatezza, dell’abbassamento della guardia nella battaglia quotidiana, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male… Si sa, gli artisti sono farfalloni incoscienti… No, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri. La Resistenza è cominciata.


Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare, una vita da portare avanti meglio di così! D’ora in avanti prometto che starò più attento ai consigli dei miei dottori, e che mi impegnerò maggiormente nell’aiutarli nella raccolta dei fondi necessari per la ricerca. Anzi sul tema della solidarietà mi ci gioco una mano, la mano che, pitturata e serigrafata fa da piedistallo ad una poesia contro di lei, colonnello dei miei stivali, funzionando da incentivo a dare… già, poiché a chiunque faccia un’offerta per la ricerca verrà inviata “LA MANO” come ricordo e memento…



Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie…


Parola mia, di questo omino per molti un po’ buffo, per altri un po’ patetico, ma che vive il sogno di poterla, un giorno non lontano, prendere a schiaffi.

A mano ferma.

Mi stia male e a non rivederla.”


Bruno Lauzi

Commenti

  1. La malattia trasforma le persone, i loro corpi, la percezione e la stessa capacità relazionale. Spesso emarginiamo chi già si auto-emargina a motivo della malattia, chiudendosi e associando depressione alla malattia fisica. Grazie a Dio c'è chi reagisce, chi, come Bruno Lauzi, non si è arreso, lottando finché ha potuto. Durante la fase della sua malattia lessi un articolo su di lui che aveva inventato un nuovo prototipo di camicia in cui i bottoni erano sostituti dalla chiusura a strappo, per rendere più facile l'autonomia dei colpiti dal morbo, che potevano così indossare da soli una camicia. Restai ammirato di come era stato capace di trasformare un deficit in una opportunità, una disabilità in diversabilità. Giuseppe Raciti

    RispondiElimina
  2. Grazie Aurora! Hai fatto bene a lasciare “parlare” Bruno Lauzi .E ‘ stato ironico ma anche commovente e ci ha invitati a stendere una mano verso chi è stato colpito senza motivo da questa subdola e dolorosa malattia.Sandra

    RispondiElimina
  3. Da Salvo Patane'
    Da qualche mese sono stato colpito da una brutta malattia autoimmune " artrite reumatoide " e sono limitato nei miei movimenti. Dolori sparsi nel corpo, soprattutto durante la notte e nella prima mattinata.
    Ho dovuto rinunciare alle passeggiate, ai bagni al mare e non posso fare programmi .
    Vivo alla giornata perché non conosco l'evoluzione della "bestia".
    Capisco chi soffre di patologie ancora più invalidanti come il Parkinson o ancora peggio l' Alzheimer.
    La persona gradatamente perde parte delle proprie capacità e si sente sempre più fragile vulnerabile.
    In un certo senso, si ritorna un po' bambini, perché si è costretti a dipendere dagli altri.
    Si prende coscienza, ancora di piu', se ce ne fosse stato bisogno, dei propri limiti.
    È una battaglia improba, giorno dopo giorno, si lotta e si spera sempre di limitare i danni.
    Grazie anche alla Ricerca che, con il nostro aiuto, compie continui progressi.

    RispondiElimina
  4. Grazie Aurora per l'argomento conosciuto in tutto il mondo perché, come hai fatto notare ognuno di noi conosce qualcuno in seno alla famiglia, oppure tra gli amici o conoscenti, colpito da questo morbo.
    Durante l' inizio della malattia di Giovanni Paolo II, ho cominciato ad osservarlo minuziosamente, nei suoi gesti, nella sua mimica facciale e nel suo interloquire.
    Durante tutto il percorso, mi rendevo conto che, nonostante la malattia lo demolisse fisicamente, Lui cercava di mantenere alto il morale, psichicamente e umanamente.
    Che esempio meraviglioso è stato per tutti, fino alla fine dei suoi giorni.
    Grazie Aurora, anche per come hai lasciato parlare Bruno Lauzi, per come anche Lui con dignità ha affrontato la malattia, argomento che io non conoscevo. Filippo Grillo.

    RispondiElimina
  5. Grazie Aurora! È molto importante ricordare la giornata dedicata al Morbo di Parkinson, malattia neurodegenerativa con evoluzione progressiva anche se lenta. Speriamo nella ricerca, nel progresso delle cure legate alle nanotecnologie. Apprezzabile il ricordo e la testimonianza della battaglia di Bruno Lauzi con il Parkinson. La tua intelligenza empatica sa trattare e analizzare vissuti tanto sofferenti con delicatezza e comprensione. Un abbraccio. M.Cristina

    RispondiElimina
  6. Bellissimo questo articolo, come sempre. Apre una finestra su una patologia gravissima che sviluppandosi poco alla volta sembra meno grave di altre, ma in realtà ha un impatto devastante sulla vita delle persone colpite e delle loro famiglie. Ciao Al

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Riciclo solidale

Tre anni fa

Solo canzonette?