I gesti per parlare

Ci sono notizie che passano inosservate, o che vengono subito dimenticate, per l’incalzare di altre informazioni che si susseguono velocemente una dietro l’altra e che non lasciano il tempo di fermarsi per pensare, per riflettere, per approfondire.

A volte riesco ad appuntare una parola sul mio “taccuino” digitale per non dimenticare e potere ritornare su quel tema in un momento di relax, per capire meglio ciò che aveva solleticato la mia curiosità e il mio interesse.

Così ho ritrovato, tra questi scarni appunti, l’espressione “lingua dei segni”, associata a una data, 19 maggio 2022, e ho deciso di scandagliarne il significato.

È questa la data, ricordata dai media, del primo anniversario della conversione in Legge del Decreto sostegni bis (22/03/21), che all’articolo 34-ter riconosce, promuove e tutela la lingua dei segni italiana (LIS) e la lingua dei segni italiana tattile (LIST), un riconoscimento significativo ottenuto dopo lunghi anni di battaglie, convegni, petizioni, manifestazioni.


Insieme alla lingua, la Repubblica riconosce le figure degli interpreti LIS e  LIST, in quanto professionisti specializzati nella traduzione e interpretazione.

Si impegna inoltre a garantire la comunicazione tra soggetti che non ne condividono la conoscenza, attraverso la traduzione in modalità visivo-gestuale codificata.

La lingua dei segni è il linguaggio costruito non dal susseguirsi di fonemi ma dalla sequenza di segni articolati dai movimenti delle mani e del corpo.

Ogni segno ha un significato preciso, completato dall‘espressione del viso e dalla postura del corpo. 

La comunicazione risulta così chiara ed efficace, come avviene in tutte le altre lingue.

Non si tratta di una semplice traduzione in modalità gestuale del linguaggio verbale.

Quella dei segni è una lingua naturale a tutti gli effetti, nata cioè spontaneamente tra le persone sorde.

Probabilmente sorta insieme alle lingue orali, strutturalmente è distinta da quelle parlate.

In una certa misura, la usiamo anche noi senza neppure accorgercene. Quanti segni con le mani, con il volto, con il corpo per comunicare, specie in alcune regioni del nostro Paese, e non solo nel Meridione, dove la gestualità è particolarmente feconda.


Ultima tra i Paesi europei, l’Italia ha così colmato un vuoto, che diventava sempre più ingiustificabile: lo scollamento tra società e persone sorde, che in tempo di pandemia si sono viste ancor più discriminate e isolate.

Recentemente ci siamo accorti tutti della presenza costante, nei palinsesti televisivi, degli interpreti e traduttori della lingua dei segni e forse ci siamo anche abituati alla loro presenza che probabilmente all’inizio percepivamo come una fastidiosa distrazione. 


Ma, come tutte le novità, anche questa gradualmente è stata addomesticata dalla routine ed è diventata un’abitudine a cui non facciamo più caso.

Non so se è stato automatico per tutti andare alla ricerca di notizie utili a capire cosa si nasconde dietro questo traguardo così importante, dagli interessati definito “storico”.

Devo riconoscere che la mia attenzione per questo evento così significativo, di cui non conoscevo neanche l’esistenza, è scattata solo allo scadere del suo primo anniversario.

Così ho scoperto, non solo che il 19 maggio è stata riconosciuta in Italia la lingua dei segni, ma anche che nel mondo esistono ben 300 lingue dei segni, l’una diversa dall’altra, e che esiste anche un Dizionario dei segni di cui essa è composta e che quindi la sua conoscenza, almeno in teoria, potrebbe essere accessibile a tutti.


Qualche anno prima, nel 2017, è stata proclamata dall’ONU la Giornata internazionale delle Lingue dei Segni, fissata il 23 settembre, e celebrata per la prima volta nel 2018, una grande opportunità per sostenere e proteggere l'identità linguistica e la diversità culturale di tutte le persone sorde. 

Secondo la World Federation of the Deaf (Federazione Mondiale dei Sordi) sono circa 72 milioni i sordi in tutto il mondo e più dell'80% di essi vive in paesi in via di sviluppo. 

La creatività dell’uomo nel superamento dei suoi limiti è sorprendente! Scrivevo tempo fa di uno scultore cieco (cf. il post “Il tatto per vedere”, 15 ottobre 2021) che ha sviluppato, pur non vedente, la capacità di trattare vari materiali, compreso il marmo, per realizzare con le sue mani opere d’arte incredibilmente espressive.

