Musica nel deserto

 

“Ricordati di vivere!”. Pochissime parole che hanno il potere di afferrare e inchiodare l’attenzione. Non possono passare inosservate! Perché sembrano affermare un’assurdità che è invece una profonda verità.

Spesso infatti viviamo le nostre giornate come degli automi, mossi dall’abitudine, dall’istinto, o dalla fretta, con la smania di acciuffare quello che potrebbe sfuggirci di mano, mentre è proprio la vita che ci sfugge e non ce ne accorgiamo. 

Non pensiamo che siamo vivi, non assaporiamo la bellezza di ogni nuovo giorno, non sussultiamo di gioia e di gratitudine aprendo ogni mattina gli occhi e rimettendoci in piedi.

È Jovanotti a lanciare questo messaggio nel suo ultimo singolo dal titolo, appunto, “Ricordati di vivere”, il cui videoclip è ambientato nel nord del Niger dove l'artista si è recato alla fine del 2022 per partecipare, come ospite d’onore, al 16° Festival Tuareg della canzone africana “de l’Air” che si è svolto nell’oasi di Iferouane dal 2 al 4 dicembre.


Le sue parole fanno eco a quanto affermava Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa, quando denunciava il rischio più pericoloso che si può correre oggi senza neppure rendersene conto, quello di “vivere spettatori della propria esistenza”, e di conseguenza anche dell’esistenza del mondo e della sua storia.

Oggi, giornata della memoria della Shoah, il verbo “ricordare” risuona ancora di più con tutta la sua forza e la sua urgenza. Perché sembra proprio che l’uomo si rifiuti oggi di ricordare e voglia accantonare tutto ciò che potrebbe impegnarlo in un cambiamento e potrebbe esigere da parte sua un atteggiamento attivo, da protagonista responsabile, piuttosto che da spettatore distratto, distante o complice. 

La scelta di Jovanotti di partecipare al Festival Tuareg in Niger ha, in questo contesto, un profondo significato simbolico, esistenziale e politico. È da diversi anni ormai che l’artista ha abbandonato i panni del giovane rap estemporaneo e ribelle per indossare quelli dell’uomo adulto e pensante, alla continua ricerca di se stesso e di un senso più autentico da dare alla vita, e l’incontro e la simbiosi con la musica africana gli offrono un’opportunità in più per raggiungere questo obiettivo.

Il Festival de l’Air ha un grande valore culturale per tutto il territorio del Sahel, che si estende nell’ampia zona a sud del deserto del Sahara, un’isola verde lambita dal deserto, dove le varie tribù Tuareg provenienti dall’Algeria, dalla Libia, dal Mali e dal Niger, ogni anno si danno appuntamento per celebrare insieme il fascino della loro cultura e delle loro tradizioni, che vogliono a tutti i costi mantenere in vita e di cui vanno estremamente fieri.


La musica è la magia che spinge al superamento di un presente deturpato da eventi terroristici, da traffici illegali e dal banditismo. Tutti vengono chiamati a raccolta per mettere al centro la forza trainante della musica, quella tradizionale e quella moderna, con l’uso anche di strumenti tipici locali, suonati da donne agghindate a festa, come il violino a una sola corda e il tamburo costruito con un mortaio rivestito di pelle di capra. 

Ma anche altre espressioni culturali vengono apprezzate ed esibite in questa circostanza: il canto, la danza, la poesia, le sfilate con i bellissimi costumi tradizionali dai colori smaglianti, le gare di corsa dei cammelli cavalcati da personaggi importanti delle varie tribù.


Con questo continente, che affascina e conquista chi corre l’avventura di incontrarlo, Jovanotti ha stretto quasi un’alleanza, un patto di sangue, impegnandosi a valorizzare quanto in esso c’è di straordinario e di bello, promuovendone le risorse e le peculiarità. Qualcuno, considerando le gravi situazioni politiche ed economiche di questi paesi, potrebbe giudicare ingenue o superficiali le sue iniziative. Ma è vero però che ognuno può fare solo la sua parte, che ha comunque sempre un grande valore, anche se limitata e piccola. 

