Insieme in cammino



"Nei Vangeli Gesù è descritto spesso sulla strada, mentre si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che agitano il suo cuore. Ci rivela così che Dio non alberga in luoghi asettici, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo. Chiediamoci tutti: noi, comunità cristiane, abbiamo lo stile di Dio che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? "

Con queste parole, il 10 ottobre, Papa Francesco, nella Basilica di San Pietro, ha dato l’avvio al Sinodo della Chiesa cattolica che si protrarrà fino all’ottobre del 2023 e che si articolerà in tre fasi, interessando le diverse chiese a livello diocesano nella prima fase, a livello continentale nella seconda, a livello universale nella terza.

Il tema di fondo è stato così formulato: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”, e sarà sviluppato tenendo conto di tre chiavi di lettura: incontro, ascolto, discernimento.

Il Papa ha desiderato fortemente la celebrazione di questo evento per rimettere in moto la Chiesa e ricondurla alle sorgenti della sua vocazione e della sua missione, che sembrano sempre più “sfocate” ai suoi occhi e rarefatte, e non solo a causa della pandemia che ha bloccato forzatamente ogni sua attività.


Le cause della sua staticità e del suo letargo sono, infatti, da rintracciarsi molto più indietro nella storia e l’auspicio è che questo sinodo sia vissuto davvero come uno scossone che la svegli, la rimetta in piedi e ponga tutti i fedeli insieme in cammino lungo le strade del mondo, come indicato dallo stesso termine "sinodo".

I temi proposti da questo nuovo evento di grazia non risuonano come parole nuove. Esse ci riportano al passato, ai decenni più fiorenti della Chiesa del post Concilio, quando la speranza di un rinnovamento era viva e molti virgulti di giovinezza germogliavano e fiorivano  dal vecchio tronco ecclesiale.

Comunione, comunità, partecipazione, missione, evangelizzazione, discernimento … sono le parole dello spartito musicale che negli anni 70 e 80 del secolo scorso ci hanno fatto sognare, entusiasmare, gioire, faticare, sudare, per la costruzione di una chiesa nuova, giovane, ancorata al vangelo, aperta al mondo, profetica, vicina ai poveri.

Negli ultimi trent’anni, purtroppo, i frutti appena abbozzati non sono maturati, e ancora oggi la Chiesa soffre a molti livelli di una sterilità triste e preoccupante. Una sorta di restaurazione ha preso il sopravvento, insieme alla paura che l’apertura a nuove prospettive, seppure ancorate al vangelo e alla storia della chiesa delle origini, possa creare degli squilibri ingestibili agli occhi di chi detiene nella Chiesa un potere secolare indiscusso.


Si invoca da decenni nella Chiesa che sia affidata maggiore responsabilità ai fedeli laici, che sia riconosciuto e valorizzato il contributo insostituibile delle donne, affidando ad esse ruoli chiave nella gestione delle istituzioni della Chiesa, intercettando e seguendo le scelte innovatrici operate da papa Francesco.  

L’entusiasmo e la profezia di questo Papa non bastano da soli a rimettere in piedi e in cammino questo “gigante addormentato". Occorre il contributo di tutti.  

Non si tratta però di scrivere programmi, di formulare progetti, di riempire calendari di iniziative, di affaticarsi nell’organizzazione di convegni, celebrazioni, grandi eventi…  

Occorre piuttosto, come ha ricordato Papa Francesco, liberarsi da "modelli pastorali restrittivi”, diventare “pellegrini innamorati del vangelo, aperti alle sorprese dello Spirito Santo”, scoprire o riappropriarsi della propria identità cristiana e testimoniare il vangelo con la propria vita, facendosi vicini a tutti, incontrando gli altri, prendendo l’iniziativa di fermarsi per ascoltare, traducendo la propria fede in gesti concreti di amore, di attenzione, di condivisione, di solidarietà, di guarigione, di giustizia. 


Queste sono le basi di una Chiesa giovane e in cammino, senza le quali anche la stessa responsabilità condivisa con il laicato diventerà uno sterile e dannoso esercizio di potere.

Diversamente, anche questo Sinodo si ridurrà ad un susseguirsi di riunioni, di parole, di celebrazioni, che avranno come protagonista una chiesa “seduta”, inerte e stanca, che non vedrà l’ora di "ritornare a casa”,  al chiuso delle sue mura, per riprendere il suo letargo e riposarsi. 

Un vero peccato se anche questo Sinodo dovesse chiudersi senza lasciare traccia, senza operare trasformazioni significative!

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