Giochi di potere

 

In tempo di guerra fa bene rispolverare fatti del passato, per capire cosa si nasconde dietro ai conflitti e quanti individui calcolatori furbi e senza scrupoli approfittano delle disgrazie altrui per intraprendere loschi affari e arricchirsi.

Corruzione, tangenti, traffico di armi, attentati, ricatti, minacce, rapimenti, morti sospette, sono gli ingredienti della storia complessa e aggrovigliata di parecchi anni fa, ricostruita nel film del 2018 di Per Fly dal titolo Giochi di potere, che vorrei qui raccontare solo nelle sue linee essenziali, rimandando il lettore interessato alla visione del film e alla nutrita bibliografia facilmente reperibile sul web.

Il regista Per Fly

Ma a questa storia mille altre rassomigliano, antiche e contemporanee, tutte accomunate dall’uso degli stessi espedienti torbidi e illeciti. 

Perché i giochi di potere e di corruzione si nascondono ovunque e sono sempre gli stessi. 

E le guerre sono uno dei terreni più fertili in cui essi attecchiscono. Non c’è guerra che possa rimanerne esente.


E purtroppo, anche gli stessi progetti umanitari, che vorrebbero mitigarne i devastanti effetti, spesso vi rimangono invischiati. 

È il caso del Programma ONU Oil for Food (Petrolio in cambio di cibo) avviato nel 1996 a favore della popolazione irachena, dopo la prima guerra del Golfo.


Abbiamo purtroppo tutti la memoria corta, e bastano pochi giorni per voltare pagina e cancellare ogni traccia di un passato scomodo e imbarazzante, che molti hanno interesse che venga occultato e dimenticato.

E poi sentiamo così tante notizie che fanno scalpore, che alla fine ci abituiamo e finisce col prevalere la distrazione e l'indifferenza

E così è accaduto anche per questo scandalo che ha fatto tremare i vertici delle più rinomate istituzioni pubbliche, di molte aziende private, di affermate compagnie industriali e petrolifere, di governi e istituti bancari, ma di cui oggi pochi conservano un lucido ricordo.


Il film del regista danese Per Fly pone sotto i riflettori quello che è riconosciuto come uno dei più recenti vergognosi scandali finanziari e politici, che investe persone altolocate, tra cui anche eminenti funzionari dell’ONU, e i Paesi di mezzo mondo, Italia compresa.

Coinvolto anche Kojo Annan, figlio dell’allora Segretario generale delle Nazioni Unite, il ghanese Kofi Annan che, nonostante tutto, rivendica il successo del Programma che avrebbe sfamato 27 milioni di iracheni.


La storia che viene narrata nel film è tratta dal libro autobiografico Backstabbing for Beginners (Pugnalate alla schiena per principianti) dello scrittore e giornalista danese Michael Soussan, (nel film Michael Sullivan /  Theo James) testimone diretto dei fatti, che trova il coraggio di parlare, svelando la verità, denunciando i diretti responsabili e rischiando per questo la vita.


Perché stare dalla parte della verità è la sua prima regola di comportamento, come dirà da protagonista del film: “Il problema non è se racconti bugie agli altri, ma quando le racconti a te stesso”.

Grazie alle sue rivelazioni fatte al “Wall Street Journal”, il Programma nel 2003 viene chiuso e viene istituita una Commissione d’inchiesta dell’Onu presieduta dall’ex governatore della Federal Reserve System, banca centrale degli Stati Uniti d'America. 

Il 21 gennaio 2013, dopo anni di indagini, inizia il processo a Parigi.

Michael Soussan è un giovane di appena 24 anni, figlio di un diplomatico ucciso in un agguato presso l’Ambasciata americana in Libano, quando aveva solo 5 anni. 

Michael Soussan

È la sua persona che vorrei risaltasse dalla narrazione di questa storia, nota per i suoi immorali e spietati risvolti, per dimostrare come anche le scelte coraggiose di un solo individuo possano diventare determinanti per il cambiamento del corso degli eventi.

L’esperienza della morte del padre lo segna profondamente e la sua esemplarità lo accompagnerà nella sua crescita, insegnandogli a schierarsi dalla parte della verità e della giustizia.

Desideroso di seguirne le orme, presenta all’ONU la sua domanda di lavoro e sarà il sottosegretario delle Nazioni Unite, Benon Sevan, ad affidargli il coordinamento del Programma umanitario Oil for Food, che ha lo scopo di alleviare le sofferenze del popolo iracheno, già provato da quattro lunghi anni dalle conseguenze delle pesanti sanzioni economiche imposte a Saddam Hussein, allo scopo di indebolirlo militarmente, dopo l’invasione del Kuwait il 2 agosto 1990.


Le sanzioni economiche hanno avuto, infatti, effetti devastanti sulla popolazione: la diminuzione del reddito pro capite di quattro quinti, il crollo dei livelli di alfabetizzazione, il raddoppio del tasso di mortalità infantile, epidemie di tifo e di colera, un elevato numero di persone ridotte alla fame.

E tutto questo nel contesto di uno scenario spettrale, dove i bombardamenti della coalizione, formata da 34 Paesi e guidata dagli Stati Uniti d'America, hanno distrutto tutto, compresi gli impianti di energia elettrica, le strutture fognarie, i sistemi di depurazione delle acque.


