Noi e il nostro cervello

 


Il cervello è l’organo più importante che possediamo, quello che continua ad assicurare al nostro corpo qualche briciola di dignità, anche quando perdiamo alcune delle sue funzioni più fondamentali.
La disgrazia peggiore, infatti, che ci possa accadere è sicuramente quella di perdere le facoltà intellettive, non avere più coscienza di noi stessi e rimanere in balia degli altri.

Eppure spesso è proprio il nostro cervello a trasformarsi in un nostro nemico, fino ad impedirci di esercitare la nostra libertà, condizionando fortemente le nostre scelte e “tramando” addirittura contro di noi.
E quando dovremmo essere noi a tenere in mano le redini della nostra vita, ci accorgiamo invece che è qualcun altro a condurci dove non vorremmo.

Il cervello, infatti, è l’archivio delle nostre abitudini e della nostra memoria e interviene spesso automaticamente nei nostri comportamenti, senza darci neanche il tempo di pensare e dunque di discernere e di scegliere.

Mi vengono in mente, in proposito, le parole di San Paolo: “In me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rom 7,18-19). E mi chiedo: perché non riusciamo a condurre a buon fine i nostri proponimenti? Perché la nostra volontà è così debole?


Il ragionamento che sviluppa San Paolo è di natura morale e spirituale, e si basa sulla consapevolezza della nostra inclinazione al peccato che è iscritta nella nostra carne. Complementare a questa visione, può esserne colta una più umana a partire dalla constatazione della difficile relazione che esiste tra la nostra mente e la nostra volontà.

Quante volte ci siamo sorpresi a percorrere in auto, erroneamente, la strada che più abitualmente imbocchiamo, quella che ci porta al posto di lavoro o a casa. Non l’abbiamo scelta! Ci ha guidato il nostro cervello che ha agito meccanicamente, come un computer, in base alle informazioni che ha immagazzinato e che corrispondono alle nostre consuetudini.

E quante volte, desiderando di perdere qualche chilo per stare meglio con noi stessi, o per la nostra salute, ci siamo arresi e non ci siamo riusciti. Ci sembra una tragedia sentire i morsi della fame... Eppure basterebbe prendere in giro il nostro cervello bevendo un bel bicchiere d’acqua, e dopo pochi giorni i morsi della fame scompaiono.

Prendere consapevolezza di questa strana relazione tra noi e il nostro cervello è un bel passo avanti. Ma non basta. Il passo successivo dovrebbe essere quello di prendere noi stessi in mano la guida della nostra vita, potenziando la nostra vigilanza e la nostra volontà. 

Non è per niente un’impresa facile e scontata. Né un traguardo che basta raggiungere una sola volta nella vita. Perché la tendenza ad allentare il controllo è sempre in agguato e in un attimo possiamo perdere tutto il vantaggio conquistato con tanta fatica e sacrificio.

Tutte le cattive abitudini rientrano in questo campo di battaglia. Ognuno ha le sue e deve imparare innanzitutto a riconoscerle e ad ammetterle a se stesso, per potere poi studiare le migliori strategie per vincerle. E sicuramente la prima strategia sarà quella di “riprogrammare” il proprio cervello, allenandolo ai comportamenti virtuosi, offrendogli delle nuove informazioni e delle migliori abitudini di vita. E contemporaneamente allenare e fortificare la propria volontà. 



Smettere di fumare, rispettare una dieta alimentare, impegnarsi a fare esercizio fisico, tenere sotto controllo le proprie spese, possono essere alcune delle sfide più comuni con cui misurarsi. Ma ce ne sono altre sicuramente molto più impegnative, vere e proprie dipendenze che annullano completamente la libertà: la dipendenza dalla droga, dal gioco d’azzardo, dal sesso, dalla criminalità, dalla violenza... malattie a tutti gli effetti che richiedono necessariamente anche un supporto specialistico.

Ma l’obiettivo in ogni caso è sempre lo stesso. Prendere in mano le redini della propria vita e guidarla verso la pienezza della serenità, almeno fin dove a determinarla sono le nostre scelte.

