Chi potrebbe salvare il mondo

 


C’è una parte di umanità, spesso invisibile e sommersa ma operosa e ardita, che tesse la trama delle relazioni sociali, invece di sfaldarla, logorarla e ridurla a brandelli.

È formata da tutte quelle donne che in ogni parte del mondo credono nel dialogo e nell’incontro tra i popoli, perché hanno conosciuto lo strazio e la disperazione delle loro famiglie, decimate dalla violenza e dalle guerre, e sono disposte anche a dare la vita con ostinazione e audacia, pur di costruire un futuro migliore, dove possa prevalere per tutti la giustizia e la pace.

Tra queste donne, ce ne sono alcune che sono riuscite perfino a cambiarne il destino del proprio paese. È una di queste storie che voglio raccontare, una storia che getta un raggio di luce e di speranza sul triste destino verso cui procede cieco e imperterrito il mondo.

Leymah Gbowee è il suo nome e la Liberia è la sua terra, un piccolo Stato lungo la costa dell’Africa occidentale, fondato da coloni afroamericani nel 1822, su un territorio abitato da tribù di indigeni, grande quasi quanto un terzo del nostro Paese, e con una popolazione oggi equivalente più o meno a quella del Lazio.


La Liberia è oggi uno dei cosiddetti “paradisi fiscali” per l’assenza di controlli sulle transazioni finanziarie, con una enorme ricchezza del sottosuolo, tra cui oro e diamanti, estratti soprattutto da aziende statunitensi.

Alla fine del secolo scorso, il Paese è dilaniato da due violente e insanabili guerre civili (dal 1989 al 1996 la prima, dal 1999 al 2003 la seconda) tra i “conflitti dei diamanti” più feroci, che ha tra i suoi protagonisti Charles Taylor, signore della guerra, dall’89 a capo di un gruppo di ribelli contro il governo liberiano e dal 1997 presidente tirannico e sanguinario del Paese.

In questo e in altri Stati africani, infatti, sono i diamanti “sporchi”, estratti da schiavi e bambini e venduti clandestinamente, a finanziare le guerre più sanguinose e crudeli.


La storia di Leymah Gbowee, che matura in questo scenario di violenza e di grande disperazione, merita di essere raccontata perché straordinaria e incredibile.

Aveva 17 anni quando inizia la prima guerra nel suo Paese. Era appena tornata dagli Stati Uniti, dove si era recata per i suoi studi, e lo trova dilaniato da un’escalation di violenze sanguinose che mietono continuamente vittime innocenti anche tra i suoi parenti e amici, e distrugge tutti quei progetti e sogni che aveva coltivato nel suo cuore per il suo futuro

Per 12 anni assiste a ogni genere di crudeltà e di sopraffazione. Tra le due guerre studierà per diventare assistente sociale e sarà determinante, nel suo percorso di formazione, l’esperienza maturata accanto ai bambini soldato, rapiti, drogati, arruolati a forza nell’esercito, traumatizzati da ogni sorta di orrore.


Quando inizia la seconda guerra sente forte la responsabilità di mettersi in gioco, come donna, per ristabilire la pace nel suo Paese e fonda, insieme all’amica Comfort Freeman, anch’essa come Gbowee cristiana luterana, un movimento pacifista a cui in un secondo tempo parteciperanno sia donne cristiane che musulmane, e che sarà in seguito chiamato “Azione collettiva delle donne liberiane per la pace”.

Il loro segno distintivo diventa l’abito bianco che tutte indossano. La prima forma di manifestazione pacifista di queste donne sarà la preghiera. Gbowee rivelerà in seguito un sogno che l’ha guidata nel compimento della sua missione pacifista. Una “voce” le avrebbe detto di riunire le donne della sua terra e di pregare con esse per la pace. La presenza di un essere superiore, quindi, guida i suoi passi e la fede la sostiene verso traguardi sempre più ardui e rischiosi, che non ha paura di affrontare nonostante i gravi pericoli a cui si espone.

Un mercato del pesce è all’inizio il luogo di incontro dal quale si levavano preghiere e canti corali. La capitale, Monrovia, diventa poi il punto di riferimento di migliaia di donne, un “esercito” sui generis di donne in bianco, che pregano ininterrottamente declamando preghiere cristiane e musulmane, e praticando scelte di disobbedienza civile contro la politica di Charles Taylor.


Tra le sue iniziative, quella lanciata a tutte le donne di astenersi dai rapporti coniugali per svegliare gli uomini dal loro asservimento alla guerra e ricondurli alla ragione e alle loro responsabilità.

Non sarà alla fine questo l’espediente che porterà al successo la sua iniziativa, ma altre intelligenti e argute trovate che testimoniano la creatività e la genialità delle donne, e che produrranno nel 2003 l’effetto tanto desiderato: la fine della seconda guerra civile liberiana, la possibilità di indire libere elezioni, la conquista di un regime democratico.

Gbowee infatti riesce, con le sue forme di protesta, ad avere un incontro col presidente e a ottenere da lui la promessa che avrebbe partecipato ai colloqui di pace in Ghana per negoziare con i ribelli la fine del conflitto.