E mentre in occidente la sola parola “Africa” suona come una minaccia, un pericolo, un problema imbarazzante di cui sbarazzarsi il più presto possibile, mentre ogni giorno si consuma nel Mediterraneo, sotto gli occhi distratti dell’Europa, lo sterminio del XXI secolo, questo artista sempre controcorrente e imprevedibile ci prende per mano con la sua "fanciullezza" e le sue melodie e ci accompagna nel cuore di questa terra che ha invece un fascino seducente e tanto da comunicare, da insegnare e da condividere con noi occidentali.

Non è la prima volta che Lorenzo Cherubini si reca in Africa e ne respira i colori, la cultura e i sapori. Diverse sono state le sue escursioni coraggiose e scomode: dal viaggio di cui racconta nel volume del 1998 “Il grande boh”; a quello del 2018 ad Asmara, in Eritrea, una città che porta sulla sua pelle l’impronta indelebile dell’Italia, dove tanti nostri conterranei, compreso il nonno del cantautore, hanno vissuto nei primi decenni del novecento, e che fa da sfondo al videoclip del singolo “Chiaro di luna”; fino ad arrivare al viaggio in Niger dove mescola e fonde la sua musica a quella dei Tuareg.

Uno squarcio della città di Asmara

Il suo stile è inconfondibile: giocoso e spensierato apparentemente, da stravagante giullare del terzo millennio, dal quale tuttavia traspare una filosofia di vita rivoluzionaria, che trasmette energia e ottimismo, insieme a valori d’altri tempi che le sue melodie riescono a rendere attualissimi e tangibili. 

“Se anche ti restasse solo un attimo
Ricordati di vivere
Se nelle tasche avessi solo polvere
Ricordati di vivere
Se dentro al cuore avessi solo un battito
Ricordati di vivere”.

E ha proprio ragione! Infatti, se ricorderemo ogni tanto di essere vivi, riusciremo anche a valorizzare le cose che contano davvero e per cui vale la pena vivere ogni attimo in pienezza, come l’amicizia, quella autentica e sincera, che non muore mai e che è capace di travalicare il tempo e lo spazio:

“E poi gli amici che fanno memorabile la vita
Che si trasmette agli altri come un contagio
E poi non passa più neanche se muori
Rimane sempre in circolo attraverso gli altri cuori”.

L’obiettivo di Jovanotti è quello di incentivare la pace in Africa attraverso la musica, fondando, insieme ad altri artisti del Festival de l’Air, tra cui la star tuareg Bombino e i Tinariwen, cantori del deserto e padri del desert blues, una scuola di formazione musicale, denominata “Una casa per le musiche del Sahara”, insieme a una sala di registrazione, per i giovani talenti a Niamey, capitale del Sahel.

La star Bombino in concerto

Il centro, che avrà anche una seconda sede nella città nord-nigeriana di Agadez, realizzerà anche rappresentazioni teatrali, concerti, proiezioni di film, mostre, laboratori di arti e mestieri per la valorizzazione delle tradizioni locali e per incentivare la crescita umana e professionale degli artisti del luogo.

Promuovere tra i giovani africani queste grandi e promettenti opportunità significa infatti togliere manovalanza al terrorismo e al banditismo e costruire il futuro dei loro Stati.

L’iniziativa è promossa da Ara Pacis Initiatives for Peace, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro nata a Roma nel 2010 per dare concretezza al valore simbolico che ha avuto nella storia il monumento romano costruito da Augusto, e a tale scopo assistere i governi, gli enti locali e le popolazioni del mondo nella costruzione di una società fondata sul dialogo, sulla sicurezza, sull’educazione e sul lavoro.

La politica dovrebbe prendere esempio da queste iniziative per programmare interventi che siano davvero di aiuto alla promozione di processi di pace e di sviluppo in Africa e nel resto del mondo, rispettandone le culture e le tradizioni e incentivando l’istruzione, la formazione e il lavoro.