Commenti

  1. Concordo in linea di massima con le intenzioni, sicuramente apprezzabili, del pezzo che ho appena letto: una prosa scorrevole, accattivante e persino convincente. Anche la citazione del versetto di San Paolo concorre a rendere giustizia alle ipotesi esposte.
    Devo tuttavia dissentire su alcuni punti, e per farlo, sosterrò le mie affermazioni con elementi tratti dall'osservazione dei fenomeni naturali, quindi dal Creato, dai fenomeni di massa globalmente diffusi e comunque dalla lunga esperienza di educatore di giovani, di osservatore dei costumi e delle inclinazioni e di valutatore delle capacità intellettive, della resistenza fisica e della tenacia mentale, oltre che dei fondamenti morali quando acquisiti e quando del tutto assenti dalle prospettive di determinati soggetti.
    Ritengo, per aver altre volte trattato questo argomento, che la base di conoscenza che spiega le azioni dell'uomo, più che nell'individuo, quindi nei singoli cervelli, cioè nel chiuso dei pensieri di ciascuno, risieda nella società e nel costume che sono variabili in continua evoluzione ed involuzione. Questa osservazione inoppugnabile già da sola chiarisce come l'individuo generalmente aderisca alle mode che misteriosamente si radicano d'improvviso nel comune sentire, cioè nei comportamenti sociali e purtroppo nelle iniziative personali isolate. Tutto, infatti, deve avvenire secondo canoni, secondo modelli che i Governi democratici tollerano, senza riuscire a prevederne gli esiti.
    Parlo di ordine pubblico, di integrità delle famiglie, di funzione scolastica, di carenze di natalità, del manifestarsi di malattie particolari che poi incidono pesantemente sulla spesa pubblica, persino di quella popolazione negletta, dimenticata, che è quella carceraria. Popolazione che viene asserragliata in strutture non adeguate alle esigenze della vita umana, che, lungi dal rieducare, contribuiscono ad affinare la tendenza al crimine e quindi a “perfezionare” le capacità di delinquere.
    Non credo sia il caso che io mi dilunghi oltre. La mia premessa contiene già sufficienti elementi che possono far sorgere il dubbio, padre delle migliori scoperte e tutore implacabile della via che conduce, se non alla verità, almeno alla luce che la illumina.
    Il bene e il male sono nella Natura. I matematici ne hanno colto i termini della teoria binaria attraverso la quale sono riusciti a produrre i primi rudimentali computer, quelli a schede perforate, per intenderci,: animali meccanici mastodontici, bisognevoli di raffreddamento continuo, lenti e tuttavia perfetti nel loro elementare funzionamento. Tanto per fare alcuni esempi, quando gli esseri umani giunsero alla qualificazione di ciò che era bene e di ciò che era male (di questo lavorio interiore frutto dell’intelligenza creativa umana ne danno cenno le più antiche scritture ebraiche: Adamo ed Eva, Caino e Abele, ecc.), sicuramente radicarono nella loro memoria, trasmettendolo alle future generazioni, il frutto dell’osservazione dei fenomeni naturali al loro cospetto: la luce e il buio, la notte e il giorno, il freddo e il caldo, la donna e l’uomo, la vita e la morte, l’abbondanza e la carestia, la salute e la malattia, il riso e il pianto, il nobile e lo schiavo, il potente e il sottoposto, la guerra e la pace, il bene e il male (da qui la figurazione degli angeli e dei demoni), la bontà e la cattiveria, la vendetta e il perdono. (continua)

