Perle di vetro


Un libro assolutamente da leggere, quello a cui è dedicato questo post.
Titolo: Il giuoco delle perle di vetro.
Autore: Hermann Hesse, da molti conosciuto per il famoso Siddharta.

Questo è il suo ultimo romanzo, scritto a partire dal 1931 e pubblicato 12 anni dopo. Molto profondi e complessi i suoi contenuti, come quelli di altre opere dello scrittore, filosofo e appassionato delle culture orientali. Considerato il suo capolavoro, gli ha consentito il conseguimento del premio Nobel per la Letteratura, che gli è stato conferito nel 1946.


Hermann Hesse

Sintetizzare il contenuto del romanzo in poche righe non è un’impresa possibile, ma l’attualità delle tematiche affrontate e le provocazioni alla riflessione che ne scaturiscono, giustificano il tentativo di metterne in luce, con fedeltà al testo, almeno le problematiche  più rilevanti, consigliando, a chi ne ha la possibilità, una lettura integrale dell'opera.

La consiglierei in particolare ai membri degli Ordini religiosi. Molti vi troverebbero tracce della propria storia, personale e comunitaria, e numerosi spunti per un profondo esame di coscienza.

È disponibile anche la versione in aiudiolibro su Rai Radioplay, realizzata in 21 puntate di circa 20’ ciascuna.

Il romanzo narra di un ordine religioso i cui monaci sono esperti nel giuoco delle perle di vetro, un giuoco arduo e misterioso, di cui in realtà il romanzo non spiega nel dettaglio le dinamiche e le modalità di svolgimento.


Dice soltanto che consiste nel riuscire a mettere, con particolare abilità, in relazione tra loro discipline e saperi diversi, a partire da argomenti  che non rivelerebbero, di primo acchito, alcun collegamento evidente tra loro. 

Un esercizio astratto, dunque, una sorta di allenamento intellettuale accessibile solo ad abili specialisti, che punta alla costruzione di combinazioni le più impensabili e disparate, utilizzando appunto come simboli pezzi sferici di vetro: trovando una relazione, per esempio, tra una sinfonia di Beethoven e una formula matematica, o tra l'architettura di un tempio buddhista e una legge astronomica.  L'idea di questo gioco potrebbe essere collegata al calcolo universale della conoscenza del filosofo e scienziato tedesco Leibniz, considerato un genio in ogni disciplina.


Gottfried Wilhelm von Leibniz

Verso la fine del romanzo, il narratore definisce questo gioco acrobatico “il nostro beniamino, il nostro trastullo, il gioiello più prezioso e più inutile, più amato e più fragile”.

I membri dell’ordine costituiscono una élite, un mondo chiuso, fatto da individui speciali, potremmo dire superdotati. Un mondo perfetto e irraggiungibile, che gode dell’elevatezza della propria formazione e cultura, impenetrabile e incomprensibile ai comuni mortali. 

Castalia è la località immaginaria dove risiedono i monaci e che dà il nome anche all’ordine. È una città isolata dal resto del mondo, circondata da mura che proteggono la vita riservata del luogo e dei suoi abitanti.

Il protagonista del romanzo è Knecht (che non a caso significa “servo"), un ragazzo di 12/13 anni, orfano o sottratto dalla casa paterna per motivi educativi, che frequenta la scuola della sua città, dove studia latino e musica. Il violino e il liuto sono gli strumenti da lui più amati.


Sarà il suo insegnante di musica a introdurlo alla conoscenza della Castalia, facendolo incontrare con il Magister della musica dell’ordine, un uomo vecchio ma dotato di un particolare carisma, di cui il ragazzo conosce la fama di semidio e dal quale si sente subito onorato, affascinato e ammaliato. 

Dopo quell'incontro fatale, il mondo gli appare incantato, luminoso, festoso. Tutto viene avvolto dal fascino di quella sua prima esperienza magica. Le sue doti artistiche e intellettive diventano così il fondamento della sua vocazione alla vita monastica, quando in realtà era la musica la sua vera vocazione e la sua passione. Da allora la sua vita sarà totalmente identificata, amalgamata, asservita a quella della comunità.

Il narratore precisa che ricostruire la biografia di Knecht non è cosa affatto semplice, in quanto mancano documenti a cui attingere. Tra le norme e i principi più esigenti della spiritualità della Castalia, infatti, c’è la soppressione dell’individualità e l’inserimento delle persone in una gerarchia che arriva ad oscurare persino il nome e il volto dei singoli membri, poiché il suo ideale è l’anonimo. 


Dentro la comunità egli farà un cammino progressivo, conquistando l’apprezzamento dei suoi capi, fino a raggiungere, ancora molto giovane, la carica più alta dell’ordine, quella di Magister Ludi.

