Catene e libertà

 


Tutti per diretta esperienza conosciamo il valore assoluto e il prezzo salato della libertà, il bene più prezioso di cui possa godere un essere umano. E penso che tutti, in situazioni e contesti diversi, abbiamo vissuto concretamente il peso dell’esserne privati e del vivere in catene.


Siamo messi infatti ogni giorno nelle condizioni di dover difendere questo nostro diritto con le unghie e con i denti, e di dover lottare per non permettere a nessuno di privarcene o di restringerne i confini. Perché tra i diritti umani fondamentali e non negoziabili penso che sia proprio questo a essere più minacciato e subdolamente insidiato.


Crediamo molte volte di essere pienamente liberi ma non lo siamo. Chi esprime il suo pensiero viene censurato, contestato, additato come un eretico, un appestato, un nemico da isolare, azzittire e annientare


Anche una sola parola spesso diventa un vero e proprio affare di Stato, che genera discussioni e polemiche infinite, com’è accaduto recentemente per il messaggio contro i genocidi lanciato da Ghali al Festival di Sanremo. Non ci si può permettere insomma di dissentire dal coro unanime e dal pensiero unico che ci riportano ai tempi del regime, pena l’accusa di congiura o alto tradimento.


Ghali a Sanremo 


I fatti di cronaca ci dicono continuamente come molti siano privati o limitati nella loro libertà di esprimere il proprio pensiero, di manifestare il proprio dissenso, di denunciare abusi e ingiustizie, di ragionare con la propria testa, fino addirittura a essere privati della libertà di uscire da casa, di frequentare le proprie amicizie, di lavorare, di troncare una relazione malata, di scegliere e costruire il proprio futuro.


Spesso si può perdere la propria libertà là dove meno ce lo si aspetta, là dove si pensa di vivere al sicuro, circondati da persone amiche, da familiari, e perfino nel nostro Paese, democratico per molti aspetti solo all’apparenza.


E quando non siamo liberi e ci rendiamo conto di essere stati “sequestrati” e soggiogati, l’anelito e la lotta per riconquistare la nostra libertà diventa insistente e irrefrenabile, fino a quando non raggiungiamo il nostro obiettivo.


Tante volte è necessario addirittura un aiuto dall’Alto per comprendere con chiarezza la realtà e intravedere da lontano una luce in fondo al tunnel che possa alimentare la speranza e spingerci a incamminarci verso quell’uscita liberatoria. 


Troviamo una conferma di questa speranza in un bellissimo Salmo della Bibbia che è un balsamo per ogni ferita e per ogni dolore: “Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati” (Salmo 124,7).



I cacciatori infatti sono in agguato in ogni angolo e il loro unico pensiero è afferrare, imprigionare, legare al loro laccio gli ingenui e inavveduti passerotti per privarli della loro personalità, del loro futuro, della loro vita.


Mi trovavo ieri a ragionare tra me e me su queste considerazioni mentre, estasiata, con la mia cara amica Christiane, visitavo a Roma la bellissima Basilica di San Pietro in Vincoli, rinomata soprattutto per la sontuosa statua del Mosè di Michelangelo e per la tomba di Giulio II.



Molto meno conosciuto è invece il significato espresso dall’appellativo associato al santo, “in vincoli”, che allude alle catene (in latino vincula) con cui San Pietro sarebbe stato imprigionato a Gerusalemme e che sono state portate a Roma nel V secolo dalla regina Eudossia e custodite sotto l’altare maggiore della Basilica. 



Gli affreschi che decorano l’abside paleocristiana raccontano proprio questa storia di prigionia ma anche di libertà, perché Pietro, soccorso dall’Alto da un angelo, vedrà miracolosamente spezzarsi le sue catene e si riapproprierà della sua libertà.


Rientrata a casa, passo la serata in piacevole compagnia di “Splendida cornice” con Geppi Cucciari che con sempre nuova creatività, ironia e intelligenza esplora il mondo culturale da ogni sua angolatura e sotto ogni suo aspetto. 


Tra i vari servizi, per una strana e inattesa coincidenza, eccone uno in profonda sintonia con i miei pensieri e i luoghi della mia giornata: il dipinto, affisso davanti all’ambasciata ungherese di Roma, realizzato dall’artista di strada Laika che raffigura la militante antifascista Ilaria Salis con le catene, che la tengono prigioniera in Ungheria, finalmente spezzate.



Un paese europeo dove è proibita la libertà di dissentire dal neonazismo fa paura. Una donna trattenuta in un Paese straniero, accusata di un reato senza prove, lascia senza parole. Un essere umano che rischia 16 anni di detenzione senza aver commesso alcun crimine inorridisce. 


Spero che questo triste scenario autoritario, che non tiene in alcun conto l’accertamento della verità e il riconoscimento dei diritti umani, non sia una preconizzazione del destino del nostro Paese che con la sua attuale politica tende, più di quanto non facesse in passato lo schieramento opposto, a fare terra bruciata attorno a chi non si allinea al suo dictat.