Anche la Lingua dei segni è espressione di creatività e di assoluta inarrendevolezza dell'uomo di fronte agli ostacoli. Grazie a essa, viene liberato dall’isolamento chi altrimenti vivrebbe la sua esistenza prigioniero di una insuperabile incomunicabilità. 


Si parla tanto di inclusione e di integrazione, per combattere discriminazioni e ghettizzazioni, ma spesso ci si ferma solo alle parole, troppo usate e anche abusate, a cui non si accompagnano scelte operative concrete e programmi politici efficaci.

Forse perché ci immedesimiamo poco nelle condizioni di chi si misura ogni giorno con le sue difficoltà. Ne comprenderemmo fino in fondo il significato solo sperimentandole sulla nostra pelle, quando per esempio ci capita di venire emarginati, rifiutati, ignorati, da coloro con cui viviamo e di cui non percepiamo la vicinanza e la disponibilità all’accoglienza.

La sordità si diffonde oggi molto facilmente anche tra la popolazione udente. Non è solo una malattia genetica che si manifesta sin dalla più tenera età. Può insorgere anche in età adulta, o per fattori ereditari o per l’avanzare degli anni determinando spesso una significativa diminuzione dell’udito, fino alla sua totale perdita; ma anche l’esposizione a suoni e a rumori assordanti, frequente tra i giovani, diventa complice di un fenomeno sempre più crescente e preoccupante.


Chi si scopre improvvisamente quasi sordo, e comincia a sperimentare l’isolamento dagli altri, l’emarginazione e l’incomunicabilità, percepisce spesso attorno a sé tanta mancanza di sensibilità e a volte purtroppo anche tanta cattiveria.

Parlare a bassa voce, dispensare sorrisini di sarcasmo, esternare battute che ridicolizzano, meravigliarsi di fronte alla sordità altrui, come se se ne venisse a conoscenza per la prima volta, sono tutti atteggiamenti che feriscono e che emarginano sempre più. Sminuire, banalizzare, ridicolizzare o addirittura dimenticare le fragilità dell’altro che ci vive accanto, è indice di egoismo e di bassezza morale. Infatti c’è chi è sordo, ma c’è anche chi non vuol sentire, come diceva una canzone, a me familiare negli anni della mia adolescenza.

Immaginiamo cosa possa provare una persona totalmente sorda in una società distratta, superficiale e insensibile: solo smarrimento e dolore.


Troppe barriere costruiamo attorno a noi che impediscono a chi è più svantaggiato di godere di diritti fondamentali che dovrebbero essere a tutti riconosciuti e assicurati. 

Barriere architettoniche, barriere comunicative, barriere percettive... Mancano i termini adeguati per elencarle tutte!

Quanti ostacoli insormontabili, quando basterebbe poco per abbatterli.

Qualunque ostacolo che si interpone tra noi e gli altri, tra noi e l’ambiente, tra i nostri bisogni e le nostre capacità e funzioni, senza l’aiuto degli altri diventa un muro invalicabile che impedisce il movimento, la relazione, la formulazione di qualunque pensiero, la possibilità di dare risposta ai bisogni primari dell’esistenza.


Per questo sarebbe necessario compiere un altro ulteriore passo, oltre al riconoscimento ufficiale di queste lingue. Bisognerebbe promuovere la loro diffusione attraverso l’insegnamento nelle scuole, insieme alle altre discipline. Solo così si potrà vincere davvero l’isolamento e la discriminazione di coloro che ne sono i primi destinatari.

Studiare a scuola la lingua dei segni, inserendola nei programmi ministeriali, sarebbe un passo importante per costruire una società davvero inclusiva. 

Molte le esperienze già in atto, come quella di "Mani Cantanti" sorta a Grosseto per iniziativa della Prof.ssa Anna Del Vacchio che usa la lingua dei segni per far cantare gli udenti.




I bambini della scuola primaria, già abituati a usare, anche in altri contesti, il linguaggio della gestualità delle mani unito al canto, hanno appreso la lingua dei segni e la sovrappongono alle parole durante le loro esibizioni canore.

Un'esperienza che si è rivelata altamente positiva sia per il percorso di istruzione dei bambini, in modo particolare gli stranieri e quelli con bisogni educativi speciali, sia per le persone sorde che hanno potuto godere della bellezza della musica, sia pure eseguita in una versione alternativa. 

Sul portale INDIRE del MIUR (Ministero dell'Istruzione l'Università e la Ricerca) l'esperienza didattica di Anna Del Vacchio, da lei stessa raccontata, è disponibile a tutti.