Diventato adulto, però, Knecht comincia a sentire una grande insoddisfazione e un disagio crescente, dovuto alla percezione dei limiti della Castalia, dell’astrattezza della vita dei monaci e dello sterile isolamento dal resto del mondo e dalla storia.

Decide così di parlare con l’Autorità che governa l’ordine, indirizzandole un suo dettagliato memoriale, che si conclude con la comunicazione della sua decisione di lasciare il suo incarico e la comunità, e tornare a vivere nel mondo, dedicandosi all’educazione e alla formazione dei giovani. E così farà, nonostante la contrarietà e l'opposizione dell'Autorità.

Il romanzo si conclude inaspettatamente con la morte del suo protagonista per annegamento nel lago di Belpunt, durante una gara di nuoto con un ragazzo molto attivo e vivace di cui sta curando la formazione, che intraprende senza valutare abbastanza il limite delle sue forze fisiche. Potremmo dire che si apre talmente al mondo esterno, fino a non esitare a spendere per esso la sua stessa vita.


Nel suo amaro memoriale, che rappresenta il fulcro del romanzo, egli ripercorre la storia della Castalia e i pericoli che la minacciano, che non provengono dall’esterno, ma che si nascondono al suo interno. Le parole severe che seguono sono le stesse dell’autore del romanzo. 
 
Come per ogni società chiusa, anche per la Castalia il vero scopo della sua esistenza è la formazione di una nobiltà, di una aristocrazia, fondata sul dominio dei migliori, e mantenuta economicamente dalla società.

I suoi membri, tutti specialisti (astronomi, musicisti, matematici…) coltivano la presunzione e la boria che scaturisce dalla loro posizione privilegiata e dalla consapevolezza delle loro doti speciali.

Sarebbe utile, sottolinea il narratore, prendere coscienza del morbo della nobiltà, del parassitismo di cui è connotata, per poter riflettere.

Il culto delle scienze per se stesso non è uno strumento verso mete più grandi ma mira soltanto al godimento di sé, all’incensamento.
Unica preoccupazione è la conservazione del fondamento spirituale, non la condivisione delle responsabilità del mondo e della sua storia.

Molto intenso è il racconto delle origini della Castalia, accompagnato da qualche nota di nostalgia e di rammarico.

Nel contesto storico caotico dell’inizio del XX secolo, segnato dalla violenza delle guerre, dalla povertà di valori, dalla crisi morale, dalla distruzione, dalla ricerca dell’esteriorità, un piccolo gruppo di intellettuali sogna un nuovo inizio: un  mondo di verità, di giustizia, di superamento del caos, di armonia.

È così che questo piccolo nucleo di sognatori, con disciplina ascetica ed eroica, inizia a darsi un ordine e una costituzione, comincia a lavorare in piccoli gruppi, a ricostruire dalle fondamenta una nuova spiritualità, un nuovo umanesimo, un insegnamento, uno studio, una cultura. 

Nel corso degli anni diventa un edificio sontuoso composto da un ordine, un'autorità pedagogica, le scuole delle élite, gli archivi, le collezioni, le scuole specializzate, i seminari, il gioco delle perle… 

Gli odierni eredi stanno oggi in questo edificio troppo lussuoso, isolato dal resto del mondo, e per di più ormai in un periodo di decadenza, in un declino irreversibile. "Siamo storicamente maturi per scomparire dalla scena” conclude senza tentennamenti Knecht.

La Castalia, mantenuta economicamente dal governo, è diventata un lusso troppo caro che non ci si può più permettere. 

"Possiamo anche chiudere gli occhi, continua il nostro protagonista, perché il pericolo è ancora lontano. I Magister di oggi potranno continuare a svolgere il loro compito e morire in pace". Ma cosa avverrà in futuro? Sarebbe necessario porsi oggi il problema invece di ignorarlo. "Salvare la verità è il nostro credo supremo”. 


Tanti, troppi sarebbero a questo punto gli interrogativi su cui poter riflettere.

Quanti Istituti, che hanno vissuto la bellezza delle intuizioni innovative e profetiche delle origini, si sono nel corso degli anni “accasati” in una vita ripetitiva, comoda, imborghesita, autoreferenziale, lontana dal mondo reale?

Massimo Cacciari, che introduce e chiude la lettura del romanzo sulla piattaforma della Rai, conclude dicendo che il nodo cruciale che causa la fine della Castalia sta nel fatto che questi grandi eruditi che formano  la comunità educativa non sanno più creare, non hanno più in loro il Creator Spiritus. Sanno soltanto conservare. L'erudizione, la custodia delle conoscenze e della spiritualità è una custodia solo conservatrice. Il gioco è rinuncia a creare.  È un gioco senza fede, senza entusiasmo, senza passione.   