Le intenzioni di Jovanotti, e delle altre star e organizzazioni coinvolte, saranno molto probabilmente buone. Tuttavia sarà importante monitorare con attenzione lo sviluppo effettivo del progetto, per evitare che risorse preziose destinate all’Africa si perdano in tanti rivoli senza arrivare a destinazione, seguendo percorsi "alternativi", e impedendo, a chi ci ha creduto veramente, di vedere davvero fiorire una rosa nel deserto.


Perché tale è la musica, e ogni altra espressione artistica, per tutti, anche per l’Africa: un fiore fresco e vivo che sboccia anche nell’aridità, una terapia che cura ferite profonde, una speranza che permette di guardare avanti, lontano, oltre ogni barriera, ogni emarginazione, ogni violenza e segregazione, ogni morte.

Commenti

  1. grande Giovannotti sempre più maturo,sempre più testimone scanzonato.Si vivere ogni attimo vivere con gratitudine, con consapevolezza senza sprecare le occasioni che la vita ci offre.mirio

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  2. Rimango sempre più stupito della capacità di mia sorella Aurora di riuscire a far quadrare i conti elencando nella nota delle riflessioni "generi" tra loro in contrasto. Il contrasto emerge allorquando la "scatola" celebrale che se ne vuole far carico è ormai piena zeppa di fatti lontani, sconosciuti ai più, di esperienza non riservate a chiunque, vissuti con meraviglia e dolore e di ricordi appassiti dal tempo, ma ancora radicati nella coscienza e nella volontà, pur appesantite dagli anni. Il pannello principale delle riflessioni è costituito all'esaltazione di un menestrello rivoluzionario, schierato politicamente come lo è ormai la maggior parte degli artisti, ridimensionato dal tempo trascorso alle prese con la vita. Già!... La vita!... Questo sconosciuto orpello di tante chimere; questa illusoria scorribanda alla ricerca dei perché insolubili che neanche la religione, neanche la scienza, neanche la filosofia, sono riuscite mai a dipanare. Così, correndo dapprima forsennatamente, poi saltellando per evitare gli ostacoli e infine soffermandosi stanchi e delusi ad osservare quelle poche certezze che circondano l'uomo, si giunge al traguardo. Traguardo ignorato, temuto, dissimulato, schernito e soprattutto terrorizzante.
    E' in questa evanescente realtà che Aurora trova gli scampoli della sua esistenza, che poi sono gli stessi di ciascuno di noi. E prova con noncurante ed entusiastica lusinga ad esporre il Giovanotti-pensiero e il Bergoglio-pensiero sulla stessa bancarella dove offre ad ignari passanti i manufatti del suo profondo, tormentato pensiero. Una bancarella. la sua, dove può accadere qualsiasi miracolo. E' cosi che lei riesce a discorrere di Shoah e di Africa, di musica e di etica cristiana, creando fatui legami destinati ad un'effimera e fugace esistenza, immaginati dalla sua fantasia spericolata, ma difficilmente realizzabili. Nessuno potrà in effetti accostare l'immane sofferenza del popolo ebraico, che nasce nella notte dei tempi e si perpetua per generazioni. per terre e per mari, istituzionalizzata e incoraggiata dal Cristianesimo che ha marchiato per secoli ciascun Ebreo con l'infame accusa, certificata nelle Scritture, di "perfido Giudeo", per aver crocifisso Gesù Cristo, costringendo ogni comunità sparsa nel mondo civile negli infami ghetti. E' in quei ghetti, che nulla hanno a che vedere col nazismo, che si scatena la furia nazista.
    Appare dunque una forzatura, quella di commentare il titolo della canzonetta "Ricordati di Vivere" il cui scopo è prima di tutto il profitto commerciale, al pensiero del Capo della Chiesa Cattolica Mondiale e alla tragedia del popolo ebreo, il cui ricordo non incoraggia certo a ricordarsi di vivere, ma piuttosto a ricordare le migliaia di "perfidi Giudei" privati con una inaudita ferocia della dignità di persone prima ancora che della vita.
    Nessuno può ricordarsi di vivere quando nei suoi ricordi c'è solo la morte peggiore. Tanto più che Gli Ebrei moderni, sostenuti dal mondo occidentale, convintamente colpevole delle sofferenze inflitte agli Ebrei, dalla Chiesa prima e dai Tedeschi dopo, non hanno fatto tesoro della loro triste esperienza e da oltre 70 anni non riescono a tributare al popolo Palestinese il trattamento che a loro non fu mai tributato.