Concludo con un ricordo personale, molto vivo nella mia memoria. Ho avuto in passato due alunne sorelle, figlie di una mamma sordomuta, che non perdeva nessuno dei colloqui con i docenti con i quali comunicava, nonostante le  comprensibili difficoltà, carpendo le loro espressioni dai movimenti labiali. Una donna forte, volitiva, che non si arrendeva davanti alle barriere che inevitabilmente esistevano tra lei e gli altri.


Ricordo con commozione e ammirazione la tesina portata da una delle sorelle all’esame di maturità. Tema, assolutamente insolito e “fuori programma”, la lingua dei segni. Tuttavia la commissione pendeva dalle sue labbra, affascinata dalla passione, sofferta ma convinta, di questa adolescente, capace di stupire i professionisti adulti che aveva di fronte, forte e determinata come la madre, di cui non si vergognava, ma della quale andava sicuramente fiera.

Commenti

  1. Man mano che cambiano gli argomenti trattati ,mi accorgo di quanto è grande la mia ignoranza in tanti campi.
    Ho saputo che più di 70 milioni di fratelli sono sordomuti totali e molti di più , con l'avanzare dell'età, soffrono di ipoacusia di diminuzione importante dell'udito.
    Non sempre si riesce a risolvere o almeno a migliorare con gli apparecchi acustici. Spesso si sprecano tempo e denaro.
    Ma la cosa più grave è quel senso di inadeguatezza che si avverte quando si vorrebbe partecipare ad un dibattito o ascoltare in modo sufficiente gli interlocutori .
    E non parliamo dei sorrisetti di finta commiserazione a cui assistiamo!
    Ben vengano lingue dei segni e dizionario dei segni.
    Sicuramente aiuteranno a ridurre l'isolamento e miglioreranno la comunicazione in un mondo già pieno di problemi.

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  2. È giunto il momento di pensarci seriamente ad inserire nelle scuole questa ulteriore materia: la lingua dei segni. Hai perfettamente ragione Aurora! Intanto, grazie per averci sensibilizzati verso una forma di comunicazione così importante è che solo ultimamente vediamo proposta pubblicamente, e inoltre sono certa che sarà utilissimo approfondire tutto ciò che gira attorno ad essa e che la caratterizza. La lingua dei segni, come hai ben detto, è affidata a veri professionisti della comunicazione e della interpretazione.

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  3. ciao Aurora, ho avuto modo di avvicinarmi a questa realtà una decina di anni fa, perché ho avuto una collega di conversazione spagnola, che aveva tre figlie, la prima era nata sorda, frequentava il primo liceo scientifico. grazie a questa collega, che ha affisso in sala professori il manifesto di un corso di aggiornamento sulla lingua dei segni, mi sono iscritta e l'ho frequentato! ho avuto modo di conoscere tante persone sordomute ealtre normodotate

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  4. Cara Aurora , c'è molta attenzione alla Lis anche nei percorsi universitari , soprattutto quelli di scienze della comunicazione e di lingue straniere, percorsi che ai nostri tempi nemmeno esistevano, anche nella nostra scuola si parla di progetti dell'inclusione pertanto la conoscenza della Lis è fondamentale , e quando ci impongono corsi di formazione spesso trascurano alcuni aspetti delka comunicazione.

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  5. Intervengo brevemente. E' risaputo che il linguaggio parlato è stato preceduto ovunque nel mondo da quello dei segni, accompagnati da suoni gutturali e da espressioni del volto di accondiscendenza, di meraviglia, di terrore, di rabbia, di minaccia, di sconforto, di partecipazione e di gioia.
    Con l'avanzare della civiltà, il linguaggio dei segni ha fatto via via posto a quello parlato, ma molte lingue sono riuscite a fondere l'antica gestualità di riferimento nelle perole stesse, nei termini.
    Di questo connubbio rimane traccia soprattutto nelle lingue anglosassoni.
    Si dice infartti, di molti termini delle lingue suddette, che contengono nella loro composizione dei quasi gesti, probabilmente gli stessi che i loro antichi progenitori usarono forse per millenni, prima che gradualmente passassero ad esprimersi sempre di più con le parole. Si tratta di evidenti analogie presenti nei vari idiomi, che si assomigliano e che sembrano derivare da un unico ceppo, cioè il gesto che esprime il concetto.
    Prendiamo ad esempio la preposizione semplice IN. Essa è presente in moltissime lingue e sempre con lo stesso significato.
    La palestra inaspettata, forse, ove questo fenomento si ripete è quella dei fumetti. Infatti, il linguaggio dei fumetti è pressochè universale: SBAM, SLAM, PATAPUNFETE, SDENG, PUFF, ecc. e l'elenco non è affatto breve.
    Questo il mio piccolo contrinuto. Ciao.
    (Carmelo Sarcià)

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