Un uomo e i suoi affari

 


La morte è più vicina a noi di quanto possiamo immaginare.


Per quanto vogliamo tenerla lontana, a debita distanza, credendo che appartenga sempre a qualcun altro e non a noi, essa ci raggiunge quando meno ce l’aspettiamo, e arriva per tutti il momento di arrendersi, di cedere tutto, anche quando si è trascorsa la vita intera arraffando ogni cosa con voracità insaziabile e si vorrebbe agguantare sempre a piene mani il tempo, come se fosse un pozzo senza fondo. 


E invece la storia inesorabilmente gira pagina e va oltre.


Ma per qualcuno che non vuole arrendersi mai, nonostante la cruda e inevitabile realtà della fine, sembra non essere così. Anzi, può accadere che la morte prolunghi paradossalmente la sua vita e la renda ancora più onnipresente e onnipotente.



L’abbiamo constatato tutti in questi ultimi giorni, assistendo quasi increduli e in molti casi infastiditi all’amplificazione di un nome e di una persona, che è stata sempre ingombrante e che ha dominato per decenni la scena economica, politica e giudiziaria del nostro Paese.


Ogni morte merita rispetto e ogni persona che scompare ha diritto a essere compianta dai suoi cari, ammiratori amici e familiari. 


Ma l’informazione non può essere deformata, edulcorata, manomessa, cancellando di colpo con una spugna la realtà dei fatti che sono di pubblica conoscenza.


Uno dei più grandi problemi che ha l’Italia è infatti proprio quello dell’informazione. I giornalisti, tranne qualche caso sporadico, non fanno, come dovrebbero, il loro mestiere. Non sanno essere imparziali e critici. Sono spesso faziosi, servili, venduti, asserviti, sudditi, pronti sempre a prostrarsi con venerazione e devozione davanti a ogni padrone di turno.


La conseguenza è una persistente operazione di manipolazione, di indottrinamento, di “lavaggio del cervello” che intrappola l’ascoltatore disarmato e acritico dentro la descrizione di una realtà fantasiosa che non esiste e che viene presentata come assolutamente vera.


Per quattro giorni tutte le emittenti televisive hanno trasmesso ininterrottamente, “a reti unificate”, una sola unica notizia, percepita e vissuta da molti come una sorta di beatificazione e di elevazione agli onori degli altari di una persona che non ha certo brillato per santità ed esemplarità. 



L’alternativa che è rimasta a chi conserva ancora la capacità di pensare e di ragionare con la propria testa è spegnere il televisore e reperire notizie di ciò che accade nel mondo attingendo ad altri strumenti di informazione.


Oggi sono in molti a piangere e a ricordare Berlusconi come grande imprenditore, generoso benefattore, genio illuminato, grande statista, uomo del dialogo e della pace, e nonostante tutto  perseguitato, incompreso e martire.


La realtà invece è ben altra. Il suo successo è soprattutto il frutto della sua acuta furbizia, della capacità di eludere le leggi, dell’assoluta mancanza di un codice etico che gli ha permesso di considerare tutto lecito, del suo carattere affabile, scherzoso e canzonatorio con cui ha preso in giro il mondo intero, degli appoggi che ha saputo trovare per imbrogliare le carte e spianare davanti a sé le strade per i suoi affari miliardari e faraonici, aggirando ogni ostacolo per coltivare i suoi interessi a danno degli altri, con la complicità degli amici avvocati e politici che lo hanno protetto, consigliato, difeso, sostenuto e che lui ha profumatamente pagato.



E gli affari, in ogni campo, sono stati il filo conduttore di tutta la sua vita e di tutta la sua carriera, sin dagli inizi. 


Per cogliere il senso e le proporzioni dei suoi fortunati successi, basta scoprire la provenienza di una delle sue più amate e lussuose abitazioni.


Pochi infatti conoscono la storia della Villa San Martino di Arcore, sede ufficiale di Silvio Berlusconi dal 1974 al 2013 alle porte di Milano, dove si sono svolti i festini a luci rosse e i tanti accordi politici che hanno consentito la sua ascesa al potere, e da dove è partito il corteo funebre che lo ha accompagnato al Duomo di Milano.



