Verrà sulle nubi...

 


Marco 13,24-32

Disse Gesù ai suoi discepoli:
"In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua lucele stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, 
dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: 

quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, 

sapete che l'estate è vicina. 
Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, 
sappiate che egli è vicino, è alle porte. 
In verità io vi dico: 
non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa.
né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.


Un altro anno liturgico sta per finire. Siamo alla trentatreesima domenica del Tempo Ordinario e la prossima sarà la Solennità di Cristo Re, ultima domenica dell’anno liturgico.

Il vangelo ci parla degli ultimi tempi, dell’epilogo della storia, quando tutto sarà ricapitolato in Cristo, e tutti saremo in lui una cosa sola.

Il tema centrale è la seconda venuta di Cristo nella storia e la manifestazione della sua potenza e della sua gloria.


Nessuno sa quando avrà luogo questo evento. Solo il Padre ne conosce il giorno e l’ora. Ma forse, se viviamo in ascolto quotidiano della Parola, possiamo riuscire a cogliere e a interpretare i segni della sua venuta e capire quando "egli è vicino, alle porte” (v. 29).

Non so se viviamo davvero la nostra vita in questa dimensione, cioè "nell’attesa della sua venuta”, come prega la Chiesa ogni giorno nella liturgia eucaristica.

Generalmente associamo l’attesa al tempo dell’avvento. Il clima del Natale suscita in noi sentimenti di tenerezza e di poesia, legati alla nascita di un bambino che catalizzerà l’attenzione del mondo intero e al quale è affidata la missione della salvezza dell’umanità.

Ma poi questi sentimenti non sempre diventano adulti in noi, trasformandosi in condivisione della missione di questo bambino che diventa uomo. Difficilmente viviamo la nostra quotidianità nella ricerca dei segni della sua presenza nella storia.


I discepoli di Gesù avevano interpretato le sue parole come rivelazione di un suo imminente ritorno e l'attendevano con trepidazione ogni giorno, scrutando il cielo e l’orizzonte, fermandosi sulle rive del lago di Tiberiade dove tante volte lo avevano incontrato e ascoltato.

Ogni piccolo o grande segno era da loro interpretato spesso in questa chiave.

Oggi invece viviamo come se Gesù non abbia mai pronunciato queste parole, come se il suo ritorno sia una mera illusione, una speranza nel migliore dei casi. 

Oppure attendiamo con paura la realizzazione di questa profezia, come una catastrofica fine del mondo e un giudizio inappellabile che si riverserà sull’umanità per condannarla e punirla.


Dobbiamo rileggere e meditare molte volte queste parole del vangelo, parole vere ed eterne che non passeranno (v. 31), imparando la lungimiranza e il discernimento che ci suggeriscono di esercitare, per cogliervi i messaggi di speranza, di amore, di vita che essa contiene.

Allora impareremmo anche il significato e il valore dell’attesa, come dimensione essenziale di tutta la nostra esistenza. Perché quella di cui parla Gesù non è un’attesa ingenua, sterile, vuota, effimera, transitoria, ma è la sola prospettiva che può dare senso alla nostra vita, che ci indica cioè la meta verso cui si muovono i nostri passi, la destinazione verso cui andiamo, senza la quale la nostra esistenza sarebbe un vacuo e insensato errare da esuli o da smemorati.  


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