Predestinati?

 

Michelangelo, La creazione di Adamo, Particolare, Cappella Sistina 

La narrazione degli eventi che portarono Gesù alla morte, così come sono illustrati nel musical Jesus Christ Superstar, lascia aperti alcuni interrogativi cruciali sulla predestinazione e sulla libertà dell’uomo.

Nell’opera teatrale, sembra essere Giuda il perno di tutta la storia, e alla rabbia e alla disperazione, che scaturiscono dal pentimento per il suo tradimento, si mescola in lui la convinzione di non avere agito liberamente ma di essere stato usato da Dio per l’attuazione di un suo piano.

Come se fosse stato chiamato all'esistenza soltanto per realizzare quanto Dio aveva stabilito dall’eternità.

Tale interpretazione tuttavia non trova riscontro nel testo evangelico. 

Si tratta di una libera lettura dei fatti realizzata dal regista, che intercetta però le domande che molti ci facciamo sul confine che esiste tra la nostra libertà e il nostro destino.

La Bibbia non affronta esplicitamente il tema della predestinazione. L’Antico Testamento parla della “pre-scienza” di Dio, descrive l’attività di Dio che “prevede” tutto, che ha da sempre un piano che realizza nella storia.

Michelangelo, La creazione di Adamo, Particolare, Cappella Sistina

Il verbo “predestinare” appare solo una volta negli Atti degli Apostoli, riferito a Gesù. San Paolo lo usa 5 volte nelle sue Lettere, ma per confermare i credenti nella loro alta vocazione: quella di essere figli di Dio, di essere stati scelti per amore a seguirlo, di entrare a far parte della sua vita divina. 

In tale visione, è il popolo di Israele l’oggetto della predilezione di Dio, non il singolo individuo.

Una predilezione, quella di Dio, che è pura gratuità, perché non tiene conto dei meriti dell’uomo. Tutti sono meritevoli della sua grazia e della sua misericordia, buoni e cattivi, santi e peccatori. Perché ogni uomo è chiamato alla salvezza e chi ne è escluso deve attribuire a se stesso la sua sorte, al suo rifiuto dell’amore di Dio.

Non è affatto facile l’interpretazione del testo biblico che usa spesso un linguaggio antropomorfico, attribuendo a Dio sentimenti, azioni, comportamenti umani e il cui autore, non dimentichiamolo, è anche l’uomo insieme a Dio che lo ispira, l’uomo con la cultura del suo tempo, con il linguaggio del suo popolo, con le categorie mentali della sua epoca storica.


Come interpretare allora la volontà di Dio e la sua relazione con la libertà dell’uomo?

Certo Dio non può agire per capriccio, per estemporaneità, per tentativi incerti o maldestri, per bramosia di dominio sulla realtà, per mania di grandezza.

La volontà di Dio non può corrispondere neanche a una decisione arbitraria, che non rispetti la libertà dell’uomo. Perché in lui, secondo la Rivelazione, tutto scaturisce dall'amore. Siamo noi piuttosto gli esperti in manipolazione e sfruttamento delle persone.

Una verità emerge con chiarezza dal testo biblico: la previsione di Dio, la sua pre-scienza, la sua piena conoscenza della storia, del pensiero dell’uomo, delle sue scelte, prima che accadano. Ma questo non determina affatto l’evolversi della storia. 

In lui tutto è un eterno presente e le nostre azioni sono conosciute da lui prima che le compiamo. 

È quanto afferma il Salmo 139:
“Signore, tu mi scruti e mi conoscitu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta.” (vv. 1-4).


Dio dunque non è un dittatore che impone dall’alto la sua volontà, che usa le persone per raggiungere i suoi fini. Tutt’altro! È un Dio paziente, che nonostante tutto continua ad avere fiducia nell’uomo e che è capace di attendere per secoli la conversione del suo cuore.

Certo, sarebbe terribilmente spaventoso oltre che angosciante pensare di non essere autori delle nostre azioni ma oggetti manovrati da una volontà superiore o macchine programmate per muoverci esclusivamente verso una destinazione predeterminata.

Eppure molte volte ci troviamo impigliati in ragionamenti di questo genere.

Sarebbe troppo comodo attribuire ad altri i nostri errori, alleggerirci la coscienza scaricando su qualcun altro i nostri egoismi e le nostre meschinità.

La storia, anche quella drammatica dei nostri giorni, ci dice che gli invasori sono pienamente consapevoli delle loro azioni e che la durezza del loro cuore, come per l’antico Faraone d’Egitto, li rende responsabili delle loro violenze efferate. 


Eppure c’è qualcosa che non ci convince del tutto.

I nostri ragionamenti, zoppicanti e dubbiosi, lasciano sempre aperto uno spiraglio di incertezza, come se il nostro pensiero rimanesse sospeso tra ciò che speriamo e ci conforta e ciò che temiamo e ci fa paura.

Seppure liberi di pensare e di agire, la nostra esistenza è comunque confinata in un destino che inesorabilmente si compirà? 

È un interrogativo inquietante e persistente che accompagna silenziosamente l’apparente serenità delle nostre giornate.

Pur nella pienezza dell’esercizio della nostra libertà, pur nell’assoluta assunzione delle nostre responsabilità, la nostra fine è già scritta da qualche parte, a caratteri così indelebili da non potercisi sottrarre? 

