L'adozione che salva

 


Sono centinaia di milioni i bambini nel mondo che vivono in condizioni disumane e disperate, schiacciati da una povertà estrema, malnutriti e affamati, senza una famiglia che li accolga e li ami, senza accesso all’istruzione e alle cure sanitarie, sottoposti a violenze e abusi di ogni genere.

Se, mentre parliamo di loro, pensiamo ai nostri bambini, ai loro sguardi gioiosi e sorridenti, ai loro giochi ingenui e fantasiosi, dal confronto tra le due realtà percepiamo ancora più fortemente che le nostre parole non sono affatto retoriche e formali, ma traboccano di vita e di concretezza dolorosa e imbarazzante.

Ci sentiamo impotenti di fronte al dilagare del male, che è in continua crescita, nonostante le tante e ben remunerate organizzazioni umanitarie che a livello mondiale si prodigano contro la fame e la povertà, e a difesa dei diritti dei più deboli.

Oltre a provare indignazione, rabbia, dissenso per così diffusa e scandalosa ingiustizia, ognuno di noi però può anche compiere delle scelte controcorrente, apparentemente piccole, che non stravolgeranno certamente il mondo, ma che in realtà possono cambiarlo radicalmente se non altro in un suo circoscritto frammento.

L’adozione è una delle strade più rivoluzionarie e luminose per realizzare dei veri e propri miracoli nel buio tetro di questa drammatica realtà. E con l’adozione anche l’affido temporaneo, che richiede addirittura una più grande disponibilità al dono totale gratuito e disinteressato per il bene dell’altro.


Sono numerosissime le persone nel mondo che, nel silenzio e nella riservatezza della loro vita personale e familiare, hanno vissuto e vivono, con tanta generosità e gratuità, esperienze così straordinarie, capaci di sanare ferite profonde e rimettere in piedi vite sfigurate e spezzate.

Nessuna differenza con i bambini che sono carne della propria carne, perché l’amore, l’apertura del proprio cuore, la partecipazione di ogni fibra del proprio essere, il coinvolgimento totale dei propri sentimenti, generano sempre e comunque pienezza di vita.

Conosco personalmente, come anche voi che leggete, tante storie meravigliose di adozione e di affido e sarebbe lunghissimo l’elenco se volessi ricordarle tutte. Ma scorrono davanti ai miei occhi i nomi e i volti dei loro protagonisti che parlano di amore, di gratuità, di dedizione, di gioia e che hanno seminato e continuano a diffondere nell’ordinaria quotidianità tracce indelebili di felicità e di speranza.


L’adozione in Italia è disciplinata dalla legge 184 del 1983 che prevede un iter abbastanza lungo e complesso, motivo per cui molte coppie optano per il percorso internazionale, sebbene in realtà anche questo non sia privo di difficoltà e dispendio di tempo, oltre a comportare anche costi più onerosi. 

Recentemente ho seguito, nel corso di un programma televisivo, una interessante intervista che mi ha particolarmente colpito e mi ha offerto ancora una volta l’occasione di riflettere a fondo su questa splendida realtà. 

Il protagonista è Manuel Bragonzi, scrittore scenografo e regista, che ha alle sue spalle un vissuto impensabile e straordinario. Sembrerebbe una favola, e invece è la cruda e concreta realtà.

Di origini cilene, vive la sua infanzia negli anni ‘80, durante la dittatura di Pinochet, in un contesto di assoluta povertà e violenza. 


Nel raccontare la sua vicenda, sottolinea come fosse abitudine comune, specie per gli uomini, vivere in perenne stato di ubriachezza, per smorzare i morsi della fame. L’effetto inevitabile che ne scaturiva era una vita dominata dalla violenza incontrollata che si ripercuoteva pesantemente sull’ambiente familiare e sociale.

Aveva appena tre anni Manuel quando assiste all’uccisione della madre incinta, da parte del nonno che la massacra di calci. Nonostante i gravi traumi subiti, il piccolo continua a convivere per due anni con il nonno, che è sempre ubriaco e violento, che lo frusta con crudeltà ogni mattina, che non si prende cura di lui, privandolo di cibo e di amore, e lasciandolo spesso in castigo, rinchiuso in una stanza.

Durante un gioco pericoloso con i fiammiferi, Manuel provoca un incendio che si propaga per tutto il villaggio. In preda alla paura, fugge e si nasconde nel bosco dove decide di rimanere, per non farsi contaminare anche lui dalla violenza e per stare lontano da chi avrebbe potuto continuare a fargli del male.