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  2. Potrei continua all’infinito; in alcune civiltà questo concetto binario della natura, della vita, della divinità, si è radicato persino nella simbologia attiva e sovrasta tuttora il pensiero filosofico su cui sono basati , oltre che la fede religiosa, il lavoro, la famiglia, i rapporti sociali e tutto ciò che soprassiede alla convivenza civile. Mi riferisco a quel cerchio che chiamano Tao, che contiene due elementi, bianco e nero, che sembrano rincorrersi. Il Tao è il simbolo antico che racchiude l’essenza di tutto il Creato.
    Una memoria, questa, così estesa rispetto al tema proposto, che potrebbe apparire ridondante, o riduttiva, o addirittura estranea all’argomento. Ma non è così.
    Le osservazioni mosse da Aurora Sarcià descrivono l’indole umana con toni pessimistici , circoscritti in una visione monadea delle facoltà umane, esaminate in una prospettiva di figure assolutamente parallele, come se tutti gli esseri umani fossero ciascuno la copia dell’altro, come se tutti pensassero allo stesso modo le stesse cose, come se ciascuno fosse per natura mosso da istinti animaleschi e che solo la sopportazione, l’accondiscendenza, l’assuefazione, il timore, l’abitudine, creassero assetti comportamentali in realtà falsi che la società poi tenderebbe ad esaltare come patrimonio genetico dell’uomo; un patrimonio che nessun uomo in realtà possiederebbe.
    Niente di più arbitrario ed irreale. Miliardi e miliardi di esseri umani e tra questi, solo una minima parte di esseri buoni, generosi, leali, rispettosi, utili, propositivi, santi e beati.
    E tutto ciò solamente per una radicata convenzione umana e sociale della quale sarebbe negato sostenere l’esistenza e che si insiste nel definire reale per mero calcolo, o per un accordo di cerimoniale mai sancito e quindi ausiliario di ben altre situazioni.
    Il cervello è un organo che svolge funzioni omogenee connesse soprattutto alla nascita, alla crescita, al mantenimento in vita, alla riproduzione ed al superamento della parabola discendente della vita. In posizione collaterale, il cervello sviluppa poi un’infinità di comportamenti in dipendenza dei bisogni, delle aspirazioni, delle difficoltà, delle coincidenze, delle influenze, dalle richieste e delle imposizioni e naturalmente in dipendenza degli istinti atavici ereditati dai progenitori; istinti atavici che non sono assolutamente uguali per tutti gli uomini. Infatti il carattere delle persone, alla stregua delle responsabilità, è personale. Ci sono i forti e ci sono i deboli., ci sono i generosi e gli avari, i lavativi e i lavoratori, gli invidiosi e gli altruisti, i miserabili e gli idealisti, i falsi e i leali. Come si può osservare, persino i caratteri delle persone, come del resto il Creato, sono regolati dalla Natura secondo la teoria binaria e ciascun uomo è una creatura irripetibile. I tentativi di clonare soggetti animali contengono in sé la presunzione dell’uomo di voler uguagliare Dio o addirittura di negarne l’esistenza. Ma lo straordinario documento che dimostra l’irripetibilità dell’essere umano sta nei polpastrelli delle dita delle mani di ciascuna persona,;sta nelle impronte digitali, apparentemente uguali, ma tutte assolutamente differenti. (Carmelo Sarcià)

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    1. Grazie! Molto interessante il tuo commento, un prezioso arricchimento alle mie riflessioni.
      Il tema è talmente complesso che non si contano gli studi scientifici che lo sviscerano da tutti i punti di vista, e le tue avvincenti argomentazioni lo confermano.
      Le mie sono solo delle semplici considerazioni, basate esclusivamente sull’osservazione della mia personale quotidiana esperienza e che non hanno assolutamente la pretesa di essere esaustive. Questo è d’altra parte il taglio che ho voluto dare al mio blog. Ben vengano, quindi, contributi come il tuo che stimolano me e i lettori ad un approfondimento più ampio.

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  3. Sei troppo buona. Grazie comunque... Mi sono lasciato prendere un po' la mano ... ma mi sono fermato in tempo... È un argomento che mi interessa...

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  4. Penso che abbiate visto il comportamento da due angoli dello stesso insieme: Aurora osserva la lotta della volontà sugli istinti ; Carmelo descrive la fatica della volontà di mediare tra gli istinti e la propria morale.Tutto però si trova nel cervello.La volontà nella corteccia,che controlla le azioni volontarie,gli impulsi e la morale nelle aree associative più profonde, connesse col sistema motorio involontario.

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    1. Grazie, Ninì, di avermi avvertito dopo avere pubblicato questo tuo commento. Avevo intuito l’autore dal linguaggio specifico che usi, da bravo medico quale sei, professionalmente competente anche in questa materia, il cervello umano. Le tue parole mi confermano che le mie riflessioni non sono affatto peregrine e inappropriate, e mi incoraggiano a sviluppare ulteriormente l’argomento in qualche altro post. In più sei riuscito ad esprimere in poche parole una bella sintesi sul tema raccogliendo anche il contributo degli altri commenti pubblicati. Ti sono molto grata per questo tuo intervento chiarificatore.

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