Residenza signorile del XVIII secolo e proprietà della famiglia nobiliare Casati dal 1800, viene ereditata nel 1955 dal marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, una persona dagli strani costumi sessuali, morto suicida nel 1970, dopo avere ucciso la moglie e il suo giovane amante, da lui stesso scelto e pagato. 


Ereditata insieme all’estesa tenuta circostante, dalla figlia ancora minorenne Annamaria, desiderosa di fuggire in America dopo essere stata travolta dallo scandalo che ha interessato la sua famiglia, viene “acquistata” attraverso un subdolo e ingannevole iter, da Berlusconi per soli 250 milioni, pur essendo stimato il suo valore in più di 7 miliardi di lire. 


Mediatore dell’affare Cesare Previti, tutore della ragazza, avvocato e amico di Berlusconi e suo “compagno di merenda”, che trascorre la vita passando da un procedimento giudiziario all’altro, per illeciti e corruzione. È tutto dire! 



La storia del “fortunato acquisto-truffa”, è raccontata nel dettaglio dalla cognata dell’erede, la contessa Beatrice Rangoni Machiavelli, in una intervista del 2010 di cui riporto il link (Previti, Berlusconi e la “doppia rapina” ai danni di Anna Maria ...wordpress.comhttps://altair3blog.wordpress.com › 2017/01/16 › prev...) perché merita di essere letta e approfondita per conoscere tanti altri particolari incredibili del  “metodo” imprenditoriale di quest'uomo, fondato sull’inganno e sulla frode. È davvero illuminante e inquietante quanto rivela!


In particolare l’avvio della costruzione di Milano Due su altri terreni della famiglia Casati, divisi in lotti resi poi edificabili, da lui intestati a ignari vecchietti con l’Alzaimer ricoverati nell’ospizio del Pio Albergo Trivulzio di Milano.


Berlusconi ottiene persino il cambio di alcune rotte aeree dell’aeroporto di Linate, che passavano su quei territori e che avrebbero reso difficile la vendita degli appartamenti, tramite una persistente opera di pressione presso i Ministeri competenti.


Bastano solo questi pochi episodi per capire al volo la personalità di Berlusconi e scoprire quale sia stato il “segreto” della sua fulminea ascesa economica e politica nella vita del Paese. Dal mattino infatti si vede il buon giorno!


Non parliamo poi dello stile goliardico che emergeva puntualmente anche in contesti ufficiali, non solo nazionali, dove erano d’obbligo ben altre modalità di comportamento e che hanno ricoperto di ridicolo il nostro Paese.



Che dire poi della sua politica estera, gestita con troppa “leggerezza” e faciloneria, stabilendo con qualsiasi capo di Stato relazioni amichevoli di complicità cameratesca, senza tener conto delle loro responsabilità politiche e della natura di certi regimi di governo che calpestano sistematicamente la dignità delle persone e i loro diritti umani.


Purtroppo ha ragione Dacia Maraini che mette in guardia dalla pericolosità del “metodo berlusconiano”, subdolo e quindi più pericoloso delle stesse dittature. Perché dalla violenza, dal dispotismo, immediatamente riconoscibili, si possono prendere le distanze, ma dalla seduzione, dal sorriso ammaliante, dalle promesse lusinghiere si rimane inevitabilmente intrappolati e spesso è tardi quando si prende coscienza di essere stati truffati.


Con il funerale celebrato nel Duomo di Milano si è conclusa la sua esistenza terrena. L'Arcivescovo di Milano Mario Delpini ha commemorato la sua figura con un discorso da abile equilibrista



Un’omelia strana la sua, sicuramente ambigua, che ognuno ha inteso a modo suo, estrapolandone le parole secondo la convenienza. 


Mentre veniva pronunciata, infatti, molti volti inquadrati apparivano incerti e sospesi, in attesa di una piena verità che non arrivava mai e che, a ondate ripetute, si vedeva di volta in volta sfumare.


Ha descritto la sua personalità evidenziando le sue più impellenti bramosie che hanno attraversato la sua esistenza. Le parole con cui le ha sintetizzate sono però espressioni troppo nobili che non si addicono per nulla al  suo vissuto: il desiderio di vita, il desiderio di amore, il desiderio di gioia. 