Immaginare un bambino di 5 anni solo in un bosco provoca le vertigini. Ma pensare a un caso del genere concreto e reale, e non frutto di immaginazione, scatena nel cuore angoscia e sgomento. Se fosse in una simile situazione uno dei nostri bimbi, che amiamo profondamente e visceralmente, sicuramente ci verrebbe da impazzire.


Eppure Manuel passa più di tre anni in queste condizioni, nutrendosi di more, di mele e di angurie che trova nel bosco e nei campi dei contadini, andando a caccia di passeri e cuocendoli furtivamente sulle pietre calde del villaggio dove gli indigeni cuocevano il loro cibo. 

Di notte guarda rapito lo spettacolo estasiante del firmamento, e parla con le stelle e la luna, sue confidenti. E questo lo rasserena e lo conforta. 

Nonostante i tanti pericoli che possono incontrarsi in un ambiente insidioso come un bosco, Manuel rimane miracolosamente incolume.

La sua vita appartata e spensierata sarebbe proseguita a lungo se non fossero arrivati un giorno i carabinieri cileni, in seguito alla denuncia di scomparsa presentata dal nonno, che lo trovano malato e con diverse ferite sul suo corpo, lo prelevano dal bosco e lo riportano nel mondo reale. 

Dopo essere stato riconosciuto dal nonno, viene affidato a un orfanotrofio dove, a distanza di pochi mesi, si verifica un altro fatto inatteso e straordinario.

Si presenta una coppia di coniugi proveniente dall’Italia in attesa dell’assegnazione di un bimbo da adottare e di fronte alla loro richiesta il piccolo Manuel risponde subito di sì, per sentirsi poi avvolto immediatamente dal loro abbraccio traboccante di affetto e di commozione

Manuel con la sua mamma adottiva

Esperienza assolutamente nuova per il piccolo che fino a quel momento aveva ricevuto solo percosse e castighi, e nella sua percezione del mondo identificava l’uomo con il male.

Quell’abbraccio gli avrà regalato brividi inenarrabili di meraviglia, di stupore e di gioia, sicuramente più travolgenti di quelli che gli aveva trasmesso in passato la contemplazione notturna del firmamento nel silenzio profondo della natura incontaminata.

Manuel, “venuto alla luce” per la seconda volta, crescerà in Italia, superando i suoi traumi, ambientandosi con fatica in una terra e in una cultura profondamente diverse dal mondo in cui era fino ad allora vissuto, seguendo un impegnativo percorso di studi e di formazione professionale che, insieme all’affetto e alle premure della sua nuova famiglia, a cui si legherà con amore riconoscente sentendosi finalmente “figlio”, gli consentiranno di integrarsi perfettamente nel nostro Paese.

Gli anni difficili della sua infanzia e le tappe che hanno scandito la ricostruzione della sua esistenza sono narrati in due sue pubblicazioni: Il bambino invisibile (2012) scritto insieme al giornalista Marcello Foa, e Per sempre (2021).

Oggi Manuel ha una sua famiglia, nata  dalla sua unione con Vera, impreziosita dalla presenza di tre figli sereni e gioiosi che non potranno mai immaginare la tristissima infanzia del loro papà.

Manuel con uno dei suoi bambini

Insieme alla sua attività di scrittore e di regista, si dedica anche al mondo dell’adozione. È lui il presidente dell’Associazione nazionale figli adottivi (Anfad) da lui fondata nel febbraio 2019, con lo scopo di guardare alla realtà adottiva internazionale dalla parte dei figli, per dare voce alle loro problematiche e difficoltà, sostenerli nella loro crescita affettiva e accompagnarli nel loro cammino di ambientazione e integrazione.

Conoscere le proprie origini ed elaborare il trauma dell’abbandono sono i passaggi fondamentali per ricostruire la propria esistenza e guardare al futuro con coraggio e positività. 

L’incontro tra i ragazzi adottati e la narrazione delle loro esperienze è un momento fecondo di condivisione e di verifica del loro cammino, che spesso sfocia anche nella richiesta di aiuto e di supporto, garantito da una rete di appositi esperti: psicologi, educatori, avvocati…


Il caso di Manuel, lo sappiamo bene, non è il solo. Come lui, in ogni parte del mondo, molti altri bambini continuano a rimanere soli, privi di una famiglia, abbandonati a se stessi, costretti a crescere da soli, inventandosi mille espedienti e stratagemmi per sopravvivere.

L’adozione sarebbe certamente per una parte di loro l’unica via d’uscita. Per moltissimi altri non esiste neppure questa speranza. 

Possiamo solo augurarci che l’uomo, da sempre predatore aggressivo e insensibile, rinsavisca dal suo atavico egoismo e imprima una svolta decisiva alla storia dell’umanità. 

