Ezio Bosso
Ho fatto appena in tempo a conoscerlo, solo qualche anno prima che morisse. La sua esibizione al Festival di Sanremo nel 2016, su invito di Carlo Conti, è stata una rivelazione!
Non è stato facile averlo su quel palco: lo considerava un luogo inappropriato alla sua musica. Ma dopo una lunga resistenza, per fortuna, ha ceduto.
Che idea lungimirante sfruttare questa occasione così popolare per consentire a un pubblico più ampio di incontrare e poter apprezzare questo grande talento, fino allora seguito perlopiù all’estero e dagli amanti della musica classica!
Presenta al pubblico di Sanremo il suo primo disco da solista, The 12th Room, e ne esegue un brano.
La sua testimonianza e la sua esibizione artistica incantano il pubblico e lo rendono indimenticabile.
L’attenzione di tutti viene catalizzata dalla sua vicenda umana, dalle sue fragilità, dalle sue emozioni, dal suo sorriso, dalla sua ironia, dalla sua umanità e sensibilità, dalla straordinaria bellezza del brano Following a Bird, da lui composto ed eseguito come rapito in una contemplazione estatica.
Sì, perché era proprio questo per lui la musica: entrare in una dimensione soprannaturale, viaggiare in un mondo oltre lo spazio e il tempo, sentire vibrare insieme agli strumenti ogni fibra del suo corpo. Ed era inevitabile trasmettere tutto questo anche a chi correva l’avventura di ascoltarlo.
Dopo un intervento al cervello per una neoplasia, era stato colpito, infatti, da una malattia autoimmune e neurodegenerativa. Aveva perso anche la capacità di parlare e di suonare, e grazie alla sua forza di volontà e alla sua tenacia impara tutto da capo. A causa della sua malattia, sarà costretto all’uso della sedia a rotelle e, negli ultimi mesi, a non poter più suonare, continuando però a dirigere l’orchestra.
Inizia quindi a studiare composizione e direzione d’orchestra all’Accademia di Vienna, grazie all’incontro con il maestro Ludwig Strecher di cui diventa allievo.
Dirige orchestre prestigiose, come la London Symphony Orchestra, l'Orchestra dell’Accademia della Scala, la London Strings, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, la Filarmonica ‘900 e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e, ultimamente, viene nominato Direttore Stabile Residente della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Conosceva a memoria la musica e non usava spartiti per suonarla. A chi si meravigliava, rispondeva così:
"Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene”.
Il suo pianoforte, un Gran coda Steinway & Sons, e il suo sgabello, appositamente preparati per le sue esigenze, lo accompagnavano ovunque lo invitassero.
Il suo stile era quello di chiacchierare col pubblico prima di suonare ogni suo pezzo, per spiegarne nel dettaglio il significato.
Nel presentare il suo disco d’esordio, The 12th Room, nel giugno del 2016 all’Auditorium Parco della Musica di Roma, spiega così il significato della dodicesima stanza:
«Questi brani, come sempre nelle mie scelte, rappresentano un piccolo percorso meta narrativo. C’è una teoria antica che dice che la vita sia composta da dodici stanze, nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E quindi si può tornare alla prima. E ricominciare».
"Ricominciare" è in sintesi il racconto della sua esistenza, interrotta prematuramente all'età di 48 anni, il 15 maggio 2020.
Nonostante la morte, egli continuerà a vivere nel tempo e oltre il tempo, grazie all'amore che ha disseminato attorno a sé e alla bellezza e all'eternità di quella musica in cui credeva e che lo ha appassionato fino all'ultimo respiro.
È stato un grande artista ,ma soprattutto una persona di grande umanità e smisurato coraggio.
RispondiEliminaRicordo la sua ultima esibizione in Rai pochi mesi prima di lasciarci, dove con semplicità ma estrema competenza aveva spiegato ad un pubblico di non specialisti la musica classica.Una trasmissione BELLISSIMA.
E anche un’intervista a Diego Bianchi su propaganda live ,rilasciata poche settimane prima della sua precoce morte,in cui esternava tutto il suo dolore per l’isolamento causato dal Covid Lui che aveva bisogno degli abbracci , del contatto con le persone, delle strette di mano.
È vero ci resta la sua musica, ma manca enormemente la sua bella persona. Per rendere omaggio a questo grande uomo ricordiamo l’insegnamento a non arrendersi che ci ha lasciato.