Forse le parole più adeguate sarebbero state altre: il desiderio di non invecchiare e di camuffare la sua età in ogni modo, comportandosi ovunque da eterno adolescente; il desiderio delle donne e delle loro prestazioni, da cui è stato sempre dipendente e che ha usato come oggetti del piacere in festini equivoci e intrattenimenti goderecci; il desiderio di divertirsi, di scherzare, di ridicolizzare chiunque, di usare la barzelletta nei contesti più seri come se fossero dei palcoscenici per spettacoli di varietà. 


Fatto sta che per l’Arcivescovo questi desideri hanno fatto di lui l’uomo che tutti hanno conosciuto: un uomo d’affari, che si arrischia in imprese spericolate, che guarda ai numeri e non ai criteri; un uomo politico, e quindi un uomo di parte, che cerca di vincere, sempre e a tutti i costi; un personaggio, continuamente sulla scena, alla ribalta della notorietà.



Ed ecco, conclude Delpini, quest’uomo ora incontra Dio, è al suo cospetto: sarà lui a tirare le somme del suo operato. In Cristo infatti tutta la storia, intessuta di bene e di male, trova il suo compimento. 


Lasciamo a Dio quindi il giudizio ultimo e definitivo su quest’uomo. 


Ma non rinunciamo mai a conoscerne la storia e a raccontarla e valutarla per quello che è, con senso critico e con obiettività.



Commenti

  1. non commento solo mi viene in mente la canzone di Battiato: povera patria mirio

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  2. Io propongo di trasformare in 'giornata di liberazione nazionale' il giorno del decesso, un altro 25 aprile! Troppo forte?

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  3. Dopo la morte di un personaggio pubblico, famoso per essersi fatto dal nulla, per essersi arrampicato in tutti i settori dell'economia ed avere dilapidato parte del patrimonio accumulato , non sempre in modo pulito , con donne di varia estrazione , premiate con elezioni al parlamento, appartamenti e regali di ogni sorta, la cronaca tende a farne un santo e un benefattore.
    A qualcuno verrebbe voglia di gridare " Santo subito " ! Ma viene trattenuto da qualche persona ancora ragionevole ed equilibrata.
    Purtroppo il " cavaliere" o " il presidente" come veniva appellato rappresenta " un modello" per molti che non sono riusciti ad emularlo e per tanti giovani "allevati " dai suoi programmi "spazzatura,",trasmessi dalle sue reti televisive : i vari Grande Fratello , Isole dei Famosi e compagnia bella.
    Grazie a lui , c'è stato un livellamento in basso della cultura e della coscienza nazionale.
    Salvo Patane '

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  4. Carissima Aurora.
    Nei 3 giorni di lutto nazionale,io non ho mai guardato la TV per non sentire la marea di giulebbe che mi avrebbero fatto venire il mal di pancia.
    Come al solito hai analizzato con dovizia di particolari le vicende del signor B. per le quali mi trovo nella Tua lunghezza d'onda.
    Grazie. Filippo Grillo

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  5. Ottimo contributo che porta altri elementi al ritratto reale presunto santo. Giuseppe Savagnone

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  6. Cara Aurora,ho seguito con molto interesse l'epilogo della vita di Berlusconi.Non ho mai avuto grande simpatia per quest'uomo,ed ho imparato a conoscere meglio alcuni aspetti del suo percorso ad ostacoli.Condivido in pieno il tuo pensiero.Uomo con una capacità di comunicazione fuori dal comune,sicuramente imprenditore illuminato,ma non onesto, pessimo politico,sempre secondo il mio modesto parere.Sessanta leggi votate ad persona,non lascia nulla in politica per cui valga la pena di essere ricordato.Il nostro paese è e continua ad essere allo sfascio più completo.La realtà è che a Berlusconi dell'Italia e degli italiani non è mai importato nulla.La sua scesa in campo,come diceva lui,è avvenuta solo per tutelare i suoi interessi personali.Ma dobbiamo anche ammettere che si è avvalso di un sistema politico,finanziario e culturale che gli ha permesso tutto questo.Purtroppo il sistema è marcio da troppo tempo.Una ragnatela fitta fitta,dalla quale non si riesce ad uscire,non si può uscire.Passeranno secoli ma le cose prima o poi cambieranno..devono cambiare per legge di natura e magari sarà proprio la natura a fare pulizia.Ti abbraccio con immutato affetto.
    Francesca Morgia

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