Ma questa ancora è solo una bella favola!

Commenti

  1. Una storia drammatica e meravigliosa al tempo stesso... Sembra una di quelle favole per bambini invece è vera. Lui davvero è stato miracolato nel bosco. Grazie a Dio è rimasto in vita per poter raccontare la sua storia di vita di un bimbo coraggioso e forte oggi padre e scrittore. Grazie di aver fatto conoscere questa storia. Giuseppe Raciti

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  2. Questo argomento tocca il mio cuore, carissima Aurora. Ti ringrazio per averlo affrontato e per aver raccontato e portato a conoscenza di molti una storia che spalanca le porte alla speranza.
    Quanti cuccioli d'uomo aspettano con ansia una mano che li afferri e li abbracci.
    Quanti, schiaffeggiati dalla vita che ha tolto loro, per un motivo o per un altro, l'affetto e la carezza di chi li ha chiamati alla vita, salterebbero ben volentieri la burocrazia per rifugiarsi di corsa tra le braccia di chi offre amore.
    Quanti non starebbero neanche a guardare età, sesso, stato matrimoniale e patrimoniale... pur di avere degli occhi che lo attendono all'uscita di scuola e delle mani che rimboccano le coperte la sera.
    Non ho inseguito la maternità di cuore, è stata lei a inseguire me. Non era prevista nella mia vita una figlia, tra l'altro consacrata e missionaria proprio no, non era in conto. Eppure adesso non saprei fare a meno del mio scricciolo che mi fa squagliare quando mi chiama "mamma".
    Se fosse per me aprirei le porte degli orfanotrofi e delle case-famiglia, ne animo una in Burkina, e darei a questi bambini un amore. Hanno bisogno di amore. E l'amore non si identifica con il concetto di famiglia, può trovarsi in un nucleo familiare ma anche in un uomo solo o una donna sola o in una coppia unita da stato civile.
    Non smetterò mai di ringraziare Dio per l'infinito dono d'amore che mi ha fatto regalandomi mia figlia. Grazia Le Mura

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  3. Come Pediatra ho ,tante volte assistito a degli affidi ed anche a tante adozioni.
    L'adozione è un impegno permanente e significa che il bambino diventa un membro legale della famiglia .
    A volte accettare se stessi come genitori adottivi è un processo graduale che si realizza nel corso della crescita del bambino nell' ambito Famiglia.
    A volte le prove,il negativismo,i comportamenti ribelli,e le tendenze di rifiuto dei genitori da parte del figlio adottivo sono spesso difficili da affrontare per i genitori adottivi che per gli altri genitori.
    Come Pediatra,molti di questi conflitti genitori -figli nelle famiglie adottive,ho cercato di risolverli o migliorarli con il dialogo all' interno della famiglia.
    Grazie sempre Aurora. Filippo Grillo

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  4. Ciao Aurora! I tuoi post sono sempre una opportunità per riflettere su realtà importanti e, soprattutto, focalizzano l'attenzione su storie che devono essere raccontate. La storia di Manuel è un bellissimo esempio di speranza, di resilienza e di amore. Grazie di cuore. Un abbraccio. M.Cristina

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  5. Grazie, cara Aurora, una storia molto intensa e quasi incredibile. Purtroppo accanto a questa bella storia sappiamo che ci sono molte esperienze negative di abbandono e solitudine alimentate dagli interessi di alcune istituzioni che traggono vantaggio dal numero dei bambini rinchiusi negli istituti. Sono favorevole all'adozione da parte delle persone sole, sono favorevole all'adozione da parte di coppie gay. Tutti i candidati in ogni caso verrebbero sottoposti ad attenti controlli che ne giudicherebbero la capacità genitoriale, senza pregiudizi a monte. Clarabella

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  6. La storia di Manuel mi ha commosso. Hai trattato l'argomento dell'adozione che molte volte sembra passare inosservata e interessare a pochi. Si dovrebbero aprire le porte di quelle case famiglia dove i bambini vivono senza amore. Sembrano solo mezzi per ricavare utili e profitti. Abbiamo sentito e letto sui giornali le storie orribili delle case che ospitavano bambini sottratti ingiustamente alle famiglie. Le storie disperate di bimbi che soffrono e vengono maltrattati mi riempiono il cuore di tristezza; mi fanno piangere. Menomale che alcuni bimbi, come Manuel, sono più fortunati. Marilia

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  7. Grazie Aurora per lle storie e testimonianze che ci racconti, alimentano le speranze per un futuro migliore, sembrano favole a lieto fine e invece sono reali🥰🥰🥰🥰

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