Se osserverete i miei comandamenti...

Giovanni 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, 
come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: 
che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio 
l'ho fatto conoscere a voi.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi 

e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; 

perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».



Il discorso di Gesù sulla vite e i tralci, che abbiamo ascoltato domenica scorsa, continua in questa quinta domenica di Pasqua. Qui Gesù spiega ai suoi discepoli come rimanere nel suo amore, e, come sempre, il suo insegnamento è semplice, molto chiaro ed esplicito: osservate i miei comandamenti (cf. v. 10)! Questa è la strada sicura per rimanere legati a lui.


Poi precisa meglio il significato di questo suo insegnamento: il mio comandamento è “che vi amiate gli uni gli altri” (v. 12); amare vuol dire dare la vita per i propri amici (cf. v. 13); seguire i miei comandamenti è la via che conduce alla pienezza della gioia (cf. v. 11). 


E, per semplificare la comprensione di questi insegnamenti, Gesù parla di se stesso, mostrando così ai suoi discepoli, che chiama “amici” (vv. 13-15), un modello concreto da imitare: “come io ho osservato i comandamenti del Padre mio” (v. 10); “come io rimango nel suo amore” (v. 10); “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (v. 13); “perché la mia gioia sia in voi” (v. 11).



Sembra tutto così semplice, bello, promettente pace, gioia, comunione, eternità: basta seguire i suoi comandamenti che, come dice San Giovanni nella sua Prima lettera, “non sono gravosi” (1 Gv 5,3). 


Eppure, guardandoci dentro e attorno, ci accorgiamo di quanto le sue parole siano continuamente inascoltate, tradite, dimenticate.


In realtà l’uomo non ha mai avuto un buon rapporto con i comandamenti, con le regole, con le leggi, con i divieti, con le segnaletiche da seguire. L’impulso istintivo, da sempre, è quello di aggirare gli ostacoli per poter fare di testa propria, persino quando i comandi vengono da Dio.


La prima immagine biblica che mi ritorna alla mente è quella dei primordi dell’umanità: Adamo ed Eva, di fronte al comando di Dio di non mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Piuttosto che fidarsi di Dio e ascoltarlo, rispettando l’unico limite che aveva fissato all’esercizio della loro libertà, essi pensano invece di fare proprio il contrario, per ritrovarsi poi sconfitti dalla loro stessa caparbietà.



Il decalogo consegnato da Dio a Mose’ non ha avuto una sorte migliore. Pur avendo ispirato e fissato le fondamenta delle carte costituzionali di molti paesi del mondo, viene sistematicamente violato dai singoli individui e dagli stessi Stati.


Penso che la motivazione principale di questo paradosso vada individuata in una errata interpretazione delle regole e della stessa libertà. Se la libertà fosse vissuta come la capacità di ogni individuo di scegliere liberamente il bene per sé e per gli altri, si comprenderebbe sicuramente il senso del limite da imporre ai propri comportamenti  e della necessità di una loro regolamentazione. 


In questo brano evangelico, poi, Gesù ci pone davanti a una assoluta novità, spazzando via ogni nostro ragionamento di comodo: uno solo è il comandamento da seguire, quello dell’amore, nel quale sono racchiusi tutti gli altri. 


“Ama e fai quello che vuoi” diceva Sant’Agostino in una sua omelia sulla Prima Lettera di San Giovanni. Come dire: non ti perdere nella preoccupazione dell’osservanza scrupolosa di mille regole, ma cresci e fortificati nell’amore! Se infatti imparerai ad amare, imitando Gesù il cui amore arriva fino al dono della vita, e se il tuo comportamento e le tue scelte saranno ispirati e motivati da questo amore, allora la tua vita sarà legata alla sua e il tuo agire sarà certamente un bene per te e per gli altri.


Un messaggio lineare, diretto, semplice da capire! Ma lontanissimo spesso dalle nostre categorie mentali, dai nostri egoismi e dai nostri istinti aggressivi.


Ma è la meta verso cui incamminarci ogni giorno se vogliamo gustare la gioia vera di cui ci parla il vangelo. Ogni altra gioia è effimera e ingannevole.

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