L'ex Presidente Taylor in una foto del 2021

Il movimento non si ferma di fronte a questo traguardo raggiunto e continua a condurre la sua protesta silenziosa in Ghana, durante le trattative di pace, tramite la presenza di una sua delegazione, che segue l’evento pregando fuori dal palazzo.

E quando l’accordo rischia di saltare, la loro presenza diventa determinante, perché rimanendo imperterrite a pregare, minacciano gli uomini, che avrebbero voluto abbandonare il tavolo delle trattative, di spogliarsi davanti a loro. Un gesto di cui si può comprendere la gravità solo se decifrato nel contesto della cultura liberiana dove si mescolano insieme fedi, credenze e superstizioni.

Gli sfollati dalla Liberia

Quel gesto messo in atto dalle donne non avrebbe avuto infatti solo un peso morale, ma sarebbe stata una maledizione per chi vi avesse assistito, un “anasurami” come lo chiamano in Liberia, che avrebbe causato a quegli uomini un grave maleficio. Per scongiurarlo dunque occorreva sottoporsi a qualunque sforzo, rimanendo dentro il palazzo e portando a termine i colloqui di pace.

Queste donne straordinarie, astute e intelligenti, nella loro saggezza e lungimiranza, hanno saputo giocare tutte le carte che erano in loro possesso, mettendo in ginocchio quegli uomini forti e potenti ma in fondo ignoranti miopi e ottusi!

Anche grazie al loro attivismo, il presidente Taylor, dopo gli accordi di pace, sarà costretto a rifugiarsi in Nigeria per sfuggire alla sua cattura. Nel 2005 poi saranno indette elezioni democratiche che porteranno, per la prima volta in Africa, all’elezione di una donna, che sarà la nuova presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, anche lei protagonista dello stesso movimento pacifista e stretta collaboratrice di Leymah.

La Presidente Ellen Johnson Sirleaf

Taylor, che si è macchiato di numerosi ripetuti efferati delitti, viene accusato anche di aver fatto seppellire sotto la sabbia una donna viva incinta e di avere obbligato i suoi soldati al cannibalismo per incutere terrore tra i nemici

Viene processato alla fine solo per la guerra in Sierra Leone, che egli aveva sostenuto anche col traffico di diamanti, un processo che si svolge presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia, durato 6 anni, durante il quale si dichiarerà innocente paragonandosi a Cristo, e che lo condannerà nel 2012 per crimini contro l'umanità a 50 anni di detenzione in un carcere di massima sicurezza del Regno Unito.

Oggi la Liberia si prepara, per la quarta volta dalla fine della guerra civile,  all'elezione del suo nuovo Presidente che si svolgerà il 10 ottobre di quest'anno, si auspica in un clima democratico e di non violenza, dopo il ritiro della Forza di pace delle Nazioni Unite e dopo la firma degli accordi di pace siglato il 4 aprile da 27 partiti su 31 che si presenteranno alle elezioni. 


Insignita del Nobel per la pace nel 2011, insieme alla presidente Ellen, Leymah è ancora oggi attivista sempre all’opera anche in altri paesi africani, come il Congo, la Nigeria, Costa d’Avorio, per animare il movimento della pace e della difesa dei diritti delle donne, ovunque abusate, schiavizzate, oggetto di violenze brutali e indicibili, eppure disposte sempre a promuovere la pace e il dialogo.

Nel 2012 pubblica la sua autobiografia, “Grande sia il nostro potere”, una testimonianza coinvolgente del suo percorso esistenziale, dalla disperazione e dallo sgomento alla speranza nella possibilità di un cambiamento della realtà.


Leymah si definisce spesso una donna debole, fragile, peccatrice, ma la forza interiore che la anima ha il potere di trasformarla in una roccia solida e incrollabile. E il suo messaggio è ancora più forte e potente: la possibilità di una soluzione pacifica dei conflitti e la riconciliazione tra vittime e carnefici.

Gbowee oggi ha 51 anni, è madre di sei figli, di cui una adottiva, avuti da un marito violento e dispotico, che non è riuscito però ad annientarla, perché è una donna forte, determinata, definita “guerriera della pace” per la tenacia con cui ha condotto la sua lotta non violenta per porre fine alla guerra, consapevole comunque che la pace è un processo sempre in divenire, e non un traguardo che si raggiungere una volta per sempre, convinta tuttavia che anche quando la pace non diventi la parte vincente, debba essere comunque sempre l’unica via che valga la pena perseguire.

Non c’è altra strada, in effetti, da percorrere se si aspira davvero a un futuro per il pianeta e per l’umanità.




Commenti

  1. Chi potrà salvare il mondo?
    Risposta secca: le donne.
    Con la loro tenacia, con la capacità di non arrendersi mai, nemmeno di fronte all' evidenza.
    Il Signore le ha dotate di una forza incredibile che permette loro di generare nuove creature, di sopportare sofferenze, sacrifici, rinuncie in nome dell'amore e della vita.
    Nulla è impossibile a Dio.
    E spesso nulla è impossibile anche alle donne!
    Ci sono tante prove e testimonianze nella Storia e nella mia vita personale.
    Salvo Patane'

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  2. Grazie Aurora per la storia di impegno per la pace e di coraggio che hai raccontato nel post. Un abbraccio. Maria Cristina Scorrano

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