Nei panni di Mario

 


Mario è il suo nome convenzionale. Il suo è uno dei casi più pietosi davanti al quale non si può rimanere indifferenti. Eppure chi ha responsabilità politiche si trincera da anni dietro ideologie, ipocrisia e indifferenza, per non perdere consensi, quasi insensibile di fronte al dolore altrui. 

43 anni, marchigiano, da undici anni, in seguito a un incidente stradale, Mario è bloccato in un letto. Tetraplegico, muove solo le palpebre e il dito mignolo della mano sinistra, ma è vigile e pienamente consapevole, e ogni giorno è costretto a vivere prigioniero di una sofferenza fisica e morale indescrivibile. 

Lui la definisce una tortura, ed è la parola che mi è affiorata alla mente quando ho sentito parlare delle sue condizioni di vita e della sua richiesta di essere autorizzato a mettere fine alla sua sofferenza. 

Il Tribunale di Ancona, a cui Mario ha presentato ricorso per superare le inadempienze dell’ASUR (Azienda Sanitaria Unitaria Regionale) delle Marche, lo ha autorizzato, primo caso in Italia, con l’Ordinanza del 21/06/2021, al suicidio assistito, attraverso la prescrizione del farmaco Tiopentone sodico usato in alcuni casi per l'anestesia generale, ma ciononostante l’Asur risulta ancora oggi inadempiente.


Il tema è talmente delicato e tocca questioni così sensibili che non si presta a facili e superficiali commenti. Piuttosto richiederebbe un maggiore ascolto e un più profondo sforzo di immedesimazione.

Per questo mi pare che il modo migliore per riflettere sul problema possa essere quello di ascoltare le stesse parole con cui Mario spiega la sua condizione di vita, così come lui stesso la descrive nella sua ultima lettera indirizzata all’ASUR delle Marche, al Comitato etico, al ministro della salute Roberto Speranza, al Presidente del Consiglio Mario Draghi, che dovrebbero intervenire per rendere esecutiva l'Ordinanza dei giudici di Ancona. Infatti, nonostante dal 31 gennaio 2018 sia entrata in vigore in Italia la legge n. 219 sul fine vita,  che stabilisce che il paziente ha il diritto di rifiutare le cure, manca ancora una legge che stabilisca come somministrare il farmaco letale nel caso del suicidio assistito. 

“Vi scrivo per farvi conoscere come le mie condizioni fisiche siano peggiorate in questi mesi di attesa fatta di agonia e tortura quotidiana. Comincio dai dolori fisici che sono in costante aumento: le spalle, le articolazioni, i muscoli del collo, le scapole, la colonna vertebrale. Fino all’anno scorso riuscivo a stare un po’ seduto sulla mia carrozzina sul terrazzo; quest’estate le poche ore che l’ho fatto sono state massacranti e non vedevo l’ora di tornare sul letto su cui, specie di pomeriggio, a causa delle contrazioni devono legarmi o rischio di cadere. Quando sale la pressione arteriosa i dolori sono lancinanti, è come se avessi dei chiodi in testa. Ci sono giorni fissi per alcuni trattamenti che mi danno pressione così bassa da far fatica a parlare, anche perché ho metà della capacità polmonare. Anche nel mangiare e nel bere rischio la vita a causa della trachea deviata."

Sono solo alcune delle sue parole, ma forse sono sufficienti per immedesimarsi nella sua sofferenza, consapevoli che la descrizione del dolore non equivalga affatto alla sua sperimentazione. Bisognerebbe piuttosto provare per credere, come afferma un famoso detto pubblicitario.

Nessuno può imporre agli altri una vita da eroi o da santi. C’è chi lo decide liberamente. Se credente, abbraccia la sofferenza persino come un “dono”, unendo il suo dolore alla passione di Cristo. C’è chi è capace di amare la vita nonostante tutto, e sa dare un senso anche alle briciole di luce che riesce a cogliere negli affetti familiari, nella contemplazione della natura, nella musica, nella lettura, addirittura nella scrittura, grazie alla moderna tecnologia. 