“Il Programma Oil for Food - rivela Michael Soussan - era una buona idea inizialmente. Volevamo salvare il popolo iracheno dalle sanzioni che noi stessi avevamo imposto loro. L'Onu aveva autorizzato una guerra e posto sanzioni che non avrebbe rimosso fin quando Saddam Hussein fosse stato eliminato. Ma in quella guerra non eliminarono Saddam, e lasciarono l'Iraq  senza acqua potabile, senza elettricità, senza cibo, con ospedali dove si operava senza anestesia, perché l'Iraq era al tempo un Paese che importava tutto, tranne il petrolio. E intanto Saddam e il suo governo continuavano a vivere in palazzi dorati. Una contraddizione tremenda. L'Onu diceva che la guerra non era contro il popolo iracheno, ma fu solo il popolo a pagare le conseguenze" (la Repubblica, 9/07/2018).

Il palazzo di Saddam Hussein, oggi Museo della Mesopotamia

Il Programma consentiva al dittatore iracheno di vendere petrolio a condizione di investire i proventi nell'acquisto di cibo e medicine per la popolazione. Primo caso in cui gli aiuti umanitari vengono finanziati dallo stesso Paese destinatario.


In realtà Saddam Hussein contrabbanda il suo petrolio con i paesi vicini e con le industrie occidentali, vendendolo con un sovrapprezzo che incassa attraverso società fittizie, arricchendosi, reinvestendo gli importi incassati in armamenti e rifornimenti per l’esercito, e sfruttando a suo vantaggio il Programma, per di più con la connivenza di alti funzionari dell’ONU. 

I pagamenti illeciti transitavano sui conti della Bnp-Paribas, la banca parigina incaricata dall'ONU per le transazioni ufficiali.


Tutti sapevano ma tutti tacevano, perché a tutti era assicurato un guadagno.

Oil for Food diventa così l’occasione per alimentare un enorme sistema di corruzione, con un gigantesco giro di tangenti per 20 miliardi di dollari, pilotato dal dittatore iracheno Saddam Hussein. 


Il sistema vede coinvolti funzionari dell’ONU, governi occidentali, americani, asiatici, con le loro 2200 imprese multinazionali, di cui 122 italiane, membri del governo iracheno, tutti pronti a sedersi al tavolo di questi loschi affari per spartirsi la torta, come avvoltoi ingordi e voraci.

Numerosi i marchi automobilistici sotto accusa, svedesi, americani, francesi, svizzeri, russi, cinesi, malesi. Tra essi Volvo, Chrysler, Mercedes, Total, Vitol, Lukoil, Mastek… 

Tra i molti nomi coinvolti, uno ci è familiare: quello dell’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, del movimento Comunione e Liberazione, che con i suoi collaboratori indagati, si vede prosciolto per prescrizione il 15 aprile del 2010 dalla Corte d'Appello di Milano.

Roberto Formigoni

Primo responsabile di questo sistema di corruzione è il sottosegretario delle Nazioni Unite Benon Sevan (nel film Pasha / Ben Kingsley), di origini cipriote, con 40 anni di carriera diplomatica alle Nazioni Unite, capo del programma Oil for Food, un uomo che esercita la sua funzione diplomatica con doppiezza e astuzia, ostentate con estrema disinvoltura.

Sarà accusato di avere ricevuto denaro in cambio dell'assegnazione di importanti contratti petroliferi. Il processo accerterà che sono stati 150.000 i dollari da lui intascati.

Dimessosi nel 2003 dal suo incarico all’ONU, oggi vive da latitante nella sua terra d’origine.

Benon Sevan

Non so quante persone coraggiose e leali, come Michael Soussan, circolano nei palazzi e nelle istituzioni dove si gestiscono progetti importanti per i popoli che vivono in povertà e sofferenza. Non riesco a immaginarne molte. 

Mi auguro però che almeno il Patto del grano firmato il 5 luglio tra Italia e Turchia, e benedetto dalla Casa Bianca, per i paesi che rischiano nel mondo di morire di fame, a causa della guerra ucraina, vada in porto e sia salvaguardato da interessi lobbistici e affari criminali che finirebbero per svilire ancora una volta un intervento di così vitale e urgente necessità.

Commenti

  1. C’è poco da aggiungere a quello che hai scritto, le parole che mi vengono in mente sono infinita tristezza

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  2. Grazie che ci ricordi questi loschi traffici e i nomi, ..... Purtroppo la memoria è a breve termine e i processi, quando ci sono, lunghissimi. Luana simi.

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  3. Abbiamo tante bellissime istituzioni internazionali ( F.A.O, O.N.U, UNICEF, G7, G 20,...) finanziate dalle nostre economie e da tanti privati sostenitori . Dovrebbero aiutare a ridurre gli squilibri che ci sono nel mondo a causa dello sfruttamento di paesi ricchi su paesi poveri. E che ancora si perpetua con la complicità spesso dei governanti (dittatori o falsi rappresentanti del popolo che siano).
    Quando Caino smetterà di uccidere Abele? Quando il lupo passeggera' con la pecora e si disseteranno alla stessa sorgente?

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