Fa inoltre molta impressione che sia venuta alla luce e ci si stia interessando della situazione di cui Ilaria è vittima dal febbraio 2023, solo da due mesi, benché i suoi genitori abbiano da tempo interpellato le più alte cariche del governo italiano affinché si occupassero del caso.


Ecco il reale stato in cui versa la nostra libertà! Abbiamo davvero bisogno tutti di un grande aiuto dall’Alto!


Laika ha scelto di celare la sua identità e di restringere il campo delle sue libertà a causa delle minacce che riceve sul web per le sue idee liberali che esprime nella sua arte. 



Dall’estate del 2019, in pieno coronavirus, va in giro in incognito di notte con maschera bianca e parrucca rossa per attaccare alle pareti degli edifici i suoi poster di denuncia e di racconto della realtà, vista con i suoi occhi di donna pensante e libera.


Certo, il suo nascondimento a tutela della sua incolumità non è una incoraggiante prospettiva per il nostro futuro.


Commenti

  1. Mala tempora currunt, cara Aurora. La libertà è oggi ridotta anche dalla scarsa propensione ad ascoltare dei più. Il dialogo è diventato una farsa ipocrita e il dissenso diventa subito scontro. Ipocrisia faccia a faccia e odio sui social. Non sappiamo più vivere e godere dello splendido dono del confronto e della dialettica, il pensiero si fa schematico e semplificato. Parliamo e ragioniamo per slogan e non abbiamo tolleranza e rispetto. Clarabella

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  2. Quando un popolo comincia a disinteressarsi della " cosa pubblica", quando non esercita per tanto tempo diritti essenziali quali, ad esempio, il diritto al voto, a esprimere le proprie idee , è messa in dubbio la stessa esistenza della democrazia.
    E stiamo vivendo una fase di restaurazione di autoritarismo , che richiama tempi passati ,della classe che ci governa.
    Ce ne accorgiamo anche nell' intervento legittimo di un cantante sul palco di Sanremo, che " si permette " di gridare : Basta alla guerra, ai nuovi olocausti in tante parti del mondo. Basta a tanti nostri fratelli che muoiono per causa dei " Caini" del nostro tempo, che devono giustificare la produzione e il consumo di miliardi di euro di armi, sempre più sofisticate . Oltre ai morti per
    " effetti collaterali " : fame, malattie , esodi biblici dalle terre distrutte in cerca di pace, di futuro.
    Occorre una presa di coscienza collettiva, un sussulto di dignità per contrastare la tendenza attuale di " sfornare " capi di stato, o comunque responsabili della vita dell'universo ( vedi USA, RUSSIA, UNGHERIA , G7, G 20 , ...) che non rappresentano la maggioranza delle persone oneste che ammorbano la speranza di una umanità libera e pacifica.
    Salvo Patane '

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  3. Grazie Aurora. I tuoi contributi sono per me, utilissimi. Rappresentano momenti di confronto e di riflessione.

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  4. Cara Aurora, proprio mentre pubblicavi questo post è giunta la notizia della morte, a soli 47 anni, di Alexey Navalny, dissidente e oppositore di Putin. Era in prigione, già scampato una volta ad un avvelenamento da polonio radioattivo. Avere idee diverse da quelle di chi "comanda" non rappresenta un'assicurazione sulla libertà, sulla parità dei diritti e addirittura sulla vita!
    Purtroppo in Italia abbiamo governanti che si professano amici di Putin e in Europa, come in America, soffia sempre più forte un vento di pericolosi estremismi... Carlo Croce

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  5. Anche io leggendo il tuo interessante articolo ho pensato a Navalny e alla sua prematura morte.È stato coraggioso a rientrare nel suo paese dopo l’avvelenamento .Avrebbe potuto restare a Berlino, ma il desiderio di testimoniare è stato più forte .Penso che dopo Anna Politkovskaja , anche lei incapace di scendere a compromessi con la verità, sia una nuova vittima del regime russo, regime che è ancora avvallato da molti politici italiani. Penso anche che questo sia un momento molto delicato per il nostro Paese , dobbiamo esserne consapevoli ed ognuno, nel proprio ambito ,deve cercare di dare un contributo efficace soprattutto con rinunciando ad esprimere il proprio dissenso.Sandra

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  6. Cara Aurora, hai fatto bene ad attirare l'attenzione sull'assurda prigionia di Ilaria Salis, esempio drammatico di come sia precaria la nostra libertà soprattutto in questo momento. Giuseppe Savagnone

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  7. Grazie Aurora per le tue preziose riflessioni! La libertà è un diritto universale che va sempre ribadito e difeso! È, come affermava Giovanni Paolo II, condizione essenziale della pace insieme alla giustizia, alla verità e all'amore. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

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