Francesco Sala, un malato di SLA che vive la sua malattia come dono per gli altri

Ma chi, dopo anni di sofferenza, confessa di essere giunto al capolinea, chi supplica il mondo intero di avere pietà della sua condizione esistenziale, chi vive ogni attimo come un continuo prolungarsi di torture senza fine, non merita il silenzio, l’indifferenza, o peggio diktat ideologici con cui si decide il destino dell’altro, tenendolo a  distanza di sicurezza, dall’alto di dotte cattedre o di sacri pulpiti.

Una società democratica come la nostra, che ipocritamente accetta l’aborto come un “diritto” inviolabile della donna, giustificando così la soppressione di vite sane innocenti; una società “giusta” e “liberale” che si esprime contro l’uso della tortura (salvo poi verificare la sua effettiva messa al bando) e discute sulla legittimità di abolire l’ergastolo in quanto pena che non rispetta la persona e contraddice la funzione riabilitativa della pena, non può rimanere indifferente di fronte ad una condizione di vita condannata quotidianamente alla tortura e a una prigionia senza fine nell'angusto recinto del proprio corpo umiliato e ferito, una condizione che nessuno dei benpensanti e di noi sani avrebbe il coraggio di vivere per un solo giorno e neppure per una sola ora.

Risuonano in proposito nella mia memoria le parole scomode del vangelo, che possiamo applicare a tutti noi quando restiamo a guardare, decidendo inflessibilmente l'entità del peso che l'altro è obbligato a sopportare: "Guai a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!" (Lc 11,46).

Le leggi sono a servizio dell’uomo, non il contrario. Non può essere sacrificato l’uomo per leggi che in linea di principio non fanno una piega ma che in situazioni specifiche schiacciano e opprimono la persona. La razionalità e il buon senso basterebbero da soli a far luce sulle diverse situazioni e a ispirare un sano discernimento.


Commenti

  1. Mi si è fatto molto tardi ... tornerò a leggerlo ... Vi ho dato una scorsa abbastanza accurata fino alla fine ... Così, a caldo, credo che il Tuo articolo sia più che altro coraggioso e piuttosto empatico ... senza con ciò dare giudizi sul tema, se non quello di intravedere nelle tue parole un immedesimarsi nella narrazione altrui ... Io, da parte mia, partirei da ciò che dice la Chiesa. Quello è il punto di partenza .. non quello delle leggi dello Stato che non si decide a rendere lecito un fatto così personale come la volontà di morire. Mentre le leggi sono il frutto del compromesso e dell'andazzo generalizzato... ciò che dice la Chiesa si espande con un'aura di superiorità morale... come un ingrandimento del pensiero di Dio ... come un obbligo morale che deve scontare l'alternanza con la colpa e quindi col peccato e quindi ancora con l'espiazione... Giusto o sbagliato ... chi può dirlo? Non si può contestare la fede ... la si può abiurare ... La politica invece si sostituisce alla fede... anzi la ignora... e obbedisce alle pulsioni ora delle minoranze ... in nome di un asfissiante politically correct... ora delle maggioranze opportuniste che dicono, votano, permettono, autorizzano, in nome di interessi personalistici e talvolta innominabili... No!... Il Legistaltore è un farabutto ... al di fuori del Legistalatore ci sono la fede o l'anarchia ... Criso o Barabba ... Il popolo. o meglio i suoi modesti rappresentanti, sceglierà ancora e sempre Barabba ... Ma questo non significa che sia la scelta giusta. Il suicidio è un atto volontario che non coinviolge altri se non l'interessato. Il porocurare la morte di altri è invece un delitto . Questo dice la legge, questo dice il diritto naturale, questo dice la legge divina. La legge che autorizza i cittadini donna ad abortire ... è una legge carogna perchè permette a due persone ... la madre in pectore e il medico ... di sopprimere una vita umana sia pure in embrione (il sedicente Cattolico Biden si appresta a far passare negli USA l'aborto al nono mese di gradidanza... ma questa è un'altra storia). Per cui il fatto che delle leggi screanzate, sull'onda di un malinteso femminismo di cassetta che meriterebbe ben altro genere di assistenza e di attenzione, piuttosto che l'invenzione del delitto di femminicidio, non può essere portata a sostegno di un altro omicidio, di più grave valenza, perchè stavolta non si tratterebbe di un embrione, ma di un essere umano formato, pensante, vissuto e talvolta anche responsabile del proprio stato perr gli eccessi compiuti.
    Suicidarsi è un diritto (e neanche tanto, perchè lo scampato al suicidio risponde in qualche modo alla legge del suo operato). Aiutare qualcuno ad uccidersi è un delitto e nessuna legge dovrebbe permetterlo... Quando ciò accadesse, vuol dire che la civiltà sta degenerando... sta regredendo verso la condizione degli automi e delle macchine. Neanche le bestie, da cui c'è sempre da imparare per stilare i canoni della liceità, aiutano i loro simili a morire ... Tuttavia ci sono popoli che permettono al loro anziani malati di recarsi sul pack ove attendere la dolce morte causata dal congelamento ... Mai un Eschimese ucciderebbe il proprio padre perchè malato. Forse lo porterebbe sul pack ... ma non gli somministrerebbe mai una fiala che lo uccida ... Lungi da me comunque l'intenzione di suggerire ai familiari dei malati di chiudere nei freezer i loro congiunti... Non è nostra la civiltà del pack.