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  3. Da Salvo Patane '
    " La Bellezza salverà il mondo ! " diceva Dostoevskij.
    L'arte, la musica avvicinano i popoli, le culture. Mettono dentro il cuore un desiderio autentico di pace , di fratellanza universale.
    Il continente africano ha bisogno di queste occasioni di dialogo.
    Non ha bisogno sicuramente di continuare ad essere sfruttato dalle multinazionali che si arricchiscono appropriandosi dei beni del suo sottosuolo.
    E non ha bisogno nemmeno di fare da "teatro di guerra " per le esercitazioni militari con sfoggio di armi sempre più micidiali.
    Certo non si costruisce la pace inviando sempre più armi ai contendenti che di volta in volta si avvicendano nello scenario internazionale.
    Bisogna piuttosto ridurre se non proprio togliere le armi in possesso dei belligeranti ed intensificare le azioni diplomatiche.
    Fermo restando che bisognerà cessare la produzione di armi prima che sia troppo tardi!
    Ci vuole uno sforzo enorme di tutti gli stati che si proclamano "civili e "progressisti"! Altrimenti non andiamo da nessuna parte.
    C'è il rischio addirittura di tornare all'età della pietra come paventava Einstein !
    Salvo Patane '

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  4. Ciao Aurora! Ancora mi giungono belle le tue parole! Parole piene di speranza, di amore per la vita e per gli uomini, di colori, di suoni d'altre terre e di meraviglia. Grazie! Maria Cristina Scorrano

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  5. Grande Lorenzo.... Cantautore eclettico, profondo e bravissimo.
    Ho visto un suo concerto allo Stadio Olimpico ti prende il ❤️.
    Infatti con queste testimonianze avvalora le sue immense capacità.
    Ciao Aurora e grazie sempre. Laura Scorcelletti

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  6. Mi astengo da ulteriori riflessioni poichè la vita mi ha insegnato a non insistere nel tentare di convincere chi, a causa degli studi compiuti e delle esperienze maturate, ha perso la capacità di dialogare, o di avvicinarsi alle visioni differenti dalla propria, o addirittura di spingersi ad esercitare le loro capacità ricettive... e si ritenngono depositarie della "verità" assoluta. Nel corso della mia vita professionale ho incrociato molte persone che non si facevano mai cogliere dal sacro "dubbio". Il dubbio è il sale della vita Al contrario delle certezze assolute... fonti di incomprensioni, di contrasti, di dissidi.
    Naturalmente i commenti espressi da me non sono diretti alla mia cara sorella Aurora... ma vogloono essere un lumicino che con la sua fioca luce possa fare almeno emegere il dubbio... perchè nessun fatto ha mai una sola origine e una sola motivazione.

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  7. Grazie Aurora di questo post, davvero capita di farsi prendere dalle vicende e di perdersi nella quotidianità, scordandosi di fermarsi ad apprezzare, a riconoscere quanto occorra essere grati. Il benessere che viviamo non andrebbe mai dato per scontato, eppure capita. Benvenga allora qualche memorandum di quando in quando, a ricordarci che nulla ci è dovuto, che può bastare anche poco per essere felici, di accontentarci di quello che c'è che è già molto. Un saluto, Emanuele
    PS. I Tinariwen mi è capitato di ascoltarli tempo fa, sono molto in gamba, proverò ad ascoltare anche gli altri!

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  8. Vivere non è soltanto questione fisiologica e neppure temporale ma è interiore. Ci si può considerare vivi quando vivi l'esistenza che hai a disposizione giorno dopo giorno, istante dopo istante, quando vivere ha un senso ed un significato profondo che scopri man mano che procedi nella vita e la scopri e valorizzi sempre più come dono, dono donato e da donare. Giuseppe Raciti

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