Il salmo 139 ci viene incontro ancora una volta con la sua parola chiara e inequivocabile: “erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno.” (v. 16).

Senza volermi abbandonare a interpretazioni apocalittiche che non si confanno alla mia indole, la Bibbia tuttavia ci conferma l’esistenza di un “libro della vita” dove sono scritti i nomi di coloro che  alla fine dei tempi si ritroveranno in Cristo e saranno con lui una cosa sola (cf Ap 17,8), secondo quanto Gesù stesso diceva ai suoi discepoli: “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10,20).


Inoltre, alcuni fatti della nostra quotidianità ci lasciano sgomenti e allibiti, come l’appuntamento con la morte che per qualcuno scatta inderogabilmente in tempi e in luoghi impensabili e assurdi, come per esempio alle Maldive, mentre si è beatamente in contemplazione della stupefacente barriera corallina, ma da altri invece è desiderato e atteso invano per anni, all’infinito, fino allo spasimo e al logoramento di ogni fibra.

La leggenda di Samarcanda, di cui abbiamo una indimenticabile trasposizione musicale in un’opera di Roberto Vecchioni, è molto esplicita a riguardo.

La leggenda, nel suo testo originale, è così introdotta:
“C'era una grande festa nella capitale perchè la guerra era finita. I soldati erano tornati tutti a casa e avevano gettato le divise. Per la strada si ballava e si beveva vino, i musicanti suonavano senza interruzione. Era primavera e le donne finalmente potevano, dopo tanti anni, riabbracciare i loro uomini. All'alba furono spenti i falò e fu proprio allora che tra la folla, per un momento, a un soldato parve di vedere una donna vestita di nero che lo guardava con occhi cattivi.”

E qui che inizia l'inutile e disperata fuga del soldato che, tornato vivo dalla guerra, paradossalmente incontra proprio adesso la morte.


Nessuno conosce il come, il dove, il quando. Ma l’appuntamento con lei, la Nera Signora dell’ultimo battito, è già fissato. Arriverà puntualmente quando meno l’aspettiamo. Ma la riconosceremo.

Sarà questo alla fine il destino misterioso, ineluttabile e immutabile che ci fa paura e da cui tutti vorremmo fuggire?


Commenti

  1. "Libero arbitrio" , " destino", tutta la vita siamo accompagnati , quando non siamo inseguiti, da questi due termini.
    È una continua altalena di sensazioni, di eventi che ci fanno pendere, talvolta verso uno piuttosto che verso l'altro.
    La filosofia stoica affermava l'esistenza di un ordine naturale prefissato nell'universo ad opera del Creatore.
    Nell'antica Grecia , il Destino era un'entità soprannaturale , una forza cieca e misteriosa, per un verso naturale , alla quale nulla può resistere e per altro verso divina, poiché agisce liberamente ma che interveniva a modificare il corso della vita degli uomini, senza alcuna precisa ragione.
    Il destino è una forza invisibile che ci spinge un po' come il vento, ma che percepiamo solo quando fa muovere le foglie sugli alberi?
    Io penso che il destino dipenda spesso dalla casualità delle nostre scelte di ogni giorno. Fare o non fare una cosa, incontrare o no una persona, andare o no in un luogo, leggere o no un libro e così via.
    Sono convinto della mia autodeterminazione anche se il Signore " mi scruta e mi conosce" meglio di me stesso.
    E, spesso mi ha suggerito, attraverso la voce della mia coscienza I passi giusti da compiere. Qualche volta sono stato sordo al suo richiamo e mi sono trovato male.

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  2. Premesso che disquisire su verità soprannaturali, comunicate all’uomo mediante rivelazione divina, non è facile,
    si possono scegliere varie strade:
    1. dare libero sfogo ai propri dubbi e timori lasciando aperta una marea di interrogativi senza risposta;
    2. interpretare a braccio scritture, predizioni, leggende, senza fare chiarezza alcuna, nè giungere a una benchè minima verità;
    3. opinare arbitrariamente tesi su tesi che appaiano convincenti senza tuttavia essere in grado di suffragarle.
    Credo che tutta la preparazione di questo mondo non renderebbe produttiva la trattazione di temi dogmatici, i quali per loro intrinseca definizione sono oggetto di fede, in quanto fondati su principi dati come veri e indubitabili, indipendentemente dalla loro verifica nella realtà e nei fatti e perciò indiscutibili.
    Inoltre, dalla lettura di considerazioni improvvisate, l'interlocutore potrebbe piombare nella più cieca perplessità, se non in profonda crisi esistenziale ...
    Tutto quanto premesso,
    un interrogativo sorge spontaneo:
    come si concilia la predizione di Dio, in quanto previsione autorevole e certa di ogni futura azione di ogni uomo, con la speranza che l’uomo, ascoltando la Sua parola, in piena libertà, si ricreda, si converta, guadagni il Paradiso?!
    In altri termini, se è già tutto scritto, se Dio sa già che un determinato individuo continuerà a sbagliare e a dannarsi, ossia, nonostante si adopri a fare mille sforzi per salvarsi, egli sarà pur nondimeno ostacolato e stretto nella morsa da un karma prestabilito, allora nessuna utilità, nessun ruolo potrà mai avere per quell'uomo la parola di Dio!
    Resterebbe dunque una sola speranza: il perdono e la salvezza promessi a coloro che alla fine si pentiranno...

    Alida ❤️

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