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    1. Grazie per questo tuo contributo su un tema così complesso che, lo so bene, ho azzardato nell’affrontare. Ma non sopportavo passare oltre, nascondendomi nell’insensibilità del silenzio.
      Le tue riflessioni come sempre integrano i miei post di nuovi contenuti e stimolano all’approfondimento che è sempre necessario, specie quando si toccano questioni di tale rilevanza. Tuttavia, il mio scopo non era tanto quello di aprire un dibattito sull’eutanasia e sulla morale cattolica; né era mia intenzione una trattazione teorica del tema che avrebbe richiesto più ampi e articolati approfondimenti.
      Hai detto bene che il mio è più un approccio emotivo e di immedesimazione al dolore altrui, davanti all’indifferenza dei soggetti interpellati.
      Le tue riflessioni fanno molto pensare, anche se non tutte le condivido. Conosco bene i contenuti della morale cattolica sul valore della vita e sul tema dell’eutanasia e per anni li ho insegnati, con rigorosità, ai miei studenti.
      Ma davanti al grido di questo paziente inascoltato ho voluto mettere da parte per un attimo il trattato di teologia morale e ho provato a mettermi nei suoi panni, ad ascoltare il suo dolore e le sue ragioni e ad avere pietà di lui.
      Ti sembrerà strano, ma davanti al dolore e alla malattia non trovo molte risposte e certezze, ma tante domande insieme al bisogno di non giudicare e non condannare chi si misura con le sue debolezze e fragilità.
      Non sono per nulla convinta, però, che le condizioni di vita di Mario e il prolungarsi del suo dolore corrispondano alla volontà di Dio. Troppe cose attribuiamo a Dio quando sono solo le conseguenze dei nostri errori e delle nostre responsabilità.
      Mi preoccupa, invece, la presunzione con cui l’uomo, aiutato dalle nuove tecnologie, si arroga il diritto di ridare la vita a un “cadavere”, a qualunque costo e correndo ogni rischio, anche quello di condannarlo a vita all’immobilita’ e al martirio.
      La chiesa cattolica, che è così inflessibile nell’insegnare i principi morali, sa comunque avere pietà dei disperati e li affida al giudizio della misericordia di Dio che solo conosce il nostro cuore e vede in profondità le sue intenzioni.