Sicuramente questa è una interessante chiave di lettura, forse l’inizio del processo di decadenza. Ma non è la sola. L’elenco dei punti problematici è molto più complesso e articolato. 

Chi ha un po’ di esperienza della vita religiosa è in grado di rilevare nel romanzo molti altri nodi preoccupanti, di una attualità sorprendente, che emergono con chiarezza da tutta la narrazione, non soltanto nella sua conclusione.

Commenti

  1. Ho letto una pagina appena di ciò che hai scritto e ne sono rimasto affascinato. Mi riprometto di “tornare” a finire di leggerlo tutto. Immagino che l’intera lettura del Tuo testo sia esauriente e prepari bene alla eventuale lettura dell’opera. Un’opera siffatta non dovrebbe chiamarsi semplicemente “romanzo”. Ma questo potrebbe essere un altro discorso. Mi sono imbattuto tanta volte nelle cose scritte da Hesse e mi pento adesso di non avere fatto nulla per conoscere l’autore e le sue opere. Perché? Per colpa di un malinteso: un’idiosincrasia per il suo nome e cognome. Non riesco, tuttora, a digerire nomi e cognomi così spudoratamente tedeschi, perché mi ricordano le sofferenze patite per colpa della stupida alleanza italo tedesca realizzata dal povero Benito, il quale si è fato imbrogliare e turlupinare dal Biondo Albione (al secolo Winston Churchill), mentre avrebbe dovuto uniformarsi alle altre Nazioni Europee ed in particolare alla Spagna, rispondendo picche alle pressioni del conclamato, pericoloso, folle Adolf, specialmente dopo ciò che era accaduto alla Polonia. La neutralità alla lunga paga sempre. Come sai, sono nato prima che scoppiasse la guerra, in pieno periodo fascista e il terrore delle sirene, dei ricoveri, delle bombe e dello sbarco americani in Sicilia (che bisogno c’era di bombardare la Sicilia?...), degli sfollamenti, dei deragliamenti, ecc. non si è mai spento nella mente di quel fanciullino che ero allora. Colgo dunque l’occasione per riconciliarmi, limitatamente all’Autore Hesse, col popolo tedesco che sinceramente faccio a meno di stimare e col quale personalmente non avrei mai costituito la Comunità Europea, anzi, deploro chi lo ha fatto, soprattutto “quelli” ben noti ed in parte viventi, che hanno svenduto la Lira al 50% del suo potere d’acquisto (ca. Lire 2.000 per un Euro), quando gli attuali Leghisti avevano già messo sotto il materasso montagne di Marchi Tedeschi pagandoli Lire 900 per un MT (l’operazione fruttò loro una fortuna e in più si prodigarono per far crescere i prezzi al dettaglio, alla faccia del cartellino col doppio prezzo). Tutto ciò per spiegare perché avevo accuratamente evitato di avvicinarmi ad Hesse: il suo cognome mi trasmetteva suoni lugubri di campi di sterminio e distruzioni. Mi hanno subito interessato gli accostamenti da Te descritti con riferimento alle biglie di vetro: figure geometriche queste, capaci di rotolare lungo direttrici innumerevoli, tanto da suggerire accostamenti a scienze quali la matematica e la musica, scienza quest’ultima che obbedisce a principini matematici oltre che spirituali. Insomma, le Tue premesse mi hanno introdotto in un mondo che ho sempre coltivato, un mondo dove l’impossibile può essere spiegato e può prendere corpo e suggerire la realizzazione di imprese umane che hanno del fantastico. Riprenderò il discorso dopo aver approfondito la questione. Grazie, intanto.

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  2. Grazie Aurora mi ero persa una perla preziosa! Me l'avevi segnalata più volte, evidentemente era oggi il "momento giusto" per leggerla: per ogni cosa c'è il suo tempo, oggi era il tempo della lettura di questo intenso pezzo.
    In filigrana storie, volti, situazioni familiari. Chissà in quanti trovano assonanza e similitudine con la propria vita. Profezie e intuizioni bellissime sacrificate tarpando loro le ali per paura di perdere potere, di non essere più tra i primi, di passare in secondo piano. Novità stupende chiuse a doppia mandata in spazi angusti per la paura di contaminazioni fino ad ammuffirsi. Se un'idea non ha futuro, non ha domani, non continua dopo di te è un'idea inutile... bisognerebbe lavorare molto su questo, sul domani, sul dopo, sul futuro e, invece, ci si ferma a incensare l'oggi e nell'oggi quell'io che ha creato l'idea.
    Quante individualità soppresse e quanto dolore... inimmaginabile! Eppure la libertà e la verità su sé stessi dovrebbero essere i primi due passi di ogni cammino.
    Grazia Le Mura

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