Il mio volto nel suo

 


Van Gogh è uno dei pittori che più mi affascina, sicuramente perché dalle sue opere traspare sempre con evidenza la sua persona e il suo animo particolarmente sensibile e tormentato.


Per la prima volta nei giorni scorsi mi sono imbattuta in una sua opera straordinaria, mai vista prima, che affronta un tema religioso, cosa insolita nel suo percorso artistico: la Pietà. 


L'opera ha poco in comune con tutte le raffigurazioni che l’arte ci consegna sullo stesso tema. Pur essendo, nelle sue intenzioni, una “riproduzione” speculare della pietà di Eugène Delacroix a lui molto cara, è unica nel suo genere, sia per le caratteristiche cromatiche tipiche dello stile pittorico di Van Gogh,  sia per i tratti del volto di Cristo, scavato e dalla barba rossa, nel quale i critici d’arte hanno riconosciuto l’autoritratto dell’autore.



Il dipinto è stato realizzato da Van Gogh per il fratello Theo nel 1889, durante il suo soggiorno nella casa di cura di Saint Remy in Provenza, nei pressi di Arles, dove si era fatto ricoverare durante un periodo di crisi acuta e dove ha continuato a dipingere e a realizzare molte delle sue opere più famose.


Sicuramente in questo quadro ha voluto raffigurare tutto il travaglio e il dolore che stava vivendo e che presto l’avrebbero portato alla morte.


Van Gogh realizzerà due copie dello stesso soggetto: una più grande (70x63) che si conserva al Museo Van Gogh di Amsterdam, l’altra più piccola (41,5 x 34) custodita nei Musei Vaticani. 


In questa settimana di Passione, anche l’arte può suggerire alla nostra meditazione e al nostro cammino di conversione dei percorsi spirituali. 


L’arte infatti è sempre una rivelazione dell’animo umano alla ricerca della verità, e per coglierne il senso e la bellezza richiede un atteggiamento di contemplazione e di abbandono al suo linguaggio, lo stesso atteggiamento che è richiesto a chi desidera comprendere uno dei misteri della nostra fede.


Per questo anche la Pietà di Van Gogh può aiutarci a comprendere meglio il mistero della incarnazione e della Passione di Cristo che ha accettato di condividere in tutto la natura umana, fuorché il peccato, di cui però si è fatto carico insieme ad ogni dolore, non metaforicamente ma realmente, fino a provare persino la tentazione di fuggire davanti al compimento del progetto di salvezza affidatogli dal Padre.


Mi piace pensare, quindi, che come ha fatto Van Gogh, tutti possano riconoscere nel volto di Cristo il proprio volto: ogni povero, ogni escluso, ogni "scarto" dell'umanità. Che grande consolazione!




Anche noi possiamo consegnare al Cristo sofferente i tratti del nostro volto, riconoscerli mescolati ai suoi  durante l’adorazione della croce, “contemplare”  il nostro volto impresso nel suo, invertendo la consueta abitudine di cercare il volto  di Cristo riflesso nel volto dell'uomo. 


Basterebbe questo per rivivere più intensamente la sua Passione, non astrattamente o genericamente ma nella sua cruda oggettività.


Questo ci aiuterebbe anche a vivere con più forza le nostre prove e il nostro dolore e a non sentirci soli.

Perché riusciremmo ad affidare a lui la nostra vita, con tutte le sue inquietudini, paure, speranze, e non sentirne più il peso, perché scopriremmo che è lui a portarlo insieme a noi.


E' questa l'unica certezza che può sostenerci nei momenti bui della nostra storia.

Commenti

  1. Come spesso accade, le tue riflessioni innescano un processo a catena che fa emergere dalla memoria suggestioni e ricordi lontani.
    Il quadro di Van Gogh ,che ti ha suggerito la meditazione ,mi ha fatto ricordare i Viali di cipressi sotto il sole stellato(1890) . I colori del cielo sono gli stessi.
    L’immagine di questo bellissimo dipinto è stampata sulla copertina di un piccolo e prezioso libro dal titolo “ nella luce dell’essere” , scritto da un giovane sacerdote.Tra le tante osservazioni sulla poetica di Vincent c’era che secondo lui ,per Van Gogh la qualità dell’ arte religiosa di un dipinto non è decisa dal carattere esplicito del soggetto ,ma piuttosto dal riverbero spirituale che un opera è in grado di restituire. Questo carattere “sacro “ lo possiamo scorgere anche in soggetti così detti profani
    Se guardiamo con attenzione i mangiatori di patate (1885) ,in cui in un misero ambiente è dipinta la e a di una famiglia povera, possiamo scorgere nei volti dei protagonisti la dignità di ogni uomo che si conserva anche sotto un velo di miseria.Quella dignità che fa di ogni essere umano un dono prezioso .

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    1. Grazie! I tuoi commenti sono sempre molto arricchenti e offrono ogni volta nuovi e interessanti spunti di approfondimento. Mi hai contagiato la curiosità di leggere anch’io questo libro... Condivido questa idea suggestiva di religiosità che da’ una connotazione spirituale alle cose, scorgendovi dentro un’anima.... Che alla fine è la vera idea di religiosità cristiana, che non separa il sacro dal profano. Infatti, dal momento in cui Dio entra nel mondo e nella storia, possiamo cogliere ovunque i segni della sua presenza e le sue orme!

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  2. Grazie Aurora per queste belle riflessioni. L'amore di Dio si rivela in ogni forma di arte. Sapere che siamo in compagnia nei momenti bui della vita ci fa sentire meglio

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