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  2. Ho letto le tue riflessioni ... Non c'è nulla da aggiungere alle pulsioni di una coscienza che si commuove e pensa e si immedesima ... Voglio solo precisare, qualora non sia risultato chiaro il mio pensiero, che non è tanto la sottomissione ai principi cattolici che mi fa maturare certe convinzioni in proposito, quanto invece il concetto strettamente giuridico che ne scaturisce.
    Faccio un accostamento non del tutto azzardato, poiché sempre di vite umane si tratta. Credo tu abbia presente la confusione che si crea ogni qualvolta si parla di difesa personale. Gli esponenti della Destra italiana si affannano a giustificare il concetto di difesa personale attraverso la violazione ingiustificabile della propria abitazione o del proprio negozio, dei propri beni, dei propri sacrifici e della propria famiglia ... aggiungendo come caposaldo la paura del peggio che suscita un'intromissione di estranei malintenzionati nel proprio habitat. Di contro i politici della Sinistra italiana si affannano anch'essi ad avanzare dubbi, ad affermare la necessita di evitare abusi ed arbitrii, puntando ad affievolire quel pathos che soltanto chi subisce violazioni della persona e dei beni personali può descrivere fino in fiondo. Ebbene, vogliamo provare a chiederci dove sta la ragione? Come sempre la ragione sta salomonicamente a metà strada, mentre i due contrapposti principi sono con tutta evidenza due visioni estreme da scartare a priori.
    Credo che una riflessione sul tema “difesa personale” possa aiutare a completare il. quadro dei motivi che invitano a riflettere sulla eventualità di “dotare” l’Italia di una legge siffatta. Motivi che sono innanzitutto politici e di diritto, piuttosto che religiosi e che suggeriscono un'attenta e garbata visione del problema. Una legge che consenta di non punire chiunque provochi la morte di un essere umano che non ha più voglia di vivere sarebbe una legge omicida. contraria ai principi del diritto naturale, ai canoni della Costituzione e della Carta dei diritti dell'Uomo e assolutamente illogica. Anche perchè si presterebbe, come del resto anche la legge sulla difesa personale modello Far West, a notevoli dubbi, a errate interpretazioni, ad arbitri e addirittura a comportamenti contrastanti da parte del Corpo dei Magistrati giudicanti. Del resto, se chiunque, paraplegico o no, decide di farla finita, è sufficiente che smetta di alimentarsi... che rifiuti il cibo e l'acqua... che rifiuti le cure che lo tengono in vita. Nessuno può pretendere da uno Stato di diritto di porre fine alla sua vita facendosi ammazzare da un altra persona. Anche perchè bisogna tener presente che la persona che dovrebbe eseguire la sua volontà, a meno che non sia un boia o uno psicopatico che gode nel veder morire la gente, potrebbe non essere reperita suil “mercato” degli operatori sanitari. Cosa che è av venuta negli ospedali con i medici ginecologi obiettori di coscienza . Questa è un’ipotesi che può sembrare strampalata, ma che non va scartata, specie se si vogliono rispettare i principi generali del diritto. Tu stessa, Aurora, che credi, forse per un eccesso di empatia, di essere favorevole all'eutanasia, saresti disposta ad inoculate la puntura mortale ad un Tizio paraplegico di nome Mario con il suo consenso per fargli un favore? Riflettici sopra.

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    1. No, assolutamente! Non ho bisogno di rifletterci. Questo è stato sempre per me un punto fermo. Io non praticherei mai l’eutanasia a nessuno. Nel caso di Mario si parla comunque di suicidio assistito. Non so in che modo possa suicidarsi un tetraplegico. Lo capiremo quando questo fatto accadrà. Infatti, dal momento che il Tribunale di Ancona si è pronunciato in tal senso, prima o poi questa storia arriverà al suo epilogo, qualunque cosa noi ne possiamo pensare.
      Leggevo in proposito che Mario dovrebbe farlo usando il suo dito mignolo, unica parte del corpo che può muovere. Certamente un medico dovrà fornirgli comunque il farmaco da assumere. Quindi anche questa sarà una forma di eutanasia “camuffata”. Bisognerebbe pensare a una modalità che non coinvolga altri soggetti nell’esecuzione delle volontà del paziente. La sospensione dell’alimentazione non è prevista dall’attuale legge 219, tranne quella artificiale. Vedremo cosa deciderà il nostro Parlamento.

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